Formazione

Disarmo: un altro strappo dell’Unione al proprio programma

Con la firma di oggi il Governo compie uno strappo al proprio programma e non ascolta il mondo della Pace. Presa di posizione di Rete Disarmo e Campagna Sbilanciamoci!

di Redazione

“Con la firma di oggi del Memorandum of understanding per passare alla fase di produzione del caccia Joint Strike Fighter F35, da parte del sottosegretario alla Difesa Lorenzo Forcieri, il Governo compie un ulteriore strappo sul proprio programma elettorale. Ma, cosa ancora più grave, il Governo si allontana in maniera decisa e inequivocabile dalle richieste di Pace e Nonviolenza che tutte le nostre organizzazioni da tempo chiedono con forza”. È questa la presa di posizione forte e congiunta di rete Disarmo e Campagna Sbilanciamoci! sulle notizie provenienti dagli USA.

Limitandosi al programma di Governo, nel documento si afferma che: “l’Unione si impegna, nell’ambito della cooperazione europea, a sostenere una politica che consenta la riduzione delle spese per armamenti”. Ora invece, dopo aver aumentato in finanziaria le spese militari di oltre il 10% con solo una semplice informativa al Parlamento a riguardo, si è deciso di passare alla fase operativa della co-produzione del JSF che vede come capofila industriale gli Stati Uniti d’America.

Le motivazioni di contrarietà ed opposizione a tale scelta sono tante, a partire dai costi economici a fronte di uno scarso ritorno per l’Italia.
Il nostro paese ha già speso per questo faraonico progetto 638 milioni di dollari per la fase di sviluppo, che ci costerà complessivamente 1018 milioni di dollari, ai quali vanno aggiunti altri 903,2 milioni di dollari per la fase successiva di implementazione e produzione. La ricaduta positiva sulla nostra economia non è così poi allettante come ci si è fatto credere: i 10.000 occupati per 45 anni sbandierati nel giugno scorso dall’ex Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, generale Antonio Tricarico, si sono subito sgonfiati a 1.000 occupati (200 diretti ed 800 per indotto) per 10 anni nelle nuove stime.
Va chiarito inoltre che tali ritorni sono solo “attesi”, poichè la fase che si sta formalizzando oggi riguarda solo la costruzione di prototipi e delle linee industriali, mentre invece il ritorno in Italia si avrà solo eventualmente con l’assemblaggio dei velivoli (a Cameri in provincia di Novara) quando l’Italia dovesse acquistare i 131 aerei previsti (dal 2008-2009)

“Bisogna dire chiaramente che i soldi che l’Italia mette in questa fase non avranno alcun beneficio diretto sull’occupazione nel territorio novarese se non dal 2012 quando si passerà alla fase di produzione” dice Gianni Alioti della FIM-Cisl “Le ricadute sull’occupazione dipenderanno, quindi, dagli ingenti fondi che il nostro paese dovrà spendere per comprare gli F35 una volta conclusa la fase di sviluppo ed industrializzazione (100 milioni di euro a velivolo con le valutazioni attuali)”.

“Al limite ci saranno minime ricadute economiche a vantaggio dell’industria bellica del nostro paese – aggiunge Massimo Paolicelli dell’Associazione Obiettori nonviolenti – ma che avrà ben poco respiro vista la riluttanza statunitense a trasferire tecnologia ed informazioni per salvaguardare la superiorità tecnologica ed industriale americana. In pratica a Finmeccanica andranno in questa fase solo alcune briciole per le fasi di ricerca e sviluppo, ma senza quel forte impulso in campo anche tecnologico che proviene da coproduzioni europee”.

Non bisogna scordarsi che uno degli obiettivi per cui è nato il JSF è anche quello di ostacolare l’indipendenza europea nel campo della difesa, sia per creare dipendenza industriale strategica sia per eliminare possibili concorrenti sul mercato. Quindi non ci rassicurano minimamente le dichiarazioni di intenti rilasciate ieri dal ministro Bersani che auspica che gli Stati Uniti diano all’Italia un ruolo di corresponsabilità. E’ bene ricordare che l’Italia, pur essendo il secondo paese del progetto per quanto riguarda gli investimenti è nei fatti un partner di secondo livello. C’è poi l’aspetto strategico: il JSF è un aereo da combattimento monomotore monoposto, in grado di superare la velocità del suono ma con velocità di crociera subsonica ed è impostato per il ruolo aria-terra, anche se come capacità secondaria ha anche quella aria-aria; è di tipo stealth (bassa rilevabilità dai radar ed altri sensori) e ha due stive interne per le missili e bombe che possono essere anche di tipo nucleare.
“Abbiamo difficoltà a capire come tale aereo si concili con il dettato dell’articolo 11 della nostra Costituzione. Quello che preoccupa di più è poi la totale parcellizzazione delle scelte strategiche della Difesa senza far intendere a quali logiche di politica estera rispondono, anche se poi la loro somma porta ad uno scenario inquietante che si sovrappone alla politica di guerra preventiva degli Stati Uniti” aggiunge Francesco Vignarca coordinatore nazionale della Rete Italiana per il Disarmo.

Proprio per questo nei prossimi giorni avvieremo una campagna che da un lato vuole sensibilizzare l’opinione pubblica, sempre tenuta all’oscuro, dei rischi di questo progetto e dall’altro una pressione verso il Governo. “Il nostro sforzo sarà immediato e il più efficace possibile: il governo deve ravveders da questa scelta e destinare le risorse previste per il JSF alla riconversione dell’industria bellica (non è stato mai finanziato il fondo apposito previsto dalla legge 185/90) ed alla cooperazione allo sviluppo, vera ‘arma’ contro il terrorismo molte situazioni di conflitto” conclude Giulio Marcon, coordinatore della Campagna Sbilanciamoci! che da anni elabora una controfinanziaria molto più attenta ai temi sociali, di cooperazione e della Pace rispetto al documento ufficiale del Governo.

Maggiori informazioni:
Rete Disarmo


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA