Welfare

Dite a Salvini che i rom sono italiani

Dal primo Rapporto dell'associazione 21 luglio emerge che a vivere nei campi sono solo 40mila persone (lo 0,06% della popolazione), e oltre la metà dei rom presenti nel nostro paese sono italiani. I discorsi di odio nei loro confronti vengono per l'87% da esponenti politici

di Gabriella Meroni

Pochi, anzi pochissimi, e per la maggior parte italiani. Sono i rom presenti nel nostro paese censiti nel primo rapporto nazionale sulla condizione dei rom e dei sinti in Italia pubblicato ieri dall’Associazione 21 luglio in occasione appunto della Giornata Internazionale dei rom e dei sinti.
Il report, che indaga sull’anno passato per individuare la trama che ha intessuto le politiche attuate nel nostro Paese nei confronti di tali comunità, è stato presentato anche alla Presidente della Camera Laura Boldrini e sfata molti miti sui rom ampiamente radicati in Italia: primo, che sia in atto una sorta di invasione da parte di questi cittadini, e secondo, che gli stessi siano tutti stranieri.
Ecco come stanno invece realmente i fatti. Oggi, in Italia, vivono circa 180 mila rom e sinti, che rappresentano lo 0,25% della popolazione. Il 50% di essi ha la cittadinanza italiana e 4 rom e sinti su 5 vivono in regolari abitazioni, studiano, lavorano e conducono una esistenza come quella di ogni altro cittadino, italiano o straniero, residente nel nostro Paese. La loro quotidianità, tuttavia, resta quasi sempre sconosciuta agli occhi della pubblica opinione, mentre più visibili, nelle cronache dei giornali e dei commenti degli esponenti politici, sono i circa 40mila che vivono nei cosiddetti “campi” – 1 rom su 5 sul totale dei presenti, lo 0,06% dei residenti in Italia.
Dal Rapporto emerge inoltre che in Italia il varo della Strategia Nazionale per l’Inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti e il cambio di direzione da essa paventato non hanno significato un sostanziale mutamento delle loro condizioni di vita. Nei dodici mesi considerati sono inoltre avvenute decine di azioni di sgombero forzato: più di 230 nelle sole città di Roma e Milano. 
Tali politiche hanno una ricaduta sulla qualità della vita di un minore che vive all’interno dell’insediamento, segnando il suo futuro. Un “figlio del campo” avrà possibilità prossime allo zero di accedere a un percorso universitario, mentre le possibilità di frequentare le scuole superiori non supereranno l’1%. In 1 caso su 5 non inizierà mai il percorso scolastico. Soprattutto in tenera età avrà fino a 60 volte la probabilità – rispetto a un suo coetaneo non rom – di essere segnalato dal Servizio Sociale e di entrare in contatto con il sistema italiano di protezione dei minori. La sua aspettativa di vita risulterà mediamente più bassa di circa 10 anni rispetto al resto della popolazione mentre da maggiorenne avrà 7 possibilità su 10 di sentirsi discriminato a causa della propria etnia.
Ancora. Nel 2014 l’Osservatorio dell’Associazione 21 luglio ha registrato 443 episodi di discorsi d’odio contro i rom, di cui l’87% risulta riconducibile a esponenti politici. Numerosi sono stati gli episodi violenti – avvenuti per esempio a Poggioreale, Latina, Vimercate, Querceta, Città di Castello, Padova e Acilia – che hanno avuto per bersaglio i rom. 

 

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