Giovanni Bosco aveva 17 anni quando fondò la Società dell’Allegria. Era il 1832 e il santo – canonizzato nel 1934, e di cui il 31 gennaio ricorre l’anniversario della morte – amava giocare. Intratteneva i compagni con giochi di prestigio e acrobazie, per attrarli alla preghiera e alla riflessione.
Il Lemoyne, nella sua Vita di San Giovanni Bosco, ricorda che «era gioviale con tutti, con tutti servizievole e sempre desideroso di dire una buona parola». Non solo, negli anni, ai suoi ragazzi, don Bosco non si stancò di ripetere: «io sono contento che vi divertiate, che giochiate, che siate allegri; è questo un metodo per farvi santi».
Un santo amico del gioco? Certamente. Ma un santo scaltro. E di «santa furbizia» non ha parlato, recentemente, anche Papa Francesco?
Vediamo un episodio di questa santa furbizia, allora. Stavolta lo prendiamo dalle pagine della Vita Popolare del Beato Don Giovanni Bosco (S.E.I., 1930) di Giovanni Battista Francesia.Ecco l’episodio:
un sacerdote si recò da don Bosco. Era indeciso se accettare o meno una parrocchia e aveva bisogno di conforto e consiglio. Don Bosco allora gli rispose: “Caro mio, bisogna che mettiate tre numeri al lotto”. Il sacerdote lo guardò con stupore e meraviglia e gli disse: “State scherzando o siete serio?” “Serissimo”, gli replicò don Bosco. “Tre sono i numeri da giocare: il primo è la fede, il secondo è la speranza, il terzo è la carità”.
Una lezione di geniale, giocosa semplicità.
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