Sono trascorsi dieci anni dall’approvazione unanime da parte del Parlamento della riforma del collocamento lavorativo delle persone con disabilità, la legge 68 del 1999. Nessuna celebrazione della ricorrenza, anzi, al contrario, la sensazione, in piena crisi, che una delle conquiste più rilevanti del movimento delle persone disabili stia perdendo colpi. Un segnale preciso arriva dalla Cgil che lamenta un “dettaglio” nel pacchetto anticrisi del governo. Nella sua attuale formulazione, infatti, si legge: «Dalla data di entrata in vigore del presente decreto, e sino al conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa pubblica assegnati a ciascuna amministrazione, le amministrazioni e gli enti interessati dall’attuazione del comma 3 del presente articolo non possono procedere a nuove assunzioni di personale a tempo determinato e indeterminato, ivi comprese quelle già autorizzate e quelle previste da disposizioni di carattere speciale». Un testo ambiguo, ma che nella pratica significa: stop alle assunzioni di lavoratori disabili nella pubblica amministrazione. C’è un emendamento, presentato al Senato da quattro senatori del Pd, che potrebbe – se ci sarà la volontà di tutti – evitare questa beffa, con l’aggiunta della frase «ad esclusione di quelle di cui alla legge 68/99». Ci riusciranno? Difficile dirlo, il clima non contribuisce. La disoccupazione, fra le persone disabili, tocca il 20%. Foschi segnali arrivano anche dal fronte della scuola, con i tagli delle classi, l’aumento del numero di alunni per classe, e dunque la concentrazione di alunni con disabilità, a fronte di un minor numero di ore di sostegno. L’Anffas lancia l’allarme e chiede un incontro urgente con il ministro Gelmini «prima che le associazioni si mobilitino». Inutile dire che la Conferenza di Torino, ai primi di ottobre, rischia di aprirsi in una situazione di grande tensione. Un autunno ad handicap.
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