Cultura

Don Milani, pensiero in movimento

Eraldo Affinati con un libro appassionante affronta la figura del profeta di Barbiana. Facendo i conti con la sua inquietudine e con la sua capacità di rischiare. Da leggere

di Giuseppe Frangi

Non ne mancavano certo di libri su don Milani, ma un libro come questo (“L'uomo del futuro”, Mondadori) davvero mancava. Un libro vivo, un libro in cui don Milani non è una memoria ma una presenza, addirittura, come dice il titolo, un uomo del futuro. E un libro così non poteva che scriverlo uno che don Milani non lo ha semplicemente osservato, studiato e ammirato, ma lo ha a suo modo, vissuto. Eraldo Affinati risponde a questo identikit: scrittore, insegnante di italiano per stranieri in una scuola nomade come la Penny Wirton (il libro non a caso conclude proprio tra quelle aule). Per Affinati scrivere un libro su don Milani non ha significato togliersi un debito di riconoscenza, fare un omaggio alla persona che ha rotto gli indugi e innescato impreviste speranze («non volevo farne un trofeo», scrive ad un certo punto). Per Affinati è stata un’esperienza di conoscenza. Un desiderio di sciogliere i formalismi, anche buoni, e abbandonarsi finalmente ad una familiarità con lui.

Per questo il libro è un andar per luoghi. Quelli di don Milani, ma anche quelli, nel mondo, dove altri don Milani stanno facendo della scuola un’esperienza di giustizia e di cambiamento. Ma lo scopo del libro è quello di arrivare al cuore di don Milani, di decifrare il “software” del suo concepirsi educatore. Ecco alcuni passaggi del libro di Affinati significativi in questo senso.

Una spina nel fianco
Don Milani continua a essere inafferrabile: una domanda inevasa, la spina nel nostro fianco, un pensiero in movimento. Non ci lascia un'opera, una filosofia, un sistema, un progetto, ma energia allo stato puro. Una tensione che stenta a sciogliersi. L'inquietudine che c'è prima dell'azione. Come se non fosse possibile tenerlo fermo per esaminarlo, sfugge a qualsiasi definizione. Maestro, scrittore, politico, educatore. Innanzitutto era un prete. Credeva in Gesù Cristo. Pensava che un giorno, chissà quando, chissà come, tutti risorgeremo.

Non io ma noi.
La matrice epistolare da cui prese alimento don Lorenzo è un tema cruciale per stabilire condizioni di possibilità della sua etica. Se egli non avesse avuto un interlocutore cui rivolgersi, ogni pensiero sarebbe risultato sterile. D'altro canto, nessuna tesi poteva nascere in lui priva del riscontro dell'esperienza diretta. Non ci ha lasciato trattati teologici (gli bastavano i dieci comandamenti, insieme all'eucarestia e alla confessione) ma una sapienza del fare scuola, qui e ora, cogliendo nella passione pedagogica del maestro l'essenza più autentica del cristianesimo, inteso quale racconto di sguardi che, incrociandosi, si prendono cura l'uno dell'altro.

Non coprirsi le spalle.
In don Milani è caratteristico voler mandare a monte la partita. Lo scatto improvviso. L’alzata di spalle. L'insofferenza di chi questo partita. Lo scatto improvviso di chi non ha più tempo da perdere. Bisogna agire in fretta. Non lasciarsi irretire dall'indecisione, dal pensiero che frulla su se stesso. Non come farebbe l'uomo istintivo, privo di guida razionale, ma nella consapevolezza delle infinite elucubrazioni che ci hanno preceduto. Tentativi di coprirsi le spalle per evitare i rischi della caduta. Ricerca inesausta di assicurazioni, non tanto contro gli errori (che vanno evitati con la massima buona volontà), quanto rispetto all'idea di perfezione e autosufficienza (che, al contrario, ci inaridisce).

Dove don Milani continua
L’ultima insidia da evitare proprio questa: convincersi che don Milani non sia servito a niente. Che sia inutilizzabile. Al contrario, tu pensi che il quadro appena descritto rappresenti il semplice succedersi delle stagioni come direbbe il poeta, e il priore continui a esistere trasfigurato in altre esperienze. Sarebbe dunque vano chiederci cosa farebbe oggi don Lorenzo Milani e in quale modo potremmo noi spendere il dono prezioso che ci ha lasciato. Nel mondo c'è già chi, senza averlo mai conosciuto, né sapere niente di lui, segue il suo esempio.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.