Cultura

Don Mazzi: «Amo i ragazzi cattivi»

«Ecco perché amo i cattivi, perché mi hanno obbligato a rovesciare le mie teorie, le mie convinzioni e le mie manie di salvatore. Sono loro a trasformare le speranze in eredità. E fare cose cattive non significa essere cattivi. Io non sono un prete impiegato e nella mia vita ho sentito la provocazione dei poveri, le bestemmie dei disperati»

di Anna Spena

«La vita non è fatta di aggettivi – buono, cattivo, intelligente, negligente, ribelle – ma di verbi. Nascere, crescere, studiare, lavorare, ama­re, odiare, parlare, ascoltare. Se poi i verbi li co­niughi, allora ti accorgerai del capolavoro che hai davanti».

Don Mazzi fondatore e presidente di Fondazione Exodus, 90anni appena compiuti, non si è mai lasciato fermare dalle etichette dei perbenisti e dei benpensanti, non ha mai smesso di cercare le persone nascoste dietro gli errori, gli insuccessi, le colpe. Con Cairo ha appena pubblicato un libro “Amo i ragazzi Cattivi” (Cairo Editore ndr) con le storie dei ragazzi che ha incontrato e accolto per oltre cinquant’anni e le storie degli educatori che non si sono stancati di stargli accanto.

«Sono quasi cinquant’anni che vivo notte e giorno con i ragazzi che ho accolto. I “più problematici”. In questo volume ho raccolto storie (ogni storia sarebbe un romanzo molto più giallo dei gialli più letti in commercio), ne ho riportato le sintesi o alcune parti. Sono autentiche, molte scritte proprio da chi le ha vissute, altre sotto forma di “lettera” speditami nel corso degli anni», dice Don Mazzi. «Mi fermo solo a un verbo, perchè dice tutto quello che contiene questo libro: Sperare. La vita nessuno la impara a memoria. La spera».

Ma anche Antonio Mazzi è stato un ragazzo cattivo…
Più che cattivo direi balordo. Adesso parlando in punta di lingua si direbbe bordeline. Non ho mai amato la regola e devo dire che è stata troppa la santità di mia madre e precocissima assenza di mio padre che mi ha lasciato una nostalgia che comprendo solo adesso. Di mia madre non posso dire che non l’ho amata, ma era troppo santa e troppo vedova. Per lei il marito valeva ancora di più dei figli. Così a volte mi è mancata anche lei. Ma la mancanza del padre mi ha salvato. Non avrei mai pensato di fare il prete, io le grandi chiamate non le ho mai sentite e ho 90 anni. Ma ad un certo punto con l’alluvione del fiume Po mi sono trovato “avanti”. Io non sono un prete impiegato e nella mia vita ho sentito la provocazione dei poveri, le bestemmie dei disperati, ho cercato le prostitute in stazione centrale a Milano. Io in mezzo ai matti sto bene. Credetemi, il titolo del mio ultimo libro non è una provocazione: “Amo i ragazzi Cattivi”. Domandiamoci, fare degli atti cattivi è uguale ad essere cattivo? fare cose cattive non significa essere costitutivamente cattivi.

Mi torna in mente il caso di Erika, di cui oggi si è ricominciato a parlare perché la ragazza si è sposata. (L’adolescente che insieme al fidanzato ha ucciso la mamma e il fratellino ndr). Siccome ha ammazzato è da tenere sulle braci ardenti per tutta l’eternità? Ho capito quello che ha fatto? Dire che ho capito questa cosa è un atto di superbia. Già capire un adolescente normale fai fatica. Capire fatti come questi… io non li giustifico però ci sono i momenti della vita in cui noi facciamo delle cose e ce ne accorgiamo dopo di averle fatte. Anche se l’ha premeditato. Accadono nella vita dei fatti che non sono comprensibili o giustificabili e se ci metti dentro la testa non li supererai mai. Ma ci sono dei fatti che sono più grandi della nostra testa e anche della storia di chi li compie. Ti devi fermare non per perdonarli, ma per capire qualcosa. Puoi non perdonarla quella persona ma neanche condannare.

Che poi il perdono è una cosa grande ma non è un fatto religioso, il perdono è un atto laico, dal punto di vista culturale intelligente. Il perdono è difficile, esige una maturità. Ma dal punto di vista culturale e umano perdonare è meglio che odiare. Quando mi sono trovato davanti il padre di Erika sono rimasto sconvolto. “Perché sei venuto da me?”, gli ho chiesto. “Perché tu non sei un prete. Ho bisogno di qualcuno che va da mia figlia per cui la sua personalità è tale che mia figlia ci può credere, ce la fai a tirarla fuori”, mi disse. Lui è uno che sua figlia l'ha pedonata subito. L'ho visto mentre ridipingeva la sua casa…

Mettiamoci in testa che dove c’è l’amore c’è l’odio. Dio ha detto di guardare nella terra. E per tornare al discorso dei cattivi ho 90 anni e ancora non capisco perché amo, mi è più simpatico, Giuda di Pietro. Perché è una roba che in fondo fai fatica a dirla: Cristo gli ha dato la comunione prima che lui andasse ad ammazzarlo e noi stiamo ancora a discutere se dare la comunione ai non sposati? Mi è antipatica la dottrina, le leggi mi sono antipatiche. Io mentre divento vecchio ho sempre meno fede e più speranza. Io ho 90 anni perché sto in mezzo ai matti, non perché faccio la carità. Sennò non avrei mica 90 anni.

Dio sta nel mondo ed è ora che ci crediamo. Credo che il Vaticano sia ancora la pietra di ostacolo di una chiesa vera. Il problema vero dei nostri figli è che gli abbiamo ucciso le passioni, e noi anche non abbiamo le passioni. Sì, facciamo una vita regolare ma senza passioni. Essere troppo padre però significa dare troppe regole. Un ragazzo che avevo si è suicidato, mi voleva troppo padre. Ma io non posso essere padre di uno. Non posso dare me stesso solo ad uno. Io dico ancora che la libertà vale più della verità. Questa società sta ancora cercando la libertà, quando la troveremo tornerà la pace. Ma ricordiamoci che noi siamo relazione, viviamo tanto in quanto siamo in relazione. E Giuda spero di trovarlo a merenda in paradiso.

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