Sostenibilità

Diverso è bello anche per la scienza

Cos’è e come funziona la Biologia della Conservazione, la disciplina che protegge gli animali. E aiuta l’uomo

di Redazione

Il realismo ci impone di fare una premessa. Indicare in poche righe quali soluzioni adottare per tutelare in modo efficace la biodiversità del nostro Pianeta, è un po? come dichiarare di essere in possesso di una formula magica dell?alchimia.
Se, comunque, anche fossimo in possesso di tutte le indicazioni per poter attuare una strategia di conservazione a lungo termine, bisognerebbe applicarle realmente e con coerenza. Anche a scala minore, questo aspetto si rivela, spesso, il vero punto debole del nostro agire. Infatti, anche quando si individuano problemi, cause e interventi di tutela, viene a mancare la volontà di mettere in atto le azioni programmate, soprattutto perché entrano in gioco interessi diversi, contrastanti con gli obiettivi di conservazione e che sono finalizzati a dare solo benefici immediati.
Negli ultimi anni, per fortuna, abbiamo assistito alla nascita e all?affermarsi di una nuova disciplina scientifica, nata proprio in risposta alla crisi ambientale degli ultimi decenni: la biologia della conservazione. Questa scienza può fornire gli strumenti per affrontare problemi come l?erosione della biodiversità, l?aumento del tasso di estinzione delle specie animali e vegetali, il depauperamento delle risorse naturali e la distruzione degli habitat naturali.
Se un approccio pionieristico e fortemente emotivo è servito, a partire dalla seconda metà del secolo scorso, per avviare il motore della conservazione della natura, oggi abbiamo bisogno di un approccio scientifico serio, che possa verificare costantemente la sua efficacia, basando le scelte proposte su principi solidi e ben difendibili. Questo non certo a discapito dell?approccio ?classico?, che risulta essere comunque tutt?oggi efficace per coinvolgere l?opinione pubblica e i mass media su questi temi ma che, al contempo, può anche essere più facilmente avversato con pretestuose campagne di comunicazione e disinformazione.
Uno degli obiettivi culturali e sociali fondamentali è quello, oggi, di far comprendere che la biodiversità non ha solo un immenso valore intrinseco che deve essere tutelato, ma che la sua tutela è, soprattutto, anche la sfida da vincere per lo stesso futuro dell?uomo. Tutelare la biodiversità non significa, quindi, salvare il panda o la tigre, ma garantire soprattutto le delicate dinamiche dei processi ecologici che sostengono la vita, la ricchezza di specie e la loro complessità, grazie alle quali è possibile il perpetuarsi della vita sul nostro Pianeta. L?impatto dell?uomo sulla Terra, con l?aumentare del numero degli abitanti e del livello di consumo, si è fatto via via più pesante. Stiamo, ormai, esaurendo o compromettendo tutte le risorse naturali a causa del nostro modello irresponsabile di sfruttamento. In questo modo le sottraiamo alle altre specie viventi, anche ai nostri simili che vivono in altre parti del Pianeta.
Cosa fare, allora, per impegnarci oggi seriamente in favore dalla vita sul nostro Pianeta? Sono in verità molti gli interventi che possono essere messi in campo per rallentare il processo di erosione della biodiversità.
Intanto è necessario frenare quei fattori che, direttamente, sono la causa dell?estinzione delle specie: in primo luogo la distruzione degli habitat (che resta comunque la prima causa di scomparsa delle specie animali e vegetali), poi il prelievo di specie in natura (in particolare quello illegale), infine l?introduzione di specie alloctone (non originare di un dato luogo) che causano fortissimi squilibri naturali. Per far questo servono norme più severe, norme internazionali, e serve, soprattutto, garantire il loro rispetto, sempre e comunque.
Possono poi essere messe in atto altre misure di salvaguardia al fine di arginare quei fattori, indiretti, che determinano la perdita di biodiversità, come, ad esempio, l?inquinamento dell?aria, dell?acqua e del suolo, i cambiamenti climatici, le attività umane non compatibili che spesso causano problemi di grande entità.
L?insieme di queste azioni deve essere inquadrato in una strategia di ampio respiro, condivisa e su vasta scala. Negli ultimi anni, in cui si è assistito in alcuni Paesi alla crescita di un certo interesse e sensibilità ambientale, si è però spesso agito in modo troppo locale, senza aver fissato degli obiettivi strategici di efficace tutela dei processi biologici. Ci si è concentrati su aree ristrette o singole specie, vincendo magari alcune battaglie, senza rendersi conto che la guerra si stava perdendo e i reali processi che minacciano la biodiversità non venivamo quasi mai toccati.
Occorre, oggi, favorire e promuovere una sostanziale collaborazione internazionale, fissando obiettivi comuni, perché comuni sono gli interessi di conservazione. Occorre agire per il raggiungimento di obiettivi a lungo termine, avviando processi di monitoraggio per verificare gli obiettivi prefissati. Occorre, inoltre concentrare gli sforzi e le risorse in quelle aree del Pianeta dove è più urgente agire e dove è presente la massima biodiversità. Per fare ciò serve uno spirito di collaborazione e una volontà di agire senza precedenti, se veramente vogliamo invertire la preoccupante attuale tendenza.
La vera soluzione all?enorme e non più sostenibile impatto dell?uomo sugli ecosistemi naturali non può quindi prescindere dal cambiamento del nostro modello di vita e di sviluppo. Non possiamo continuare a pensare che le risorse della Terra siano infinite, che sia infinita l?aria, l?acqua, l?energia, lo spazio.
Dobbiamo imparare a convivere con gli altri esseri viventi della Terra, a gestire le risorse in modo coerente e sostenibile. In poche parole, imparare a vivere solo della rendita che l?immenso capitale naturale ci può fornire senza dilapidarlo, condannando il Pianeta, e noi stessi, all?estinzione.

Fabrizio Bulgarini

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