E’ uscito in questi giorni uno studio “rivoluzionario” del Fondo Monetario Internazionale (“Redistribution, Inequality and Growth”, vedi qui) dove si dimostra empiricamente la falsità di uno dei principi della teoria economica classica, cioè che la redistribuzione del reddito a favore delle classi più povere vada a detrimento della crescita economica.
Le motivazioni del principio teorico classico sono due. La prima è che, se i più ricchi sono diventati tali in funzione delle loro capacità, togliere ai ricchi vuol dire operare una distribuzione meno efficiente delle risorse e, quindi, ridurre la dimensione della “torta”. La seconda motivazione è che la redistribuzione del reddito può disincentivare le persone a lavorare, investire, … Attenzione, prima di indignarsi, bisogna comprendere che, nel mondo puritano del capitalismo anglosassone delle origini, questa impostazione non è incompatibile con tasse di successione feroci per garantire a tutti la parità di condizioni di partenza; non è incompatibile con il diritto allo studio, gli aiuti all’infanzia, … ; e soprattutto non è incompatibile con severe leggi anti-trust per evitare che i “ricchi” corrompano i politici per difendersi con monopoli artificiali dall’assalto delle forze del libero mercato.
Perché discutere questo vecchio tema è importante oggi? A partire dagli anni ’80 si è determinato un processo di concentrazione della ricchezza, che è andato accelerando nell’ultimi decennio e che ha riportato i livelli di diseguaglianza ai livelli delle prime fasi della rivoluzione industriale. Se avessero ragione gli economisti classici, dovremmo assistere ad un aumento della crescita economica e, invece, la torta si espande ad un ritmo sempre più lento e in alcuni paesi (l’Italia) e per fasce sempre più ampie di popolazione (la classe media) le fette di torta si stanno contraendo.
Il problema è che la purezza delle origini è un ricordo. La legislazione anti-trust (anche negli USA) non è più adeguata al mondo dei monopoli da network, la globalizzazione ha messo in competizione sistemi-paese disomogenei senza che un organismo super-partes potesse gestire il processo, il mega “paradiso” fiscale dell’Unione Europea ha reso possibile l’elusione su scala planetaria, la corporate governance delle public company moderne ha determinato l’arricchimento indiscriminato dei manager e la spoliazione degli azionisti di minoranza, lo sfruttamento da parte degli intermediari finanziari dell’enorme divario di conoscenze e informazioni nei confronti dei piccoli risparmiatori ….
Ma queste sono considerazioni “morali” che nel mondo dell’economia non possono avere spazio fino a quando non riusciamo a “misurare” in maniera oggettiva il fenomeno. Fortunatamente, come dicevamo all’inizio, gli economisti del Fondo Monetario Internazionale hanno iniziato a “misurare” e i risultati ottenuti rappresentano una rivoluzione nel pensiero economico, soprattutto se si pensa alla fonte dello studio e alla metodologia utilizzata.
Ebbene, forse per la prima volta, si è dimostrato che le politiche di redistribuzione del reddito hanno un effetto positivo sulla crescita. Non solo: i paesi con maggiore diseguaglianza nei redditi sono anche quelli che crescono meno. Evidentemente, la redistribuzione attraverso le tasse e i trasferimenti ha un effetto negativo sugli incentivi che è largamente compensato dall’effetto benefico su altri parametri che bisognerà indagare attraverso la ricerca scientifica. Ma l’idea di base è che l’accumulazione eccessiva di capitale e di reddito sia in realtà dovuta agli ostacoli (espliciti e impliciti) al libero mercato, che impediscono alla concorrenza di svolgere la sua funzione positiva e imballano il motore della crescita. Ostacoli che possono anche essere creati attraverso la manipolazione dei sistemi politici: vedi ad esempio la legge italiana sul finanziamento dei partiti che pone un limite al contributo del singolo individuo ma consente alle persone giuridiche (aziende, multinazionali, cooperative ….) di contribuire a campagne elettorali, sponsorizzare fondazioni legate a partiti o singoli politici, … In questo modo, l’accumulazione smodata di ricchezza si auto-alimenta e crea le condizioni per una società sempre meno “inclusiva”, ponendo le basi per la stagnazione e il successivo fallimento del modello economico.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.