Diventare cittadini globali…con uno smartphone in mano

di Donata Columbro

Quello che vedete qui sopra è un piccolo esempio di uso degli strumenti del web e mobile reporting per l’educazione alla cittadinanza mondiale sperimentati nell’ambito del progetto Parlez vous global. L’uomo intervistato nel video è un autista di “moto-taxi”, zemidjan in lingua fon, che racconta della sua difficoltà nel trovare un impiego in Benin, l’esperienza di migrazione in Nigeria dove ha “trovato solo sofferenza” e il ritorno a Cotonou per accettare di lavorare come autista nonostante una formazione come saldatore.

Il video fa parte di un reportage realizzato da 20 ragazzi durante un laboratorio di citizen journalism che ho tenuto in Benin la scorsa settimana, per stimolare professori e studenti a produrre contenuti e diffonderli attraverso blog e social network sui temi della migrazione e dell’intercultura. Abbiamo cominciato con un’introduzione al “web 2.0”, esplorando le numerose possibilità di contribuire alla creazione di contenuto online – “non vogliamo che sia la Francia o l’Italia a parlare di noi”, hanno dichiarato fieri durante il primo dibattito – e della responsabilità che questo comporta. I ragazzi hanno scritto i loro primi tweet per esprimere le loro sensazione dell’incontro con l’altro, che già rovescia lo stereotipo dei giovani africani in cerca di un futuro migliore in Europa: per i beninesi la “migrazione” è quella che ricevono a casa loro, dagli stati confinanti, e che rischia di turbare l’ordine pubblico e la crescita lenta di un paese di 8 milioni di abitanti in una superficie di 112mila metri quadrati.


https://twitter.com/search?q=%23parlezvousglobal&src=hash

L’ultimo giorno, cellulari alla mano, siamo scesi per le strade di Cotonou per scoprire i quartieri e i luoghi della presenza straniera in Benin, l’influenza delle culture altre nello sviluppo del territorio e l’opinione dei suoi abitanti, come lo zemidjan del video, su un tema così delicato. In un caldo e sovraffollato cyber cafè, i ragazzi hanno composto le storie con foto, video e testo, nel blog Parlez Vous Afrique. È una scena piuttosto comune durante formazioni come questa, che mi è capitato di tenere anche in Senegal e Uganda, quella di un gruppo di persone che fissa immobile lo schermo di un computer mentre le pagine si caricano al ritmo di un bit al minuto. Ma non importa. “Il faut avoir de la patience”, bisogna avere pazienza, e l’attesa paga, perché il risultato è spesso straordinario.

L’idea che sta dietro a questo metodo educativo è la partecipazione: condividendo l’esperienza dello storytelling attraverso internet, quello che vedo, pubblico e commento mi rimane dentro. E se posso farlo con uno strumento semplice come un telefono cellulare, l’oggetto tecnologico più diffuso nel continente africano, allora scopro di avere un “potere” enorme per sfidare “il pericolo di una singola storia”, come lo chiama la scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie, e raccontare la mia, in prima persona.

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(credits foto: Richard Sonsino)

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