Politica

Disabili garantiti? Che monotonia…

di Franco Bomprezzi

Ha ragione il premier. Sempre il medesimo lavoro per tutta la vita, sai che noia. E’ bello cambiare, avere progetti, mettersi alla prova. Giusto, la penso come lui. Specie adesso, quando vedo attorno a me migliaia di famiglie e di persone, ma persino le associazioni, tutt’altro che annoiate dalla monotonia della vita. Diciamo la verità: che barba tutti quei diritti scritti sulla carta e in qualche modo garantiti una volta per tutte. L’indennità di accompagnamento, ad esempio. La si ottiene in presenza di una certificazione di invalidità del cento per cento, e non è legata al reddito proprio perché è nata con la logica di essere un vero e proprio indennizzo forfettario per consentire a una persona disabile di “colmare l’handicap” con gli altri, dovendo sicuramente spendere assai di più, a parità di situazione, per muoversi, per badare a se stesso, per svolgere le attività quotidiane. Era noioso e monotono vedere questo diritto garantito senza troppe discussioni.

Molto più interessante e vivace questa bella ansia che si sta impadronendo di tutti. Una incertezza creativa, favorita dai decreti, dalle circolari, dalle interpretazioni dei decreti, dalle giravolte politiche, dai grandi studi sociologici che ipotizzano il nuovo welfare senza conoscere per bene il vecchio. Siamo un popolo di creativi, e saremo capaci di inventare. Al momento mi pare che l’esercizio più in voga sia quello della sopravvivenza, anche nervosa, di fronte all’incertezza, allo spaesamento, alla paura dell’ignoto.

Si va avanti cercando di trarre auspici dalle mezze parole, dalle mezze rassicurazioni, dalle mezze promesse. Tutto mezzo, bicchiere mezzo pieno, ma forse adesso soprattutto mezzo vuoto. Che fatica quando la vita non è più monotona. Certo, tanto più che rimanendo al tema del lavoro le persone con disabilità hanno il problema di trovarlo, non di mantenerlo a vita. Il tasso di disoccupazione, e di assoluta rinuncia persino a cercare un’occupazione, è nettamente maggiore rispetto alle percentuali che sono state rese note rispetto ai giovani. Ma ovviamente la disabilità non tocca le corde e i sentimenti di tutti. Anzi, buona parte dell’opinione pubblica sta tornando rapidamente a nutrire sentimenti di pietà, di solidarietà, di compassione. Pensa che con il buon cuore si possa comunque venire incontro ai “bisogni” di chi è “più debole, più fragile, meno protetto”. I diritti sono sulla carta, e addirittura quando ci si appella ai diritti si rischia di dare l’impressione di non aver capito la gravità della situazione economica e finanziaria del Paese-

E mentre ci si preoccupa giustamente di quello che potrebbe accadere attorno alle pensioni di invalidità e all’indennità di accompagnamento, non ci si accorge (si fa per dire) che i tagli nei trasferimenti delle risorse dallo Stato alle Regioni, e di lì ai Comuni, sta avvenendo esattamente come annunciato, in una proporzione impressionante. E questo comporterà soprattutto nei piccoli centri, che non hanno servizi consolidati né bilanci sufficienti, una inevitabile scure sui servizi sociosanitari, e il ricorso, massiccio, a una crescente partecipazione alla spesa. Altro che monotonia, c’è di che non dormire la notte.

Ecco perché oggi la modesta e semplice richiesta che mi permetterei di fare al Governo e ai governi regionali è semplice e diretta: prima di fare ulteriori danni o modifiche frettolose al sistema di welfare, fermate i motori almeno per un anno, fate sedere a un tavolo abbastanza ampio tutti coloro che sono in grado, onestamente e in buona fede, di affrontare i singoli problemi con competenza e conoscenza. E poi ne verremo a capo, tutti insieme. Restituite un po’ di serenità alle famiglie, alle persone, e anche alle associazioni. Costruite speranze, non solo ansie e incertezza.

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