Welfare

Diritti umani/ Daniele Scaglione. Prese il librone e ci stupì tutti

Era stato tra i primi a sostenere Amnesty.

di Daniele Scaglione

Nel saggio di apertura de L?età dei diritti (Einaudi 1990), Norberto Bobbio affronta il tema del fondamento assoluto dei diritti umani. Una decina di pagine semplici e ben comprensibili, in cui Bobbio parla di storicità dei diritti, di diritto positivo e razionale, di giusnaturalismo, di etica e politica per arrivare infine a scrivere che “il problema di fondo relativo ai diritti dell?uomo è oggi non tanto quello di giustificarli, quanto quello di proteggerli”. Sì, è importante confrontarci sui motivi per cui ci troviamo d?accordo nel dire che la tortura è intollerabile, ma molto più importante è darsi da fare affinché nessuno al mondo debba più soffrire a causa della tortura. Al tema dei diritti umani ci si può avvicinare solo con l?obiettivo di alleviare le sofferenze delle persone: questo, a mio avviso, è uno degli insegnamenti più importanti lasciatici da Bobbio, forse uno dei meno ascoltati. Le libertà fondamentali, soprattutto a partire dagli anni 90, sono diventate sempre più argomento di chiacchiere a vuoto negli incontri tra diplomatici, di discorsi retorici pronunciati in varie ricorrenze. Tutte le forze politiche italiane hanno levato un coro di omaggio alla memoria di Bobbio, quelle stesse forze politiche che ancora non hanno dato una legge al nostro Paese né in favore del diritto d?asilo né contro la tortura, che non sono capaci di controllare il commercio delle armi prodotte in casa nostra, che attuano una politica estera priva di impegni concreti sui diritti umani. Norberto Bobbio era stato tra i primi, in Italia, a sostenere Amnesty International. Nel 1981 partecipò all?assemblea generale che la sezione italiana svolse a Rimini. Scelse di parlare contro la pena di morte, in un tempo in cui nel nostro Paese la maggioranza della popolazione ancora sembrava pensarla in modo opposto. Ma lui spiegò che in materia di bene e di male il principio di maggioranza non vale ed esortò tutti gli attivisti a insistere, convinto che il destino della pena capitale era quello di finire tra le ingiustizie universalmente condannate. Quando sono entrato per la prima volta nella casa del professor Bobbio avevo sottobraccio un enorme quaderno. Come Amnesty International stavamo raccogliendo in tutto il mondo taccuini di firme e pensieri in favore della Dichiarazione universale dei diritti umani, di cui nel 1998 si celebravano i cinquant?anni, e per personalità e istituzioni era stato realizzato un grosso volume rilegato. La versione italiana aveva alla terza pagina la firma del capo di governo, alla seconda quella del presidente della Repubblica (rispettivamente Prodi e Scalfaro), mentre la prima era dedicata a Norberto Bobbio che accolse me, Marco Bertotto e Carlo Ottino, suo allievo e a sua volta maestro mio e di Marco. Posammo l?ingombrante librone sulla sua scrivania, Bobbio rifletté un po? su cosa scrivere, poi, anziché scegliere nel suo infinito repertorio, optò per qualcosa che aveva sempre ispirato la sua azione: la Dichiarazione universale stessa, precisamente il primo articolo, secondo cui “Tutti gli esseri umani nascono uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”. Bello fantasticare che, sotto lo sguardo premuroso della moglie Valeria, Norberto Bobbio abbia già ripreso a chiacchierare con Sandro Galante Garrone. L?unica certezza è però che abbiamo perso un grande maestro, dei cui insegnamenti noi italiani ancora non abbiamo fatto tesoro.


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