Welfare
Disabilità, oltre 100mila persone sordocieche in Italia
Lega del Filo d'oro e Istat presentano il "Nuovo studio sulla popolazione di persone sordocieche, con disabilità sensoriali e plurime in condizioni di gravità". Un censimento dei bisogni e delle difficoltà quotidiane. Rossano Bartoli: «Necessario che la revisione e la piena applicazione della legge 107/2010 non si fermi»
Centomila persone sordocieche in Italia che salgono a 262mila se si considerano se si considera quanti sono colpiti da limitazioni sensoriali gravi plurime
legate alla vista e all’udito. I numeri del rapporto Nuovo studio sulla popolazione di persone sordocieche, con disabilità sensoriali e plurime in condizioni di gravità, commissionato da Fondazione Lega del Filo d’Oro Onlus e realizzato dall’Istat, parlano chiaro, eppure in Italia c’è ancora un limbo normativo che crea dubbi su quante persone siano affette realmente da sordocecità e impedisce di mappare adeguatamente il fenomeno.
Presentata il 24 gennaio alla Camera dei deputati, l’indagine evidenza infatti una situazione contraddittoria e problematica. Si pensi che, secondo l’Inps, attualmente in Italia il numero di persone sordocieche riconosciute potrebbe essere pari a zero: i dubbi interpretativi dipendono dalla legge 107/2010, che disciplina tale condizione ma riconosce una persona “sordocieca” solo se oltre alla minorazione visiva presenta anche una disabilità uditiva, ammesso che la minorazione sia congenita o, se acquisita, insorga dopo i 12 anni, in età evolutiva. In questo modo però non vengono contemplate tutte le persone affette da disabilità, tagliandole fuori dall’assistenza e dall'esercizio dei propri diritti.
«Questo importante studio ha fatto emergere, con dati di evidenza, l'effettiva diffusione delle problematiche vissute dalle persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali per le quali, da sempre, la Lega del Filo d'oro si è fatta portavoce. I dati raccolti grazie alla preziosa collaborazione con l'Istat, a cui va il nostro sentito ringraziamento, aprono prospettive di riflessione e sollecitano azioni concrete non più procrastinabili», dichiara Rossano Bartoli, presidente della Fondazione Lega del Filo d'oro onlus (foto sotto, ndr), «È necessario, dunque, individuare nuove modalità di risposta, estendendo ad esempio il nostro modello di intervento alle strutture residenziali per anziani, dove si colloca il numero maggiore di persone con disabilità sensoriali multiple, ed operare sempre più in prossimità dei luoghi di origine dei nostri utenti. Inoltre, come Lega del Filo d'oro abbiamo il dovere di promuovere la loro reale inclusione all'interno della società e il pieno riconoscimento dei loro diritti. Per questo rivolgiamo il nostro appello alle Istituzioni, affinché in Italia l'iter per la revisione e la piena applicazione della legge 107/2010 non si fermi».
Far luce sulla disabilità, dando voce alle persone
Giunto alla sua seconda edizione ed esteso al contesto europeo, lo studio – edito da Erickson – restituisce una maggiore consapevolezza rispetto alla vastità del fenomeno della sordocecità e indaga le condizioni di vita delle persone che ne sono colpite attraverso la classificazione internazionale International Classification of Functioning, Disability and Health – Icf, che considera la disabilità come il risultato dell’interazione negativa tra la persona e l’ambiente, fisico e culturale in cui vive, in accordo con quanto sancito dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità.
Attraverso il loro lavoro, Lega del Filo d’oro onlus e di Istat cercano di restituire una dimensione umana ai pazienti, misurando innanzitutto quanto la sordocecità impatti in Italia, studiando i bisogni delle persone e delle strategie che permettano a enti e istituzioni di metterli in campo.
È importante innanzitutto che la disabilità torni al centro del dibattito pubblico non come minoranza, ma come un problema comune per il Paese. Lo studio dimostra che in Italia le persone con più di 15 anni che hanno limitazioni sensoriali gravi e plurime alla vista e all'udito sono 100mila, pari allo 0,2% della popolazione e salgono a 262 mila coloro che hanno contemporaneamente limitazioni di tipo motorio (lo 0,5% della popolazione), mentre in Europa la sordocecità colpisce 656mila persone (lo 0,2% della popolazione residente e lo 0,6% degli anziani) cifra che arriva a oltre 1 milione e 400mila persone (lo 0,3% della popolazione, il 2,5% per gli anziani), se si aggiungono anche coloro che hanno limitazioni motorie. In Italia il 67,6% delle persone sordocieche è donna, il 61% ha oltre 65 anni di età e una persona su 4 (25,8%) vive da sola.
«I numeri presentati nello studio sono particolarmente importanti», ha aggiunto Gian Carlo Blangiardo, presidente Istat, «evidenziano i tratti di una vera e propria emergenza, rispetto a cui ci si auspica fermamente che le politiche sappiano rispondere con intelligenza ed efficacia. Così da rendere migliore la qualità della vita sia per le persone sordocieche e pluriminorate, sia per i loro familiari e per tutti coloro che affettuosamente le accompagnano lungo un percorso di vita che, pur nella estrema difficoltà, si configura sempre come bene prezioso, da apprezzare e da proteggere».
Spesso si tende a dimenticare le difficoltà reali, che un sordomuto ha nella vita di tutti i giorni. «C’è sempre una sorta di imbarazzo delle persone a chiedere aiuto per cose apparentemente semplici, come lo scegliere degli abiti che ci permettano di vivere questa condizione», ha raccontato Francesco Mercurio, presidente del Comitato delle persone sordocieche. Sul livello di autonomia nelle attività quotidiane, se si analizza il sottogruppo dei 65 anni e più, emerge che il 43,5% dei sordocechi riscontra per esempio difficoltà gravi nelle attività domestiche, mentre il restante 16,1% dichiara di avere almeno una difficoltà grave sia nelle attività di cura personale che nelle attività domestiche.
Inoltre, tra coloro che dichiarano di avere almeno una difficoltà moderata o grave nelle attività di cura personale, quasi 4 persone su 10 (37,5%) denunciano una mancanza di aiuto, cifra che sale a una persona su due tra coloro che dichiarano invece di avere almeno una difficoltà moderata o grave nell'attività domestica.
«È necessario intervenire pienamente la legge quadro sulla disabilità in modo da rispettare, garantire e tutelare ogni persona perché l'obiettivo è migliorare la qualità di vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie», è intervenuta la ministra per le Disabilità, Alessandra Locatelli, «è indispensabile agire con politiche sociali integrate dal punto di vista sanitario, sociosanitario e sociale ma anche garantire servizi e sostegno adeguati. È nostro dovere garantire l’unicità della persona che ha bisogno di cure e riabilitazione ma anche di relazioni, affetti e tempo sociale».
Legge 107/2019: un limbo da colmare
Con l’approvazione della Dichiarazione sui diritti delle persone sordocieche del 1° aprile 2004, il Parlamento europeo ha riconosciuto la sordocecità quale disabilità distinta, invitando gli Stati membri a riconoscere la specificità di questa disabilità complessa e a garantire alle persone che ne sono colpite i diritti e le tutele normative che ne conseguono. Tali raccomandazioni hanno trovato attuazione nel nostro Paese grazie alla legge 107/2010 “Misure per il riconoscimento dei diritti delle persone sordocieche”, che riconosce la sordocecità come disabilità specifica unica (in precedenza si riferiva alla sommatoria delle due minorazioni). Ma, sebbene la legge 107/2010 rappresenti un primo passo fondamentale, per il riconoscimento dei diritti delle persone con sordocecità, vi sono ancora alcune significative incongruenze nella formulazione del quadro normativo che lo rendono inadeguato al fine di una tutela giuridica collettiva, capace di includere tutte le persone con disabilità aggiuntive.
In Italia non sono per esempio considerate sordocieche le persone che, pur non vedenti, siano diventate sorde dopo il dodicesimo anno di età, o coloro che, nati senza alcuna minorazione sensoriale, siano stati colpiti da sordocecità in età successiva ai 12 anni.
Il 3,6% degli studenti italiani ha una disabilità sensoriale
Un effetto sociale di cui si parla poco, poi, è quanto la disabilità precluda tanti altri tipi di diritti alla persona, come quello a un’istruzione adeguata, all’accesso al lavoro e a uno stile di vita dignitoso
La maggior parte delle persone affette da sordocecità ha infatti titoli di studio più bassi rispetto al resto della popolazione: circa una persona su 2 ha solo la licenza elementare (56%), di conseguenza, una capacità di reddito inferiore. Infatti, in relazione alle condizioni economiche, il 23% di queste persone si colloca sotto il 1° quintile di reddito, mentre il 18% tra il 1° e il 2°, ovvero tra le fasce più povere della popolazione. Solo il 26% dichiara di essere occupato e il 6% si dichiara inabile al lavoro.
La scuola italiana, solo nell’anno scolastico 2018/2019, ha accolto 245.723 alunni con disabilità, ovvero il 3,2% della popolazione studentesca, con un incremento dal 2007 del 34% (nel 2007 il 2,1% degli studenti).
Prendendo in esame gli alunni con disabilità sensoriale, questi rappresentano il 3,6% del totale degli alunni con disabilità, poco meno di 9.000 alunni. La percentuale maggiore si ha nella scuola secondaria di secondo grado, con il 4,5%, mentre il valore minimo si registra nelle secondarie di primo grado, dove si registra il 3,1%. La quota più rilevante in tutti gli ordini scolastici è quella degli alunni con disabilità intellettiva, quasi 170.000, che rappresentano dal 60,3% degli alunni con disabilità della scuola d’infanzia al 70,2% di quelli della scuola secondaria di primo grado.
«Realizzare questo studio è stato molto importante perché le precedenti indagini del ministero dell'Istruzione non ci permettevano di capire i bisogni reali dei ragazzi», ha spiegato Alessandra Battisti, ricercatrice Istat, “Eppure le disabilità sensoriali, anche se meno frequenti, meritano d'esser oggetto di attenzione, perché più complesse, in quanto spesso associate a disturbi intellettivi o difficoltà di apprendimento”.
Prendendo in considerazione gli alunni con disabilità visiva (collettivo in cui vengono accorpati i ragazzi con cecità e quelli con ipovisione), emerge che fra questi 4 su 10 (42,8%) hanno almeno altre due disabilità e vivono una condizione estremamente complessa, il 32,1% non ha altri deficit e il 25,1% ha associata un’altra difficoltà. I dati mostrano, inoltre, che nel 41,6% dei casi la disabilità visiva è associata a quella intellettiva e nel 36% con un disturbo specifico dell’apprendimento; frequente anche l’associazione con il disturbo del linguaggio (18,3%), con i disturbi evolutivi dello sviluppo (10,5%) o con un’altra disabilità sensoriale (sordità e ipoacusia; 10,1%).
Un quadro di una disabilità che non riguarda solo la capacità visiva e uditiva, ma la possibilità per le persone di entrare in relazione con il mondo circostante, percepito troppo distante non solo per un limite fisico dei sordociechi, ma anche per un silenzio istituzionale che non può più farsi attendere.
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