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Don Giacomo, il cristianesimo è una vita semplice come un sorriso

Un volume curato da Massimo Borghesi raccoglie le omelie pronunciate nella Chiesa di San Lorenzo fuori le mura dal 2007 al 2012 da don Giacomo Tantardini un sacerdote che ha lasciato un segno profondo nella Chiesa romana. La prefazione è di papa Francesco che a quelle messe partecipava frequentemente quando, come cardinale era chiamato a Roma

di Alessandro Banfi

Per il primo parroco, che lo accoglie come braccio destro nel 1970, è un uragano. Scrive infatti, con un certo umorismo: “Abbiamo cercato la pioggia e il Signore ci ha mandato l’uragano”. Ma prima aveva scritto in una lettera ai suoi parrocchiani: “È arrivato don Giacomo. Parla subito di amicizia in Cristo. Le prime voci, informazioni, sono ottime. È molto intelligente: tra i primi della classe, licenziato in teologia. Giulio (così chiamano confidenzialmente il rettore di Saronno) mi scrive che sono un raccomandato di ferro; mi hanno mandato il migliore. Ride sem­pre, ha un bel carattere piacevole, profondo senso dell’umorismo e due occhioni da adolescente, incantatori. Prega come un angelo, molto adagio, e predica con trasporto che ha incontrato il Cristo e gli ha trasformato la vita. Questa carica di entusiasmo e di fede ci voleva proprio per la mia parrocchia”. Il prete così bene sbozzato in questo iniziale ritratto è don Giacomo Tantardini, classe 1946, da Barzio, provincia di Lecco, che oggi la Libreria Editrice Vaticana ha il merito di riportare alla memoria con un bel volume (titolo “È bello lasciarsi andare tra le braccia del figlio di DioOmelie a San Lorenzo fuori le mura 2007-2012”, pagine 526, prefazione di papa Francesco, a cura di Massimo Borghesi).

Per noi, che abbiamo avuto la fortuna di conoscere don Giacomo e volergli bene, quell’uragano non si è mai fermato. Ha attraversato stagioni anche molto diverse, sempre suscitando grandi reazioni, scuotendo coscienze e soprattutto suscitando l’interesse per Gesù Cristo e la sua Chiesa. In questo volume Massimo Borghesi raccoglie in una bella post-fazione una ricca nota biografica, in cui le molte testimonianze raccolte contribuiscono a renderci vivo e presente questo prete di origini lombarde diventato, a tutto tondo, un prete romano.

Le omelie raccolte sono state pronunciate nella chiesa di San Lorenzo fuori le mura negli anni dal 2007 al 2012, anno della sua prematura scomparsa. Come dice papa Francesco nella sua affettuosa prefazione, le prediche di don Giacomo “ci comunicano l’essenza originale della vita cristiana. C’è sempre bisogno nella Chiesa di recuperare l’essenziale”. L’allora cardinal Jorge Mario Bergoglio era un frequentatore di San Lorenzo (nella foto) in quegli anni e ricorda: “Nessuno si distraeva quando predicava: ogni parola restava nel cuore e illuminava la vita”.

Sono omelie bellissime, giustamente ordinate per anno liturgico, perché sempre don Giacomo fa riferimento alle Scritture. Le parole che tornano più spesso in queste preziose trascrizioni delle prediche sono due: Gesù, citato quasi mille volte, e la parola grazia (882 occorrenze). Impossibile fare una gerarchia fra di esse, ma certo alcune sono fulminanti.

Il giorno di Natale del 2010 don Giacomo, ad esempio, dice: “Oggi, nel Natale del Signore, questa pienezza di grazia è come se fosse bastevole; pensavo in questi giorni di dire solo che bastava, come Gesù dice: «Vi basta la mia grazia». Ma poi questa notte, soprattutto all’inizio del discorso, Papa Benedetto XVI ha detto quello che in questi giorni pensavo di aggiungere e, siccome l’ha aggiunto lui allora aggiungo anch’io che questa pienezza di dolcezza non impedisce lo sguardo sull’aguzzino che domina il mondo. Non impedisce lo sguardo di preghiera, dice il Papa, questa dolcezza non impedisce la preghiera, la preghiera che si manifesti anche in questo mondo il suo potere. A Lui il Padre ha dato «ogni potere, in cielo e in terra». In cielo, cioè nel cuore dei santi, come dice Tommaso d’Aquino. Il cielo è il cuore dei santi, il cielo è il cuore di Maria e di Giuseppe. Oh, questa pienezza, questa dolcezza in cielo, nel loro cuore è in sovrabbondanza. Ma così anche in terra, così anche nel mondo, così anche tra i suoi questa dolcezza si possa manifestare così che non sia intriso di sangue, il sangue di Caino, ma anche del sangue della sua croce che ha assunto su di sé i peccati di tutto il mondo”.

Don Luigi Giussani, che Giacomo ha seguito tutta la vita, è citato 217 volte. Sant’Agostino, che ha studiato a lungo e che ama citare in latino, 70 volte. Scrive ancora papa Francesco nella prefazione: “È un linguaggio semplice, quello di don Giacomo, ma si sente in queste pagine la densità delle sue letture, dal pensiero teologico del prediletto sant’Agostino alla prosa poetica di Charles Péguy, fino alla “piccola via” di santa Teresa del Bambino Gesù: «Quando sono caritatevole è solo Gesù che agisce in me» è la sua citazione preferita”.

Questo libro è un piccolo segno del grande dono che è stata la vita di don Giacomo Tantardini. Fino all’ultimo giorno don Giacomo ha vissuto con una specie di ingenuità fanciullesca, che non era solo del carattere ma che era esposizione a quella grazia, all’amore di Gesù, di cui parlava tanto, e in modo così affascinante. Non era certo senza difetti ma non ho mai conosciuto nessuno come lui che sapesse riconoscere le proprie colpe. I santi non sono uomini perfetti, ma uomini che indicano un Altro, nel caso di don Giacomo era chiarissimo. Se posso aggiungere un ricordo personale, ho in mente il nostro primo incontro 46 anni fa. Don Luigi Giussani mi mandò ad una vacanza a Pieve di Cadore, che lui conduceva come prete e mi ricordo che da quel primo colloquio con lui mi accorsi della parola grazia e della sua profondità. Io che, a 19 anni, pensavo già di saperne tante.


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