Famiglia

Don Fortunato Di Noto: perché ho preferito l’Onu

Il racconto del sacerdote di Telefono Arcobaleno sulla giornata che a Ginevra ha visto le Nazioni Unite impegnate contro l'abuso sui bambini

di Gabriella Meroni

«Sono in viaggio di ritorno da Ginevra. In aereo pensavo alla Giornata internazionale dei diritti dell?infanzia e dell?adolescenza. Ero stato invitato a partecipare, come membro istituzionale dell?Osservatorio nazionale dei diritti dell?infanzia e come presidente di Telefono Arcobaleno a diverse manifestazioni che si sono tenute in tutta Italia per la Giornata, celebrata il 20 novembre. Non sono presente in nessuna di esse. Non e? diserzione, ma e? stata una scelta. Un opizione preferenziale: ho preferito, il 19 novembre, prendere un aereo e insieme a una delegazione di Telefono Arcobaleno, manifestare alle Nazioni Unite. Ho voluto incontrare le tantissime mamme e i papa? che hanno avuto i loro bambini vittime del sopruso e dell?abuso degli adulti. Ho voluto incontrare il dolore. Un dolore che non e? festa, ne? cerimonia, ne? discorsi. E? stata la Giornata dei diritti ancora negati a tantissimi bambini. Centinaia, migliaia, milioni. Una manifestazione passata in silenzio. Centinaia silenziosamente a manifestare. Sono rimasto estremamente colpito dalla disperazione delle numerose mamme di bambini scomparsi che hanno partecipato alla manifestazione portando addosso le foto dei propri figli. L?illusione di portarli sempre in braccio, come senso protettivo, dimostrazione di un amore grande. Un amore grande. Ma e? solo una fotografia. La dignita? del dolore. Il grido silenzioso di quelle mamme e papa? e? struggente, indefinibile. Penetra dentro le ossa e le coscienze di tutti. Se c?era del gelo, quelle foto ostentate gridavano cosi? forte che chiunque passava, dalla gente comune ai burocrati del palazzo del mondo, percepivano un vento caldo, la carezza di un amore immenso verso quei bambini scomparsi, rapiti, dimenticati. Ho celebrato anch?io, con loro, i ricordi dei giochi dei loro bambini. Ho accarezzato i peluche e ho giocato con la macchinina. Ho abbracciato le mamme piene di lacrime che mi dicevano di sostenerle ed aiutarle. Abbandonati. Dai meccanismi burocratici a volte disumanizzanti che non ti permettono di sperare. Ma un dolore non attenua la speranza, anzi la amplifica. Vogliono riabbracciare i loro bambini. Desiderano sapere dove sono e con chi sono. Ho ricevuto da queste mamme l?incarico gravissimo di ricercare in rete quei bambini. Cercare i volti. Per farli ritornare nelle loro case, e in un pensiero lontano, ricordarli ancora vivi, sapendo che sono morti. Da quell?assemblea silenziosa, davanti ai potenti del mondo, si e? levata la voce tenue: ci sono i diritti degli uomini, e quelle dei bambini? C?e ancora tantissimo da fare. L?elenco e? lungo. Nessuno puo? sedersi in una sedia senza una gamba. E? il monumento davanti alle Nazione Unite. I bambini ci guardano e attendono da noi concrete risposte, decisioni forti, coerenze tra le idee e la vita. Ho preferito il dolore. La? ci vedevano piangere, tra i salici e l?indifferenza del mondo e la speranza dei peluche e le macchinine di centinaia, migliaia di nomi di bambini». Don Fortunato Di Noto


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