Welfare

Disabili, stregoni o soltanto bambini?

In Repubblica Democratica del Congo è partito il primo degli otto progetti finanziati dalla Commissione Adozioni Internazionali con l’ultimo bando sulla cooperazione internazionale. Massimo Vaggi: «Il cuore del progetto sono le cure fisioterapiche e la fornitura di protesi per i minori assistiti dalla Fondation Viviane. In RDC la disabilità è considerata un “indice” di stregoneria»

di Sara De Carli

Il primo luglio ha preso il via il primo degli otto progetti finanziati dalla Commissione Adozioni Internazionali con l’ultimo bando sulla cooperazione internazionale, pubblicato a giugno 2020 a dieci anni dal precedente. Entro la fine del mese di luglio partiranno tutti i progetti di cooperazione, segnando così la ripresa di una azione di cooperazione internazionale come strumento di tutela e promozione dei diritti dei minori nel mondo.

Si tratta di un bando che complessivamente ha stanziato quattro milioni e mezzo di euro per otto progetti in Africa, Sudamerica e nel Sudest asiatico: nel 2021, ha dichiarato di recente il vicepresidente Vincenzo Starita, verranno stanziati intorno ai 10 milioni di euro, un importo ben più corposo rispetto allo scorso anno. Intanto la CAI e AICS-Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo stanno lavorando alla firma di un protocollo di collaborazione. «Le adozioni internazionali si possono realizzare solo in quei Paesi in cui viene assolutamente garantito e tutelato il principio di sussidiarietà», ha ribadito Starita. «Pensare di favorire l’istituto dell’adozione a danno dell’attuazione del principio di sussidiarietà significherebbe ledere il diritto fondamentale del minore di vivere all’interno di una famiglia, possibilmente senza doversi allontanare dal suo Paese di origine. In altre parole, lo sforzo che viene fatto attraverso i progetti di cooperazione in cui gli Enti autorizzati sono protagonisti, è quello di favorire e promuovere gli istituti che assicurino il diritto appena enunciato. Questo deve essere l’obiettivo primario da perseguire».

Il primo progetto sul campo, “In gamba, ragazzi!”, si inserisce perfettamente in questa cornice. Si tratta di un progetto di emancipazione e autonomia per i minori svantaggiati della Repubblica Democratica del Congo, un Paese in cui le adozioni internazionali sono bloccate da anni: cooperazione pura. A raccontarlo, nei prossimi mesi, saranno – fra gli altri – Carlo Lucarelli, Valeria Parrella.

Le azioni del progetto si svolgeranno a Kinshasa e a Kananga e i beneficiari saranno 900 minori ospitati in quattro centri di accoglienza o che vivono in famiglie disagiate. Lo scopo è garantire a tutti loro tre diritti fondamentali: diritto alla salute, all’emancipazione, a un nome. Finanziato dalla CAI con 595mila euro, il progetto è stato promosso da NOVA-Nuovi Orizzonti per Vivere l’Adozione e ha per partner in Italia altri tre enti autorizzati all’adozione internazionale (Azione per Famiglie Nuove, International Adoption e NADIA) più una onlus che si occupa di cooperazione, AIS Seguimi. In RDC i partner sono Fondation Viviane, che si occupa di accoglienza dei minori abbandonati e di offrire cure fisioterapiche e protesi per i minori portatori di handicap e PFDU, che gestisce il complesso scolastico UNDONDE a Kananga. Lo staff del progetto è interamente locale, con tre fisioterapisti, un tecnico ortopedico, uno psicologo, un assistente sociale e due assistenti.

«Il cuore di “In gamba, ragazzi!” riguarda le cure fisioterapiche e la fornitura di protesi per i minori assistiti dalla Fondation Viviane, l’obiettivo ragionevole del progetto è garantire cure e protesi a 200 ragazzini. In RDC la disabilità è considerata un “indice” di stregoneria e spesso i bambini con disabilità fanno la fine che le facevano le “streghe” da noi in altri tempi. Non più tardi di un paio di anni fa ho raccolto la testimonianza di una mamma che ha visto suo figlio trattato con riti che prevedono bruciature e ferite. Avere una disabilità in RDC è spesso una scorciatoia per una vita d’inferno: non c’è assistenza e le famiglie non ce la fanno a sostenere un bambino che non produce nulla e che costa in termini di cure. La stessa fondatrice di Fondation Viviane è rimasta su una sedia a rotelle quando aveva 8 anni ed è per questo che ha costruito questa realtà», racconta Massimo Vaggi, presidente di NOVA.

Il lavoro con PFDU riguarda invece più direttamente gli altri due diritti al centro del progetto: la scuola e il nome. «Garantiremo a 380 ragazzi di famiglie disagiate il completamento del ciclo scolastico: il progetto infatti paga un anno di scuola e PFDU ne offre un altro anno, quindi tutti i bambini che sono arrivati in 4 primaria potranno arrivare alla sesta. Il progetto inoltre garantirà la scolarizzazione di altri 230/250 bambini ospiti di alcuni istituti di accoglienza, orfani o abbandonati. Per i bambini degli istituti di accoglienza è prevista un’assistenza sanitaria, con monitoraggio e controllo, cure, le eventuali ospedalizzazioni necessarie», prosegue Vaggi.

Terzo ambito, il diritto a un nome. Il progetto pagherà l’indagine sociale e farà l’iscrizione all’anagrafe per tutti i ragazzini, fra i circa 300 accolti nei quattro istituti di accoglienza, che non sono iscritti all’anagrafe.

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