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Dodomu, un corto racconta la resilienza delle donne ucraine
Le donne ucraine ospitate nella Comunità Don Orione sono le protagoniste del cortometraggio “Dodomu, una Casa Lontana da Casa”. «Volevo che le loro storie venissero raccontate, che la loro forza venisse celebrata», sottolinea l’attrice Carolina de’ Castiglioni. «Ciò che più colpisce è la capacità che hanno di agire, di andare avanti, di crearsi una in un altro Paese, pur non perdendo la speranza di tornare a casa»
Ridare voce alle donne ucraine e raccontare la loro forza, la loro resilienza. E’ questo l’obiettivo del cortometraggio della sceneggiatrice e attrice Carolina de’ Castiglioni dal titolo “Dodomu, una Casa Lontana da Casa”, diretto da Amaranta Medri con la fotografia di Michele Garofoli. (Qui il link per guardarlo)
Il mio desiderio è quello di dare voce alle profughe ucraine e ad una dissidente russa», racconta de’ Castiglioni. «Dallo scoppio della guerra in Ucraina si parla di bombardamenti, distruzione, rifugiati. Manca però il racconto di chi fugge, è costretto ad abbandonare la propria vita e a crearsi una casa lontano da casa».
Le protagoniste sono cinque donne ucraine e una dissidente russa: Ella Glavitskiy, Katerina Glavitskaya, Ivan Glavitskiy, Oksana Havrylivska, Margo Havrylovska, Anna Budakyan, Svitlana Tkachuk, Liuba Lysenko, Yeva Tkachuk, Dmytro Tkachuk. Sono donne che sono state accolte nella Comunità Don Orione e con cui de’Castiglioni ha trascorso alcune settimane, dal marzo al luglio 2022.
«Dopo vari incontri e chiacchierate lunghe ore, ho cercato di condensare la loro tristezza e amarezza per questa guerra, la gratitudine provata nei confronti dell'Italia e degli italiani, e la loro voglia di tornare a casa (Dodomu significa letteralmente questo). Era fondamentale, per me, che le protagoniste fossero le stesse donne che avevo intervistato, in modo tale che, guardandole, ci si rendesse conto che non sono solo vittime, ma persone».
Era fondamentale, per me, che le protagoniste fossero le stesse donne che avevo intervistato, in modo tale che, guardandole, ci si rendesse conto che non sono solo vittime, ma persone
«Le donne ucraine che ho conosciuto vengono da città diverse, hanno età diverse, lavori, ambizioni e affetti diversi. Alcune sono arrivate in macchina, altre hanno preso il treno, alcune hanno persino camminato per molti chilometri prima di raggiungere un luogo sicuro. Alcune sono scappate da sole, altre (le più fortunate) con il marito ed i figli, la maggior parte con uno o più figli. Mentre raccontavano della loro fuga però, oltre alla tristezza e al rancore, si percepisce un forte sentimento di resilienza», racconta l’attrice. «Ciò che più colpisce di queste donne è la capacità che hanno, tuttora, di agire, di andare avanti, di crearsi una vita (seppur temporanea) in un altro Paese, pur non perdendo la speranza di tornare a casa. È questo che mi ha spinto a realizzare il cortometraggio “Dodomu, una casa lontano da casa”. Volevo che le loro storie venissero raccontate, che la loro forza venisse celebrata».
«Non tutti si rendono conto di quanto sia difficile, nel concreto, ricominciare da capo», aggiunge ancora la sceneggiatrice. «Penso spesso a persone come Liuba, che in Ucraina era la Direttrice di una società di servizi pubblici e che adesso lavora in una lavanderia a secco. O a Ella: quando l’ho intervistata mi ha raccontato di essere un’istruttrice di nuoto. Adesso però lavora in una pasticceria e stira le tovaglie. Nè Liuba nè Ella però mi hanno parlato di questi nuovi lavori con rabbia, ma con gratitudine. “Non mi aspettavo un’accoglienza così. Gli Italiani con noi sono stati davvero generosi” dice la sorella di Liuba, Svitlana, riferendosi alla famiglia che li ha ospitati dall’inizio della guerra».
Alla realizzazione del cortometraggio ha contribuito la Comunità di Don Orione, che ha dato il via a corsi di italiano, eventi, mercatini per la raccolta fondi con cui acquistare ciò che era necessario per queste donne. «È grazie a loro, e ad Anna Budakyan, la dissidente russa che mi ha fatto da traduttrice, che ho potuto raccogliere le storie di queste persone».
Per la maggior parte di loro, che hanno quasi tutte il marito al fronte, l’Italia è vissuta come un pit-stop. «L’unica cosa che vogliono, ardentemente, è la fine della guerra e il ritorno in patria. Nonostante ciò, c’è chi vede il tempo qui come un’opportunità nella tragedia. Oksana racconta ad esempio che sua figlia, Margo, che è un’artista, a Milano ha avuto l’occasione di esporre alcune sue creazioni».
L'obiettivo del cortometraggio è anche quello di stimolare il pubblico a riflettere in modo critico. «Dallo scoppio della guerra in Ucraina c'è stata una mobilitazione mai vista prima per aiutare i rifugiati. L'Italia è stata in grado di accogliere, aiutare, integrare», conclude Carolina de’ Castiglioni. «Perché non dedichiamo lo stesso tempo, risorse e, soprattutto, affetto anche a rifugiati provenienti dal Pakistan, dal Bangladesh, dalla Tunisia, dalla Nigeria, etc?».
L'immagine in apertura è tratta da Dodomu, una Casa Lontana da Casa
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