Welfare

Disabilità: tutto quel che abbiamo perso togliendo i patronati dalla valutazione iniziale

La sperimentazione della riforma per la disabilità è attiva da circa due mesi e mezzo in nove province italiane. Acli e Patronato Acli hanno fatto il punto della situazione, tra problemi tecnici iniziali, tempi allungati e aumento dei costi per i certificati. Paolo Ricotti, presidente nazionale Patronato Acli: «L'invio delle domande da parte dei medici non consente più a noi patronati di incontrare le persone durante un momento delicato come la richiesta della disabilità, che ci permette di fare una consulenza a 360 gradi»

di Ilaria Dioguardi

«L’aumento dei tempi è innegabile, è dovuto al cambiamento dell’organizzazione del lavoro. Con questa riforma viene a mancare la competenza dei patronati e, quindi, l’accompagnamento delle persone in un passaggio di estrema fragilità», ha detto Paolo Ricotti, presidente nazionale del Patronato Acli, in una conferenza stampa online voluta dalle Acli nazionali e dal Patronato Acli. L’incontro ha denunciato i malfunzionamenti della sperimentazione della nuova riforma per la disabilità (Decreto legislativo n. 62/2024), partita dall’1 gennaio 2025 in nove provincie italiane: Trieste, Brescia, Forlì-Cesena, Firenze, Perugia, Frosinone, Salerno, Catanzaro e Sassari. Il decreto Milleproroghe successivamente ha prolungato la sperimentazione da 12 a 24 mesi, con l’estensione ad altre 11 province, a partire dal 30 settembre 2025: Aosta, Alessandria, Lecce, Genova, Isernia, Macerata, Matera, Palermo, Teramo, Vicenza, provincia autonoma di Trento. 

Benefici non attivati

«Sono emerse le prime criticità che ci danno delle indicazioni abbastanza preoccupanti. Il fatto che l’accertamento della disabilità in questo momento non venga realizzato da tutti i soggetti che l’anno scorso l’attivavano, fa sì che altri benefici oggetto di tutela non vengano attivati. Ad esempio, i permessi e i riposi previsti dalla legge 104», ha detto Fabio Raggi, direttore del Patronato Acli di Brescia. «E anche tutta una serie di valutazioni dello stato patologico, ad esempio dal punto di vista previdenziale e delle malattie professionali di competenza Inail. Il fatto che molti non passino al patronato per presentare domanda di disabilità fa sì che alcune valutazioni non vengano fatte».

Inoltre, c’è un problema di riconoscimenti collegati a quello di disabilità «come l’anticipo pensionistico nel privato (per chi ha l’80% di invalidità), le maggiorazioni contributive (per chi ha il 74%), e anche l’anticipo pensionistico per i lavoratori precoci invalidi. Tutta una serie di benefici e tutele che erano legate all’accertamento dell’invalidità sono messe in discussione», ha proseguito Raggi. «L’Inps ha attivato le proprie unità valutative di base con le sue risorse a disposizione, che sono quelle che sono. Temiamo che ci saranno dei ritardi nell’accertamento delle disabilità per quelle domande che sono state, fino a questo momento, portate avanti tramite il certificato medico introduttivo».

Ritardi per i malati oncologici

Per quanto riguarda le persone con malattie oncologiche, la normativa prevede che i tempi di conclusione del processo sia di 15 giorni. «In questo momento, per l’invio delle domande per i malati oncologici siamo in ritardo. Speriamo che il prima possibile vengano recuperati i tempi», ha continuato Raggi. Per quanto riguarda i problemi che si stanno risolvendo, invece, ci sono le procedure telematiche, «grazie anche a un’interlocuzione che i patronati stanno intrattenendo con l’Inps».

Il certificato medico introduttivo, dal 1° gennaio di quest’anno, per i domiciliati nelle province in sperimentazione va esclusivamente compilato da parte del medico certificatore «e questo all’inizio dava parecchi problemi, soprattutto tecnici. L’introduzione di accorgimenti da parte dell’Inps sta giovando all’invio del certificato medico introduttivo e, quindi, all’aumento delle domande». Per la provincia di Brescia, i dati per i primi due mesi e mezzo di sperimentazione, confrontati con lo stesso periodo del 2024, dicono che, se l’anno scorso le domande erano 6mila circa, quest’anno sono un migliaio.

Medici “amministrativi” e patronati “con le armi spuntate”

«Inizialmente, con questa sperimentazione ci sono stati problemi in tutto il territorio delle nove province perché la procedura era nuova», ha fatto eco Fabrizio Sbrighi, direttore del Patronato Acli di Forlì-Cesena. Non si trattava solo di un problema tecnico dell’invio delle domande, ha precisato. «Il decreto pone il passaggio in capo ai medici, c’è stato un problema di interpretazione da parte loro, non erano preparati ad occuparsi della parte amministrativa, che prima spettava a noi».

Sbrighi ha continuato dicendo: «Noi come patronato abbiamo “delle armi un po’ spuntate”: non abbiamo più accesso all’invio della domanda, interveniamo solo in fase successiva con l’invio dei dati socio economici (che servono per l’erogabilità delle prestazioni). Finché non ci sono tutte le valutazioni di base, che raccolgono legge 104, legge 68 e invalidità civile (tutti questi accertamenti vengono fatti con un unico verbale), non riusciamo a dare risposta ai cittadini».

Aumento dei costi

I medici «hanno un aggravio di invio e abbiamo riscontrato un aumento dei costi degli invii dei certificati. Per la nostra provincia, ci aggiravamo intorno ai 70 euro, oggi costano dai 130 ai 170 euro», ha proseguito Sbrighi. «Abbiamo attivato due medici legali per l’invio dei certificati, l’Inps ha fatto delle implementazioni, come il fatto che non sia più necessaria la firma digitale, per rendere più agevole l’invio. Stiamo cercando di andare a regime, qualche problematica permane. C’è il pregresso di un paio di mesi da recuperare».

Manca l’accompagnamento delle persone in un momento di fragilità

«L’aumento dei tempi è innegabile, è dovuto al cambiamento dell’organizzazione del lavoro. L’aumento dei costi dei certificati è dovuto al fatto che ai medici è richiesto di fare un lavoro ulteriore (che non sarebbe neanche il loro). Il loro tempo ha un costo», ha affermato Paolo Ricotti, presidente nazionale del Patronato Acli. L’invio delle domande da parte dei medici «non consente più, a noi patronati, di incontrare le persone durante un evento traumatico quale quello della richiesta della disabilità, che ci permette di fare una consulenza a 360 gradi, che comprende, ad esempio, i diritti sul piano pensionistico, cosa spetta alla famiglia in termini di 104, e altro», ha proseguito.

Si perdono delle opportunità di presa in carico delle persone che sono in un momento di bisogno

Paolo Ricotti

«Viene a mancare la competenza e, quindi, l’accompagnamento delle persone in un passaggio di estrema fragilità. È la testimonianza che la disintermediazione, su cui punta la pubblica amministrazione punta da anni, è un problema. Le persone hanno sempre più bisogno di qualcuno che le aiuti, nei momenti di difficoltà», ha continuato Ricotti. «Si perdono delle opportunità di presa in carico delle persone che sono in un momento di bisogno».

Cuore della riforma: il progetto di vita

La riforma della disabilità «è molto complessa e ricca di novità. In termini di inclusione, ha un grande potenziale», ha detto Agata Aiello, membro della Presidenza nazionale Acli con delega all’Inclusione sociale. «Il cuore della riforma è il progetto di vita. Si passa ad un progetto individuale, personalizzato e partecipativo: si rende la persona protagonista, tutti i servizi lavorano attorno alla persona. Ma manca l’interlocuzione con il patronato, che è un punto di riferimento per tutte le persone: forse qui sta la contraddizione della riforma».

Foto di apertura di Annie Spratt su Unsplash. Nell’articolo screenshot della conferenza stampa

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