Cultura

Don Giovanni ci ha davvero lasciati?

Il direttore della Fondazione Zancan ricorda don Giovanni Nervo, fondatore e primo presidente di Caritas italiana, di cui oggi si celebrano i funerali

di Redazione

Don Giovanni ci ha lasciati? È questa la domanda che ci poniamo. Ma è proprio così? Mai come adesso ci arrivano sentimenti, emozioni, ricordi da tanti credenti e non credenti, tutti appassionati dall’idea che la sua vita è stata straordinaria, ha lasciato un segno nella vita di tutti. Forse non lo avevamo capito abbastanza o la sua modestia aveva fatto scorrere sotto traccia così tanta umanità, che sta emergendo all’improvviso, tutta insieme, come i fiumi carsici, prima di arrivare al mare.
È il senso di una vita che non finisce, che ricomincia adesso, con tutta la forza del chicco di grano, che muore ma per rinascere, risorgere, per dare più frutto. È la fortuna e la grazia di aver vissuto con lui tanti momenti, anche di silenzio, dove mancano le parole ma risuonano le idee, la vita, i valori praticati e non soltanto dichiarati.
Ma tutto questo non è stato facile. I profeti lo hanno sperimentato nella loro vita, piena di incomprensioni, se erano fortunati, o, peggio ancora, vivendo la sofferenza di sentirsi inascoltati, incompresi, derisi e perseguitati. È l’esperienza dell’Agnello pasquale vissuta anche da don Giovanni, senza lamentarsi. La «passione» non gli è mancata, lo ha accompagnato in tanti momenti. Ma non gli ha tolto serenità, bontà, pazienza, forza e speranza. Lo ha anzi rinforzato nel cercare la verità, costi quello che costi. Sapeva che prima o dopo «giustizia e pace si baceranno». Ha titolato così alcuni tra i suoi scritti migliori, proprio per dare speranza. Era il suo dono giornaliero alle persone che incontrava.
È difficile immaginare la quantità di dialogo che ha saputo sostenere con i «diversi da lui»: per idee religiose, politiche, culturali. Chi ha vissuto con lui questa esperienza ora la ricorda come una delle cose belle della propria vita. Potersi scontrare vivendo l’esperienza di fraternità, dove non ci si ferisce e senza che qualcuno debba vincere, sentendosi uniti e diversi, per meglio cercare insieme, per poi ripartire verso terre migliori. Lo definiva il metodo «Malosco», in montagna dove la fondazione Zancan (che ha fondato) da cinquant’anni organizza «seminari di ricerca». Don Giovanni chiedeva a tutti rispetto, ascolto e sincera volontà di cercare, per trovare soluzioni ai problemi delle persone, tutte le persone, in particolare quelle più deboli. È stato l’ambiente creativo in cui sono nate molte idee, «le gemme dell’innovazione sociale» per migliorare i servizi sociosanitari, per umanizzare le risposte di welfare, per guardare oltre la crisi, con soluzioni di welfare generativo, grazie al valore che ogni persona può mettere a disposizione.
È il suo messaggio più bello, ricorrente negli ultimi scritti: «partire dagli ultimi», «dall’assistenzialismo alla promozione umana», «per giustizia e carità». Un uomo buono e giusto ha raggiunto la casa del Padre. I figli ancora per poco si sentiranno orfani, visto che stanno scoprendo che don Giovanni non li ha lasciati soli, perché tanti cercheranno di coltivare quello che ha seminato.
 

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