Famiglia

Disabilità: un mito sfatato in 5 mosse

Lisa Noja, 42 anni, ha raccontato la sua storia in un evento organizzato da HubDot, il networking nato a Londra tre anni fa per mettere in connessione le donne. Nella sua testimonianza di un minuto e mezzo, in soli 5 punti, ha sfatato il mito sulla disabilità…

di Anna Spena

Qual è la tua storia? È nato così, con una domanda, l’HubDot, un networking delle donne e per le donne dove attraverso una connessione, sia virtuale che fisica, si condividono le esperienze di vita che devono ispirare il cambiamento, la riflessione, le sfide. «Non sono solo storie di successo», spiega Ilaria Scauri, Content Manager di Hub Dot, «ma storie di donne normali che dimostrano di essersi messe in discussione. È dal racconto che poi deve nascere la speranza di “mettersi in moto” e la fiducia di potercela fare». Questa rete di connessione è nata 3 anni fa a Londra, dall’idea di Simona Barbieri. «Ha messo insieme i suoi contatti femminili», racconta Ilaria, «convinta che le donne dovessero smetterla di vivere in “luoghi separati”. Quando le ha invitate a casa per un caffè, si sono presentate in 98». Poi da Londra Hub Dot si è diffuso in tutto il mondo; tra pochi giorni un evento a Dubai, ma prima ancora a Edimburgo, Torino, Roma, Napoli, Barcellona, Lussemburgo, Portland, Washington DC, Houston, Riga, Berlino, Atene e all’ultimo evento che si è tenuto a Milano pochi giorni fa, Lisa Noja, 42 anni, avvocato in uno degli studi più prestigiosi della città, con alle spalle un master in California, ha raccontato la sua esperienza. «Dovevo un po’ raccontare di me», dice. «Così ho pensato di spiegare in cinque punti i criteri che mi hanno guidato nelle difficoltà della vita». Lisa soffre di Atrofia Muscolare Spinale, una malattia genetica. «Sono sempre stata consapevole che dovevo propormi con qualche qualità in più», racconta. «Anche il master l’ho fatto quando ancora non “andava di moda”. E quella partenza è stata una prova generale per l’indipendenza. Se fossi riuscita a vivere bene dall’altra parte del mondo non avrei avuto problemi. Non posso dire di aver avuto esperienze negative. Certo, ho avuto qualche problema tecnico perché ci sono ancora troppe barriere architettoniche e l’organizzazione della vita può essere più complicata. Poi ho scelto un mestiere in cui è richiesto saper utilizzare il cervello…», scherza.

«Nella vita, ognuno adotta una formula nell’intento di trovare il proprio posto in questo mondo complicato».

Ecco quella di Lisa

1. Impara a distinguere tra impossibile e difficile, non sono la stessa cosa

Io ho dovuto capire fin da piccolissima che non sarei potuta diventare una ballerina, un’astronauta, un chirurgo. In molti lo scoprono solo dopo. Però, ho anche capito che tante altre strade non mi erano precluse, semplicemente erano per me più difficili. E, quindi, avrei dovuto fare più fatica, desiderarlo di più.

2. Non chiederti mai "perchè proprio a me"

Se ti poni quella domanda, dai per scontato che qualcuno si sarebbe meritato la sfortuna che è capitata a te. E allora rischi di trasformare te stessa in un coacervo di livore, rabbia, frustrazione verso il mondo. Significa cominciare a identificarti con la tua sfortuna. Io non ho mai voluto sprecare tempo prezioso su questo.

3. La sfortuna non ti dà un credito verso il prossimo, chiedi opportunità, non garanzie

Quando ti cade una tegola in testa, puoi cominciare a pensare che il mondo ti debba risarcire. Se quella tegola arriva quando sei una bambina, coltivare un tale pensiero è la morte civile. Non ho mai creduto che qualcuno dovesse darmi nulla di diverso da quanto mi sarei meritata con il mio impegno e il mio lavoro.

4. Impara a chiedere aiuto, non hai scelta ma può anche diventare una tua forza

Ogni giorno, ho bisogno di essere aiutata per compiere mille gesti. Mettermi la giacca, aprire la borsa, tagliare la carne. A volte, devo chiedere aiuto a persone che incontro per la prima volta. Farlo è un grande esercizio di umiltà, ma significa anche sapermi abbastanza forte da non aver paura di dire ciò che in un mondo performante come il nostro è così difficile da accettare: scusatemi, ma io da sola non ce la faccio. Ed è quasi liberatorio

5. Esercitati ad essere felici​

La felicità non è uno stato, non è l’assenza di sofferenze, non è un dono. La felicità è un esercizio di volontà, è una scelta quotidiana. È allenarsi ogni giorno ad amare la propria vita e a renderla più ricca e piena, per quanto possa essere faticosa e dolorosa, sapendo che meglio di quella non c’è nulla.

«Vivo da sola, in una casa tutta mia, sono totalmente autonoma economicamente. Sono una contribuente capiente del nostro paese. Sono circondata da affetti e amici. Da un po’ di anni mi impegno anche in politica, cercando di dare ciò che posso per la nostra comunità. E, ora, a quarant’anni, posso dire di essere una donna realizzata e piuttosto felice».

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