Famiglia
Dodici interviste, per proiettarci nell’anno nuovo
Ripercorrere il 2021 attraverso le voci di chi ci ha aiutato a comprendere ed approfondire i fatti di cronaca. Per provare a capire, andando sotto la superficie. Per contrastare la tentazione di consumare tutto nel presente. Parole che restano, da rileggere non per guardare indietro ma per andare avanti
di Redazione
Gennaio
Paolo Benanti – Gli algoritmi al potere
Tecnica o politica? In questo anno è diventato evidente a tutti come dati e algoritmi abbiano un posto sempre più centrale nelle nostre vite: orientano le nostre scelte e determinano le politiche pubbliche. Viviamo in un’epoca di algocrazia, ossia un sistema di governance e di governo basato su algoritmi. «Questi algoritmi sono disposizioni di potere che decidono chi ha accesso e chi no. Non sono semplicemente delle cose, sono modalità per organizzare la società e il potere, i diritti e i privilegi», dice Paolo Benanti, Francescano del Terzo Ordine Regolare (TOR), tra i maggiori esperti di etica delle tecnologie. «Una maggior consapevolezza e una maggior comprensione del problema porta le coscienze a diventare più critiche e a risvegliarsi. L'associazionismo, il Terzo settore, la società civile organizzata si stanno accorgendo che la tecnologia può diventare un moltiplicatore di disuguaglianze». Per leggere, clicca qui
Febbraio
Ivo Lizzola – Attenti alla catastrofe educativa
«Assistiamo a una sorta di “catastrofe educativa”, davanti alla quale non si può rimanere inerti, per il bene delle future generazioni e dell’intera società»: è il messaggio che Papa Francesco consegna agli ambasciatori di tutto il mondo. «Correlare politica e educazione significa porre al centro la questione generazionale, di responsabilità verso il futuro. Aver parlato di “amicizia sociale” ha creato una discontinuità fortissima: la convivenza non è questione di soci che condividono interessi, chiede qualcosa di più, chiede un legame fraterno», commenta Ivo Lizzola, professore Pedagogia sociale e di Pedagogia della marginalità e della devianza all'Università degli Studi di Bergamo. «Educare è sempre accompagnare ad aprire un futuro possibile, nel quale saper scegliere tra possibile e possibile… Bisogna riprendere la capacità generativa, di andare oltre. Di traboccare. In una scuola c’è sempre un traboccamento verso il futuro, si reimmaginano sempre cose nuove. Se non ci sono luoghi in cui si fa pratica dell’immaginazione di futuri, davvero è catastrofe educativa». Per leggere, clicca qui.
Marzo
Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi – Viaggio a Maljevac, confine di disumanità
A Trieste, meta della Rotta Balcanica, dal 2015 Lorena Fornasir, psicoterapeuta di 67 anni e suo marito Gian Andrea Franchi, 84 anni, professore di filosofia in pensione, hanno messo in piedi un piccolo presidio medico fuori dalla Stazione di Trieste per dare una prima assistenza ai ragazzi che riescono a fare il game e a passare il confine. Quando possono Lorena e Gian Andrea caricano la macchina di medicine, sacchi a pelo, scarpe e raggiungono la Bosnia, Cantone di Una Sana, dove la polizia mortifica i corpi, non li lascia attraversare, li cattura per rispedirli indietro. A febbraio 2021 sono accusati di favoreggiamento del soggiorno di migranti clandestini, accuse poi archiviate a luglio. «Curare i piedi è un gesto di grande intimità. Sono grata ai ragazzi che mi permettono di accostarmi ai loro corpi. Mi chiedono il telefono, vogliono chiamare le loro madri “sono vivo, sono ancora vivo mamma”. Poi mi chiedono di salutarle», racconta Lorena. «Le madri che vedono partire questi figli sperano che ci sia qualcuno dall’altra parte ad occuparsi di loro, ad occuparsi di questo figlio mandato in salvezza. Invece quello che succede ai confini di terra, così come di mare, è terribile. Il confine per i migranti è un luogo di morte. Perciò con i corpi, i nostri corpi, dobbiamo essere sul confine di Maljevac, su tutti i confini». Per leggere, clicca qui.
Aprile
Nicolas Schmit – L’economia? Se non sarà sociale servirà a ben poco
All’indomani della presentazione del Piano d’azione sul Pilastro Sociale (4 marzo), Luca Jahier, ex Presidente del Comitato Economico e Sociale Europeo (Cese), intervista Nicolas Schmit, Commissario per l'occupazione e i diritti sociali. «Stiamo davvero mettendo l'idea di un'economia sociale di mercato al centro dello sviluppo, e che non c'è opposizione tra il sociale e l'economico; dobbiamo integrare il sociale nelle nostre politiche economiche e di sviluppo. È estremamente importante far passare questo messaggio. L'economia sociale in Europa non è un settore marginale, bello, ma in fondo poco rilevante. Abbiamo bisogno di infrastrutture sociali, più che mai. Abbiamo bisogno di un buon sistema sanitario, abbiamo bisogno di politiche per l’infanzia, per l'istruzione. Quindi, dobbiamo investire in questi campi per rendere la nostra economia, ma anche la nostra società, più resiliente, più forte», dice. Per leggere, clicca qui.
Maggio
Alessio Musio – Maternità surrogata: cose o persone?
I neonati abbandonati nelle nursery di Kiev, causa pandemia, spoglia il dibattito sulla maternità surrogata della retorica sull’altruismo e sul dono. «La tecnologia agisce sulla maternità surrogata scomponendo e rarefacendo sempre più ciò che nell’esperienza carnale è, invece, presente e unito. La conseguenza di questa scissione è che, di fatto, abbiamo tre donne diverse (la terza, quella sociale, può anche essere riconosciuta in termini giuridici a un uomo). Una scissione che rende impossibile, di fatto, rispondere alla domanda “chi è mia madre?”, perché lo sono tutte e tre», dice Alessio Musio, ordinario di filosofia morale all’Università Cattolica. Il significato filosofico di ciò «è il venir meno dell’unicità, cioè il venir meno della distinzione tra le persone e le cose. Ci hanno insegnato che le persone sono insostituibili, ma poi facciamo esattamente il contrario». Per leggere, clicca qui.
Giugno
Agostino Riitano – L’isola che non isola: ecco Procida capitale della cultura
Procida sarà la capitale italiana della cultura 2022: 44 progetti, 330 giorni di programmazione, 240 artisti, 40 opere originali e 8 spazi culturali rigenerati. «Procida è», dice Riitano, «l’isola che non isola, un laboratorio culturale di felicità sociale». La vittoria di Procida come capitale della cultura «è storica perché pone al centro non più i grandi attrattori, ma ribalta il concetto di centralità partendo da ciò che è sempre stato considerato piccolo, minore. E questo ci impone di ripensare una politica pubblica di sviluppo culturale per uno spazio dalle dimensioni ristrette, come può essere l’isola». Per leggere, clicca qui.
Luglio
Livia Turco – Il volontariato è la chiave per un nuovo umanesimo
Nell’agosto 1991 veniva approvata la legge quadro sul volontariato: fu un momento di svolta per il nostro Paese che, oggi, per ripartire ha bisogno di sostenere e favorire quelle reti di solidarietà. Trent’anni dopo la 266, Vita insieme a Padova Capitale Europea del Volontariato lancia una campagna transnazionale per proporre all’Unesco di riconoscere il Volontariato come patrimonio immateriale dell’Umanità. «Il volontariato è stato generatore, moltiplicatore, oltre che disseminatore di azioni di solidarietà efficace. Ha arricchito il Paese, ma ha arricchito anche le istituzioni. Da un lato, le istituzioni si sono avvalse di una competenza e di un sapere di cui il volontariato era portatore. Dall'altro, la 266 ha arricchito il volontariato consentendogli di sviluppare la sua azione, avendo autorevolezza e visibilità nella società», dice Livia Turco. Oggi, nell’esperienza della pandemia, «dobbiamo ripartire dalle radici e dalle fondamenta, tornare all'umano. Il volontariato deve dare il suo contributo, perché è una voce fortissima nella costruzione di una nuova dimensione umana. Per questo il volontariato va sostenuto, ascoltato, agevolato. Credo poi che il prendersi cura dell'altro sia una dimensione ineludibile della nuova cittadinanza: le nostre società stanno cambiando, il lavoro sta cambiando, la dignità è sotto scacco. Serve una nuova cittadinanza basata sul volontariato». Per leggere, clicca qui.
Agosto
Didier Fassin – Quale vita difendiamo quando difendiamo la vita?
L'epidemia di Covid rappresenta un punto di svolta nel rapporto con la vita nelle società contemporanee, in particolare nel nostro mondo occidentale. Per la prima volta, la vita è diventata il bene supremo da difendere. Per proteggerla, non abbiamo esitato a sacrificare sia i valori più fondamentali del pensiero liberale, come la libertà di muoversi, di lavorare, di manifestare. Quanto vale allora per noi, una vita? Se lo chiede Didier Fassin, professore di Scienze sociali presso l'Institute for Advanced Study di Princeton. Non la vita in astratto, ma quella vita, concreta e precisa. Perché la pandemia ha anche mostrato al di là di ogni possibile finzione che non tutte le vite sono uguali… Per leggere, clicca qui.
Settembre
Luca Pancalli – Le Paralimpiadi, oltre le medaglie
Le Paralimpiadi di Tokyo si chiudono per il team italiano con il bottino più ricco della storia, 69 medaglie. «L’attenzione calerà, è fisiologico. A quel punto starà a noi, attraverso i nostri straordinari atleti e attraverso le nostre organizzazioni “costringere” la politica a tenere alto l’interesse verso il sacrosanto diritto dei disabili di praticare sport e ancora di più verso il diritto delle persone con disabilità a godere appieno dei diritti di cittadinanza come qualsiasi altra persona. Serve una silenziosa rivoluzione culturale che possa contribuire a costruire attraverso lo sport un Paese più equo, più democratico, più giusto», dice Luca Pancalli, presidente del Cip. Per leggere, clicca qui.
Ottobre
Rony Brauman – Insostituibili e impotenti, il paradosso delle Ong
Nel 1971, a Parigi, da un gruppo di medici e giornalisti nasceva Medici Senza Frontiere. Cinquant’anni dopo e all’indomani della disastrosa ritirata degli americani dall’Afghanistan, Rony Brauman, uno dei fondatori, ragiona sul paradosso delle ong, insostituibili e contemporaneamente impotenti. «Le istituzioni umanitarie hanno un ruolo insostituibile in certi luoghi e in certe situazioni, come le guerre, le catastrofi, le grandi pandemie, ma dal punto di vista politico il loro ruolo rimane marginale se non per il fatto che rendono la vita più umana a moltissime popolazioni in difficoltà. Sono i governi e i processi sociali che possono cambiare le cose», dice. E insieme «le ong si sono viste riconoscere un ruolo importante nella società, forse addirittura troppo importante rispetto alle loro possibilità. Penso che quello che conti per l’umanitario è riuscire a rimanere reattivi e attenti». Un dibattito da proseguire. Per leggere, clicca qui.
Novembre
Adrien Candiard – La speranza non chiede ottimismo, ma coraggio
Domenicano, Adrien Candiard vive in Egitto dal 2012. È tra i più raffinati conoscitori del mondo arabo-islamico e ha pubblicato da poco un libro dedicato alla speranza, spiazzante e controcorrente. «La speranza non è ottimismo», dice. «L’ottimismo è un velo sulla realtà. Al contrario, la speranza è l’amore della realtà, è l’amore di ciò che è. Davanti alla complessità del mondo, la formula della speranza è molto semplice: dobbiamo amare la realtà. Operando in essa. Proprio per questa ragione la speranza cristiana non richiede ottimismo, ma coraggio», spiega. Ecco come dal coraggio della speranza si genera il cambiamento. Per leggere, clicca qui.
Dicembre
Giuseppe Guzzetti – La mia vita da militante dei corpi sociali
«I sovranisti e i populisti non amano il volontariato e il Terzo settore. Non amano la libertà dei corpi sociali intermedi e tentano di mettergli “le mani addosso”. E questo, in forma e misura diversa, avviene anche in Italia quando per esempio con Mafia Capitale si attacca tutta la cooperazione sociale invece di guardare a chi ha commesso il reato»: è uno dei passaggi con cui l’avvocato Giuseppe Guzzetti, in occasione dei 30 anni dalla nascita delle fondazioni di origine bancaria, intervistato da Stefano Arduini rilegge i passaggi del suo impegno da “militante dei corpi sociali”. Per leggere, clicca qui.
Foto di copertina by Artturi Jalli on Unsplash
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