Non profit

Diversabile? No al politically correct

L'Oms ribadisce il principio secondo il quale le persone hanno il diritto di essere chiamato con il loro nome e non attraverso le loro menomazioni.

di Riccardo Bonacina

Chiedo ospitalità per una breve nota su un neologismo sempre più diffuso nel mondo dell?handicap, dell?informazione e della politica: «diversamenteabile», talvolta contratto in «diversabile». Riporto i pareri di alcuni tra i più attivi e preparati operatori italiani dell?area delle disabilità. Personalmente ritengo che non si tratti di una banale questione lessicale, bensì di un tentativo maldestro e autolesionistico di sdoganare le disabilità, rimuovendo (o se preferite camuffando) i problemi reali che assillano quotidianamente le persone con disabilità e le loro famiglie. Invece di lottare per affermare nella prassi quotidiana il diritto all?uguaglianza di opportunità, si inseguono goffamente modelli efficentisti ed estetici che, inevitabilmente, avranno ricadute negative soprattutto sulle disabilità più gravi. Ai promotori e ai sostenitori del neologismo, vorrei dire che ciascun essere umano è titolare di dignità e di diritti, indipendentemente dalle sue abilità. Reputo doveroso valorizzare le abilità residue (quando ci sono), ma questo percorso ha come indispensabile presupposto il riconoscimento leale e oggettivo dei deficit funzionali o intellettivi di ciascuno, non la loro rimozione, neanche attraverso bislacchi neologismi. Le persone disabili, soprattutto quelle con minori o nessuna abilità, hanno bisogno di pensioni decorose, di servizi di sollievo per i familiari, di assistenti alla persona preparati, di centri diurni e residenziali accoglienti e umani, di trasporti accessibili, etc. e non di questi biglietti da visita ingenui, ma anche fuorvianti. Vale la pena ricordare che il termine «diversamenteabile» non ha nessuna connotazione scientifica, l?Oms suggerisce di usare il termine «persone disabili» o «persone con disabilità». In ogni caso l?Oms conferma l?importante principio secondo il quale le persone hanno il diritto di essere chiamate con il loro nome e non nei termini delle loro menomazioni. Concludo riportando una dedica illuminante di Giuseppe Pontiggia in un suo bel libro: «A tutte le persone disabili che lottano, non per diventare uguali agli altri, ma se stessi». Riguarda tutti. Innocentino Chiandetti, Udine Carissimo Chiandetti, che dire? Sono d?accordissimo con lei e anche grazie ai consigli del nostro editorialista Franco Bomprezzi e a un pizzico di buon senso cerchiamo di tenerci lontano dalle mostruosità, ma anche dalle comodità, del politically correct. La prima e più grande astrazione contro cui cerchiamo di combattere. Evviva la realtà, limiti compresi. Evviva i nomi propri. 


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