Volontariato

Diventiamo impresa sociale per essere più capillari

di Redazione

«Come tutti gli accordi, anche quello appena sottoscritto fra il ministero e le parti sociali andrà poi valutato nella traduzione concreta dagli impegni politici. Non c’è dubbio però che identifichi percorsi dal nostro punto di vista praticabili», spiega Graziano Trerè, amministratore delegato dello Ial Cisl.
Vita: Per esempio?
Graziano Trerè: Penso in particolare all’apertura verso l’apprendistato. La Cisl ha chiesto e ottenuto di definire un percorso formativo obbligatorio per far sì che l’apprendistato possa consentire una maggiore possibilità occupazionale e dare ai giovani più opportunità.
Vita: La Cgil non pare troppo d’accordo.
Trerè: Perché non crede alla possibilità di una concertazione dialettica. Ha una cultura di stampo rivendicativo. Ciò detto, l’accordo sottoscritto anche dalla Uil prevede tempi di lavoro che consentano di fare realmente percorsi formativi. L’attività formativa d’altronde è obbligatoria: in sua assenza non scattano i vantaggi dell’apprendistato. Certo occorre organizzarsi in modo che questo strumento per completare l’obbligo formativo sia realmente messo in pratica. C’è anche un controllo bilaterale, dell’azienda e delle parti sociali.
Vita: L’intesa si occupa anche della formazione continua?
Trerè: Per noi, una porta aperta da tanto tempo. Nella cultura della Cisl e dello Ial, la formazione lungo tutto l’arco della vita è vista come una possibilità potente per il lavoratore: crescita culturale, miglioramento delle proprie capacità, consolidamento del posto di lavoro. Quando abbiamo voluto l’organizzazione degli enti bilaterali, la creazione dei fondi interprofessionali, li abbiamo pensati come strumenti di supporto (a carico delle imprese e dei lavoratori) anche nei momenti di crisi. Tant’è che oggi diciamo: i fondi interprofessionali possono essere complementari alla cassa integrazione nei momenti di crisi.
Vita: Come dovranno cambiare gli enti?
Trerè: Dovranno ulteriormente qualificarsi per produrre un’offerta strettamente correlata con il fabbisogno delle imprese. È finito il tempo dell’attività formativa regionale o provinciale totalmente scollegata dall’andamento del mercato del lavoro, dal fabbisogno delle aziende. Occorre un monitoraggio attento. Lo Ial da quattro anni si è strutturato proprio per far sì che la sua attività sia mirata alla formazione continua e alle esigenze del mercato quali emergono dall’analisi dei fabbisogni condotta dagli enti bilaterali.
Vita: E la trasformazione in impresa sociale?
Trerè: È chiaro che c’è un rapporto: lo Ial si riorganizza strutturandosi come una rete proprio per essere presente sul territorio in modo capillare e per riuscire a dare risposte credibili e qualitativamente competitive sul fronte della formazione continua, della riqualificazione professionale e della riconversione in vista di un nuovo impiego. Entro l’estate saranno costituite le imprese sociali regionali. L’acronimo Ial resterà, ma avrà un nuovo significato.
Vita: Quale?
Trerè: Ial stava per Istituto addestramento lavoratori. Oggi non parliamo più di addestramento. L’acronimo significherà: Innovazione apprendimento lavoro.
Vita: Nell’accordo ci sono passi avanti per le politiche attive del lavoro. Come vi attrezzerete?
Trerè: Modificheremo l’assetto dell’attività formativa. I tradizionali centri di formazione professionale dovranno essere strutture estremamente flessibili, presenti sul territorio in modo ancor più capillare e capaci di intercettare chi non ha lavoro, chi vuole aggiornarsi, chi ha perso l’impiego e deve riconvertirsi. L’impresa sociale che stiamo configurando da questo punto di vista è decisamente innovativa: avrà il bilancio sociale ci sarà la possibilità che i lavoratori partecipino al capitale d’impresa. Sfide nuove che sono convinto apriranno nuove opportunità in particolare per le regioni meridionali.
Maurizio Regosa


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