Cultura
Diritti umani: che futuro lasciamo ai nostri bambini?
In occasione del 30° anniversario della Convenzione dei diritti del bambino delle Nazioni Unite gli studenti del master europeo in diritti umani di Global Campus of Human Rights organizzano a Venezia l’11esima edizione del festival, incentrata quest'anno sui diritti dell'infanzia. Tra i temi la detenzione dei bambini: il prof. Manfred Nowak, segretario generale di Global Campus of Human Rights, ha presentato alle Nazioni Unite lo studio globale dell’Onu sui bambini privati di libertà, di cui è cui autore principale. Ce ne ha parlato Kosta Karakashyan, direttore del festival
Circa 7.2 milioni di bambini nel mondo sono privati della loro libertà. Di questi almeno 410.000 sono detenuti in prigione o in strutture di detenzione preventiva, dove la violenza è endemica. Lo rivela il Global Study on Children Deprived of Liberty delle Nazioni Unite, il cui principale autore è Manfred Nowak, nominato dall’Onu esperto indipendente di diritti. Il prof. Nowak, che è anche segretario generale di Global Campus of Human Rights, ha presentato il suo studio alle Nazioni Unite a Ginevra a novembre, in occasione del 30esimo anniversario della United Nations Convention on the Rights of the Child, (Convenzione dei diritti del bambino delle Nazioni Unite), il trattato sui diritti umani più largamente ratificato in tutta la storia.
Prendendo spunto da queste tematiche gli studenti del master europeo in diritti umani e democratizzazione di Global Campus of Human Rights hanno organizzato, come ogni anno, il film festival dei diritti umani. Giunto alla sua undicesima edizione, si tiene a Venezia il 7 dicembre a Palazzo Michiel, sede dello European Cultural Centre. Il tema scelto dagli studenti è: “Generazioni future: che cosa lasciamo ai nostri bambini?”.
Il team che lavora al festival, composto da 15 studenti, ognuno proveniente da un Paese diverso e con un diverso background, ha selezionato 5 aree tematiche– ambiente, migrazione, detenzione, diritti dei bambini, genere e orientamento sessuale– che sono state messe in relazione con i diritti dei bambini. Il festival accoglierà diversi esperti nel settore, attivisti e professori specializzati su tali temi, che condurranno workshop interattivi e discussioni. L’evento mira a creare maggiore consapevolezza e a sensibilizzare la platea sul tema diritti umani nel mondo e a dimostrare come le persone e le comunità possano quotidianamente fare la differenza.
«Abbiamo scelto il tema della detenzione, dei bambini privati della libertà, perchè è un tema a cui noi studenti del master europeo in diritti umani e democratizzazione siamo molto sensibili», spiega Kosta Karakashyan, direttore di Human Rights film festival.
Karakashyan è un ballerino, coreografo, regista e scrittore bulgaro-armeno.
Free motherhood, di Miguel Angel Herrera, che verrà proiettato al festival, è un film che narra la storia di cinque madri che crescono i loro bambini in prigione. «Il film non parla solo di detenzione, ma anche dell’essere madre e dei diritti dei bambini», spiega Kosta Karakashyan.
«Per sensibilizzare sul tema dei diritti dei bambini, abbiamo voluto selezionare film di giovani cineasti. Abbiamo trovato due film molto interessanti sull’importanza del gioco per i bambini», continua Kosta Karakashyan: It looks Like me, con la regia di Kelly Cristina Spinelli, è un documentario sul gioco e il razzismo, che parla del fatto che nel mercato brasiliano non ci siano bambole nere, ma solo bianche, e del lavoro di un gruppo di artigiani che cerca di combattere il razzismo e la gigantesca industria dei giocattoli fabbricando a mano bambole nere. Brincadique?, del regista portoghese Vinícius Gallon, tratta il tema dell’importanza del gioco per i bambini e per il loro sviluppo.
Il festival affronta infine il tema del genere, dell’orientamento sessuale, e della discriminazione. Time for Love, di Sean Lìonadh, tratta il tema della discriminazione sessuale in Scozia. Il film drammatico di Lukas Dhont, Girl, acclamato dalla critica, ha vinto il Queer Palm prize a Cannes. Kosta Karakashyan presenterà il suo primo film, Waiting for Color, un documentario che usa la danza come medium e tratta il tema delle persecuzioni di uomini gay in Cecenia, ed è ora ospitato in 20 festival internazionali. Parlando del suo lavoro di artista Kosta Karakashyan spiega: «Il mio lavoro è incentrato sul creare più empatia all’interno della società attraverso il movimento e lo storytelling. Penso che la danza sia una pratica molto sociale: si fanno movimenti insieme e si ascolta musica insieme. Attraverso la danza e i film vorrei insegnare alla gente a occuparsi di più degli altri».
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