Cultura
Don Antonio Mazzi, un’autobiografia che sorprende
"Amori e tradimenti di un prete di strada", questo il titolo dell'ultimo libro del fondatore di Exodus (edizioni San Paolo) che a 87 anni si racconta a modo suo. Un testo ricco in cui resta sotteso il dialogo continuo con Dio, in cui mette a nudo la sua anima, i suoi pensieri e le sue riflessioni, preghiere e ricordi. Un aiuto a scoprire dove nascono le sue "carovane" e il suo linguaggio diretto e originale
Un’autobiografia fuori dal comune. Non è il classico racconto della vita di qualcuno che in prima persona presenta in successione i fatti e gli avvenimenti che hanno l’hanno fatta diventare quello che è. E – si può dire – non poteva essere diversamente dal momento che il soggetto di questa autobiografia è don Antonio Mazzi. Con “Amori e tradimenti di un prete di strada” (edizioni San Paolo 2017, pp170, 16 euro) il fondatore di Exodus si racconta e allo steso tempo si mostra condividendo pensieri, riflessioni, letture, citazioni, preghiere e poesie. È uno scavare in una vita lunga più di ottant’anni. Ma chi affronta queste pagine si può scordare un percorso lineare cadenzato dagli anni e dai progetti.
La scrittura rende plasticamente quanto lo stesso don Antonio scrive nella quarta di copertina «In questo libro non esiste la logica e, tanto meno, la continuità. Esiste la mia anima, perforata dalle vicende che la vita e il Padreterno mi hanno elargito con generosità. Un’anima che va avanti e indietro tra episodi, preghiere, riflessioni, dubbi, domande, gioie, tragedie».
Un libro denso e non facile perché non è semplice seguire gli alti e bassi, i momenti poetici e le citazioni, i ricordi. Una scrittura che è proprio come don Mazzi: irruenta e diretta, appassionata e fuori dai canoni. I ricordi dell’infanzia, il suo essere orfano di padre, la campagna, gli studi, la musica, il diventare prete e la nascita di Exodus e il Parco Lambro, la Stazione Centrale di Milano, tutto si tiene in questo libro autobiografico che è soprattutto un grande scavo nel cuore di don Antonio anche se lui stesso nella prefazione avverte «Ogni parola che scrivo ha due significati: quello della parola e quello del perché ho scritto quella parola… Scrivo volando». E chiude annunciando che quello che si ha tra le mani è «un libro liberatorio, scritto in stile artigianale, che alla fine però scopre la bellezza di avventure, di una fede ripulita dai rumori della gerarchia, di una gioia innocente e quasi infantile dell’essere qui, ora, nonostante tutto, tra buche di autostrade asfaltate e viottoli di colline dimenticate dai cittadini, ma scoperti da chi sa aspirar gli odori del creato vero e fiutare le erbe aromatiche del Paradiso».
Classe 1929, sacerdote dal 1956, fondatore di Exodus nel 1984 don Antonio Mazzi è una figura complessa e con questa sua autobiografia ci aiuta a scoprire il suo cuore che nella presentazione viene definito “così grande da riempirsi di tutte le debolezze, le fragilità e le schifezze che gli altri schivano o fanno finta di non vedere”, ci mostra il suo percorso, la sua anima tormentata e pacificata allo stesso tempo. Anche attraverso le parole scritte tutte in maiuscolo, con le citazioni di don Mazzolari e del cardinal Martini, di Desmond Tutu e di Fausto Manara si hanno come delle briciole di pane da seguire per comprendere. Ci sono i giovani, quelli degli anni Ottanta e quelli di oggi, c’è la riflessione sulla propria vocazione e lo scrivere «essere prete è una cosa molto più impegnativa che fare il prete».
E c’è soprattutto il dialogo continuo con Dio. Un dialogo fitto, mai scontato e pieno di interrogativi, di affidamento e di scoperta perché in fondo questa autobiografia sembra quasi una rilettura di 87 anni di vita alla luce di un rapporto fitto e inteso con Lui. «Signore, ciao! Ho finito. E non ti offendere, perché ho ragione! Mi basti Tu! Al resto non voglio pensare».
A chi lo legge, invece, il libro dona tanti spunti sui quali pensare e riflettere e soprattutto sembra donare una boccata d'aria fresca, come un soffio di vento.
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