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Disastri climatici, metà dell’umanità vive nelle zone a rischio

«Dobbiamo far fronte al cambiamento climatico, ma ormai dobbiamo far in modo che le persone siano in grado di intervenire e rispondere rapidamente in caso di disastri», dice Regina Catambrone, co-fondatrice e direttrice di MOAS. L'ong ha iniziato a lavorare alla riduzione del rischio di catastrofi (DRR) in Bangladesh, uno dei Paesi al mondo più colpito dal surriscaldamento globale. MOAS tiene corsi di formazione per la sicurezza in acqua e per la risposta agli incendi nei campi dei rifugiati Rohingya e alla comunità ospitante bengalese, ad oggi sono stati formati 5700 volontari

di Anna Spena

Il cambiamento climatico è qui. I dati sulle alluvioni che lo scorso settembre hanno colpito il Pakistan sono drammatici, li ha diffusi l'Autorità nazionale per la gestione dei disastri (NDMA): 1.500 morti 421.000 sfollati 33 milioni di persone colpite (1/7 dei pakistani), 6,4 milioni hanno bisogno di assistenza umanitaria, più di 719mila capi di bestiame sono morti. I disastri ambientali si verificano con sempre maggiore frequenza e intensità, con gravi ripercussioni soprattutto nei Paesi più poveri. Ma possiamo andare più vicino, nelle Marche, l’alluvione dello scorso settembre ha fatto 11 vittime, incalcolabili i danni alle strutture. «Questo ci ricorda», spiega Regina Catambrone, co-fondatrice e direttrice dell’ong MOAS, «non solo l’importanza di far fronte al cambiamento climatico, ma anche la necessità di intervenire e rispondere in modo rapido ed efficace in caso di disastri. Per questo, il 13 ottobre le Nazioni Unite hanno proclamato la Giornata Internazionale per la Riduzione dei Disastri, con l’intento di promuovere una cultura globale di preparazione, nel tentativo di prevenire e ridurre l'impatto dei disastri naturali che si verificano nel mondo».

Dal 2019 MOAS ha iniziato a lavorare alla riduzione del rischio di catastrofi (DRR) in Bangladesh, uno dei Paesi al mondo più colpito dal surriscaldamento globale. Di fatto è un enorme pianura alluvionale, attraversato da più di 700 fiumi. Nel Paese l'organizzaizone tiene corsi di formazione per la sicurezza in acqua e per la risposta agli incendi nei campi dei rifugiati Rohingya e ai volontari della comunità ospitante bengalese.

L'annegamento infatti è la seconda causa principale di decessi correlati a lesioni infantili in tutto il mondo e la causa più comune di morte correlata a lesioni tra i bambini sotto i 5 anni. Secondo l'OMS, circa 236.000 persone annegano ogni anno in tutto il mondo. Oltre la metà dei decessi per annegamento sono tra persone di età inferiore ai 30 anni, con i più alti tassi di annegamento tra quelli di età compresa tra 1 e 4 anni. «Il cambiamento climatico», dice Catambrone, «ha particolarmente aumentato la portata e la frequenza dei disastri alluvionali, che a loro volta hanno causato un aumento del rischio di annegamento, in particolare nei paesi a basso reddito e nelle aree con urbanizzazione non pianificata, quali i campi profughi e per sfollati interni»

Quando avete iniziato a lavorare in Bangladesh?
A seguito di due missioni esplorative condotte nel Mare delle Andamane e della grave crisi umanitaria scatenata dall'esodo dei rifugiati Rohingya in fuga dal Myanmar, MOAS ha avviato la prima missione in Bangladesh il 3 settembre del 2017. Dopo aver eseguito un’accurata valutazione delle criticità e delle necessità più urgenti dei rifugiati, abbiamo consegnato con la nave Phoenix 40 tonnellate di aiuti umanitari al governo bengalese, nel porto di Chittagong. Successivamente, abbiamo allestito due centri di assistenza primaria, o Aid Station, per servire i campi profughi e la comunità ospitante. La prima MOAS Aid Station ha iniziato ad operare nell’ottobre 2017 nel villaggio di pescatori di Shamlapur, mentre la seconda è stata aperta a novembre per servire il remoto insediamento di Unchiprang, situate entrambe nella regione bengalese di Teknaf, poco lontano dal confine con il Myanmar. Alle fine del 2018 i nostri medici, farmacisti, infermieri e ostetriche avevano curato più di 90.000 pazienti, dei quali oltre il 40% aveva meno di 18 anni, tra Rohingya e bengalesi.

Da quali catastrofi è stato colpito il Paese?
Il Bangladesh è uno dei Paesi più poveri al mondo, ed è responsabile solo dello 0.06% delle emissioni di gas ad effetto serra. Tuttavia, è anche uno degli Stati maggiormente colpiti dagli effetti dei cambiamenti climatici e del riscaldamento globale. Infatti, ogni anno il territorio bengalese è colpito da devastanti catastrofi naturali, quali cicloni, monsoni, piogge torrenziali che causano alluvioni e inondazioni, mettendo a rischio la vita di migliaia di persone. Inoltre, proprio nell’area di Cox’s Bazar, la costa è soggetta ad una forte erosione. Secondo l'OMS, circa 236.000 persone annegano ogni anno in tutto il mondo. Oltre la metà dei decessi si verifica tra persone di età inferiore ai 30 anni, con i più alti tassi di annegamento tra quelli di età compresa tra 1 e 4 anni. In Bangladesh l’annegamento costituisce la principale causa di morte tra i bambini di età compresa tra 1 e 17 anni, circa 17.000 minori all’anno. Per questo MOAS ha deciso di intervenire per ridurre il rischio di annegamento nella zona in cui operiamo attraverso un programma specifico di Riduzione del Rischio Disastri.

Come si sviluppano i vostri corsi di formazione? A chi sono rivolti?
In quanto ONG internazionale specializzata nella risposta alle emergenze, dal 2019 MOAS, in collaborazione con partner internazionali e locali, ha avviato i corsi di formazione per la sicurezza in acqua, rivolti sia ai rifugiati Rohingya presenti nei campi profughi di Cox’s Bazar, che alla popolazione locale e ai pescatori. La formazione è progettata per implementare la sicurezza dei membri della comunità e aiutarli a rispondere ai rischi posti dalle inondazioni e dai disastri legati all’acqua e salvare vite. Dopo una lezione teorica in classe, i volontari iniziano la formazione pratica a terra, dove si esercitano nelle tecniche di lancio delle throw bag – speciali dispositivi ideati per il recupero delle persone in acqua. Successivamente, entrano in acqua e apprendono come comportarsi per intervenire in caso di inondazioni improvvise e come praticare le tecniche di risposta alle emergenze. Lo step successivo consiste nell’imparare come guadare un corso d’acqua con l’aiuto di un palo per identificare i pericoli nascosti sul fondale e come guadare ed attraversare un fiume in modo rapido e sicuro. Infine, il training prevede esercizi per l’uso di borse e ciambelle di salvataggio in e tecniche anti-annegamento. Infine, i volontari apprendono come recuperare qualcuno privo di sensi in acqua mediante l’uso di barche, che servono anche ad evacuare le persone rimaste intrappolate nelle proprietà allagate e spostare le attrezzature essenziali.

In quali Paesi operate?
I corsi di formazione per la sicurezza in acqua sono stati ideati e applicati con successo in Bangladesh, e possono essere replicati ed adattati in altri Paesi e in diversi contesti umanitari. MOAS ha sviluppato corsi di formazione “su misura” e strumenti unici per rispondere ai problemi posti dalle inondazioni e dagli incendi nei campi profughi di tutto il mondo. Le competenze di MOAS offrono soluzioni specifiche per implementare la sicurezza della popolazione rifugiata, della comunità ospitante e degli operatori umanitari.


Che strumenti utilizzate?
Il corso è stato progettato per migliorare lo sviluppo delle capacità nella comunità, formando volontari in grado di: muoversi in sicurezza all'interno di ambienti allagati; eseguire salvataggi a terra; usare le borse di salvataggio per tirare fuori dall'acqua le persone in difficoltà; gli strumenti usati restano in dotazione ai volontari che partecipano al corso, che saranno i primi a rispondere in caso di necessità. MOAS non solo progetta e realizza gli strumenti, ma li adatta per l'uso nei contesti specifici di ogni Paese e supporta i partner nel loro utilizzo per sviluppare un'ampia programmazione, ridurre i rischi e rispondere agli incidenti con efficacia e rapidità. Tali strumenti includono la formulazione di programmi di mappatura dei rischi e la riduzione del rischio di catastrofi, la progettazione e la prototipazione di attrezzature di sicurezza innovative e la creazione di corsi di formazione sulla sicurezza e i relativi materiali di apprendimento.

Quante persone avete formato?
Dall’inizio del progetto abbiamo formato oltre 5700 volontari per la sicurezza in acqua. Molti partecipanti hanno seguito anche una specifica “formazione dei formatori” e sono in grado di trasmettere le competenze apprese ad altri membri della comunità, allargando in questo modo il numero di persone in grado di prestare soccorso e rispondere rapidamente alle emergenze, salvando vite umane. Ci tengo a sottolineare che il 31% dei beneficiari Rohingya sono donne, mentre nella comunità ospitante rappresentano il 48%. Crediamo fermamente, infatti, che investire sulle donne sia un mezzo efficace per promuovere lo sviluppo sostenibile e nei nostri programmi per la Riduzione del Rischio di Disastri ci assicuriamo che esse rappresentino agenti per il cambiamento e il loro ruolo di leadership sia rafforzato. Traduciamo gli impegni per l’inclusione delle donne in una crescita reale, modellando strumenti di formazione sensibili al genere e creando nei campi uno spazio sicuro e protetto, affinché le donne possano diventare membri attivi della DRR.

Quali sono invece i sistemi per rispondere agli incendi, in quali campi profughi li avete sperimentati e di quali Paesi
Prima di spiegare i sistemi di risposta agli incendi, è importante fare un passo indietro e capire quali sono le criticità specifiche che si verificano nei campi profughi e le conseguenti difficoltà incontrate dai soccorritori. Si tratta spesso di insediamenti sorti molto rapidamente e quindi privi di un’accurata pianificazione, in cui gli spazi tra i rifugi sono molto ridotti, cosa che favorisce la diffusione degli incendi. Inoltre, è altissima la presenza di materiali infiammabili, come i teloni in plastica, e quindi il rischio che prendano fuoco con facilità aumenta. Solo quest’anno, almeno 1500 rifugiati sono stati colpiti da incendi a Cox’s Bazar, perdendo – di nuovo – tutti i loro pochi beni e subendo traumi emotivi pesantissimi. L'iniziativa di MOAS affronta i pericoli potenzialmente letali causati dagli incendi nei campi profughi attraverso l’impiego di unità mobili antincendio facilmente trasportabili, mentre i nostri esperti tecnici addestrano volontari nella risposta al fuoco. Si tratta di un progetto unico nel suo genere, e replicabile in altri contesti umanitari. In Bangladesh abbiamo sviluppato diverse piattaforme di trasporto dell’acqua e sistemi di pompe portatili che i rifugiati possono facilmente manovrare per intervenire rapidamente. Lo zaino-estintore, ad esempio, può contenere un massimo di 20 litri di acqua, ed è dotato di un tubo flessibile utilizzabile come pompa manuale. Il Tuk Tuk è un veicolo a tre ruote che trasporta un serbatoio d’acqua sul pianale di carico, con deflettori e una pompa alimentata a benzina. Abbiamo poi una pompa d’acqua montata su un telaio trasportabile che attinge acqua da un idrante o da un pozzo utilizzando un tubo di aspirazione attraverso una pompa a benzina. Il grande vantaggio di questi sistemi è che permettono di lanciare circa 250 litri d’acqua al minuto, l’equivalente di decine di estintori usati contemporaneamente. Poiché il getto d’acqua arriva molto lontano, i vigili del fuoco possono stare a 20 metri di distanza dal fuoco e combattere in sicurezza la diffusione dell'incendio. MOAS è anche impegnato a formare volontari rifugiati su come utilizzare l’attrezzatura in modo sicuro ed efficace.

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