Welfare
Don Mazzi: «Altro che stanze del buco, lottiamo contro la droga-gioco»
Parigi, dopo altre città europee, apre la prima sala di consumo di eroina. "In Italia i problemi sono altri: la cocaina è vista come divertimento, l'azzardo sta rovinando le famiglie mentre lo Stato ci guadagna", denuncia il fondatore di Exodus
Da ieri Parigi ha la sua ‘stanza del buco’: una sala dove la droga viene consumata dalla persona tossicodipendente in modo controllato, ovvero sotto lo sguardo di medici e infermieri. Il governo di Francois Hollande non è affatto il primo in Europa ad aprire un luogo simile, perché già in Danimarca dallo scorso ottobre ce n’è una (con un tale successo che ne verranno aperte altre tre a breve) e Spagna, Svizzera e Norvegia, tra le altre, stanno seguendo la stessa strada. In Francia, il progetto delle shooting room è avallato dal ministero della Sanità.
E in Italia? “Pensavo che la discussione da noi fosse chiusa”, ribatte controcorrente don Antonio Mazzi, fondatore di Exodus, “le priorità sono altre, concentriamoci su quelle senza perdere tempo”. In realtà, non molto tempo fa alcune città italiane come Milano e Torino si era acceso il dibattito, rimasto poi tale. “Posso capire che ci siano ancora dei disperati che usano l’eroina, ma il vero problema di oggi è che la droga, cocaina in primis, è diventata un capriccio, un gioco, ed è talmente diffusa che le conseguenze sono incontrollabili”, allarga il suo ragionamento don Mazzi. “Affrontiamo quindi temi più attuali anziché parlare delle stanze del buco: c’è gente che spende ogni suo soldo per la coca, o per una nuova dipendenza che oggi sta spopolando, quella delle sale da gioco”.
Slot machine e videopoker che fanno peggio della cocaina? “Di sicuro stanno provocando disastri, e quel che è peggio è vedere lo stesso Stato italiano che vive sui guadagni del gioco d’azzardo”, sottolinea don Mazzi, “le sale da gioco sono vicine alle scuole, nei centri del paese: che esempio dà un’istituzione che permette questo e ne approfitta?”. Stanze del buco o meno, il problema secondo il fondatore di Exodus è a monte: “bisogna ripartire da una lettura generale del fenomeno: siamo di fronte a una crisi globale di valori umani, è tempo di trovare nuovi modelli”.
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