Welfare

Disabilità e lavoro, si può

Autistici che lavorano per una multinazionale del digitale o per un gigante della consulenza e della revisione. Sordi inseriti grazie a una start-up tecnologica. Storie di inclusione possibile da Milano a Pordenone, da Roma a Foggia. Con l'aiuto di associazioni e fondazioni dedicate, o di aziende nate ad hoc

di Veronica Rossi

«I giovani chiedono di vivere in un mondo fatto di diversità; lavorando con le persone autistiche e formandoci per essere attenti alle loro esigenze abbiamo scoperto un nuovo modo di stare insieme, una convivenza fatta di rispetto reciproco di cui beneficiano tutti, anche i neurotipici».

Patrizia Manganaro è la responsabile delle risorse umane di Ntt Data Italia – fino a poco tempo fa everis –, ramo italiano della multinazionale giapponese Ntt Data, attiva nel campo del system integration, dei servizi professionali e della consulenza strategica.

È molto fiera del progetto di inserimento lavorativo per le persone autistiche che dal 2017 l’azienda sta realizzando con Specialisterne, realtà nata in Danimarca nel 2004, per aiutare i neurodivergenti a entrare nel mondo del lavoro e oggi presente in 23 Paesi. Grazie a questa collaborazione Ntt Data Italia ha assunto, con un contratto di somministrazione a tempo indeterminato, 10 dipendenti nello spettro.

Molti autistici possono avere difficoltà a trovare e mantenere un impiego. Il loro tasso di occupazione – secondo una presentazione dell’associazione Autism-Europe alla commissione per l’occupazione e gli affari sociali del Parlamento europeo del 5 novembre 2019 – è nel nostro continente al 10%, ben al di sotto dei tassi del 47% delle persone disabili e del 72% delle persone non disabili.

Lo scoglio delle soft skills

Il primo scoglio è spesso rappresentato dall’approccio con cui si inizia. "Le persone autistiche richiedono un’attenzione particolare per gli stili di comunicazione e di reclutamento", spiega Simona Ravera, responsabile del recruiting e del job coaching per Auticon (a sinistra, alcune attività formative, ndr), fornitore internazionale di servizi IT che impiega come consulenti solamente persone nello spettro. "Ci possono essere delle difficoltà nelle soft skills", dice, "saper cosa dire e come presentarsi per fare una buona impressione a volte è complesso per loro". Chi si occupa delle assunzioni, quindi, dovrebbe conoscere il concetto di neurodiversità. Specialisterne, per esempio, forma i recruiter delle aziende perché siano attenti ai bisogni dei candidati autistici. Dalla regolazione della luce, al tempo per le domande, passando per il tipo di linguaggio: tutto viene tenuto in considerazione. Il colloquio non è standard, ma non è nemmeno facilitato: a ognuno viene messo in condizione di farcela con le proprie forze.

"Quasi tutti i nostri dipendenti", continua Ravera, "hanno provato a entrare in un mercato del lavoro neurotipico prima di approdare da noi, ma non hanno avuto buone esperienze». L’azienda ha molti contatti con i clinici e le associazioni, canali attraverso i quali gli autistici vengono a sapere dell’esistenza di imprese attente alle loro necessità. In Auticon, ora, lavorano 14 persone nello spettro, di cui solo due a tempo determinato. «Stipuliamo un contratto di sei mesi", prosegue la responsabile del recruiting, "che diventa indeterminato al momento del rinnovo. In back office siamo in sette persone, tre project manager e quattro psicologi, ma non facciamo terapia: cerchiamo solo di fungere da mediatori con il mondo neurotipico".

Non è un caso che molte delle iniziative di inserimento lavorativo per le persone autistiche avvengano nel campo dell’informatica: in questo ambito l’attenzione al pattern, ai dettagli e alla consequenzialità logica sono caratteristiche fondamentali, che molti dei neurodivergenti – anche se non tutti, la variabilità tra gli individui nello spettro è grande come tra chi non lo è – presentano in modo piuttosto marcato.

La responsabile HR: "Persone puntuali e precise"

"Le persone con cui collaboriamo", afferma Manganaro di Ntt Data Italia, "sono generalmente puntuali e precise, molto concentrate sul loro lavoro. Quando sviluppiamo le applicazioni per i nostri clienti abbiamo bisogno di fare tutta una serie di test e di cercare gli errori, compito nel quale i dipendenti che abbiamo assunto tramite Specialisterne sono molto bravi".

I bisogni di chi ha uno stile di funzionamento che diverge dalla norma variano molto – così come quelli di coloro che ricadono nella norma –, ma, in generale, possono essere legati a una maggiore rigidità cognitiva e al sovraccarico sensoriale. Un open space particolarmente rumoroso, per esempio, solitamente non è adatto alle esigenze di una persona autistica e può essere fonte di sofferenza.

Anche l’ottica delle relazioni aziendali legate alla “macchinetta del caffè” rischia di non essere l’ideale, di non mettere tutti a proprio agio. Questo non vuol dire, però, che gli autistici desiderino sempre rimanere soli; molti, al contrario, beneficiano della presenza degli altri e dei rapporti umani.

"Bisogna cercare di essere chiari nelle indicazioni e di non cambiare i compiti in itinere", aggiunge la recruiter di Auticon, "Ognuno è un caso a sé, ma di solito c’è necessità di coerenza e stabilità». Sia le persone assunte da Auticon sia quelle che lavorano tramite Specialisterne sono seguite da un job coach, un esperto che si occupa di dare sostegno psicologico ai dipendenti, svolgendo, quando necessario, una mediazione con l’ambiente lavorativo. (segue)

La diversity manger: "Cercare di parlare in modo più chiaro è servito a tutti"

Anche alla EY – network mondiale di servizi professionali di consulenza direzionale, revisione contabile, fiscalità e transaction – è attivo un progetto di inserimento di persone autistiche, realizzato in collaborazione con la fondazione Adecco e con l’associazione milanese Diesis.

"Ci siamo lanciati in un’iniziativa ambiziosa", dice Doriana De Benedictis, diversity and inclusion leader per l’EY Europa Occidentale, "perché abbiamo deciso di non lavorare solo con individui nello spettro con funzionamento cognitivo nella norma, ma anche con persone con disabilità intellettive".

Al momento sono quattro le risorse inserite in questo modo in EY; tre stanno svolgendo uno stage ai fini dell’assunzione, mentre una ha un contratto a tempo determinato con la prospettiva di un rinnovo. "Siamo parte di una squadra", continua la diversity and inclusion leader, "lungo il percorso ci sono ovviamente anche delle criticità, ma l’importante è affrontarle assieme".

Interagire con individui che hanno un modo di vedere la realtà diverso è arricchente per tutti, fa abbandonare le certezze e mette in discussione concetti che sembravano immutabili. "Cercare di parlare in modo più chiaro ed essere più attenti agli altri", conclude De Benedictis, "ha aiutato tutto il team a stare bene assieme e a lavorare meglio".

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