Volontariato

Dirigenti anziani? A Londra qualcosa sta cambiando

Le charities iniziano ad assumere dirigenti under 40. Per raccogliere le sfide della modernità e avere nuove idee

di Gabriella Meroni

Maschio, bianco e con i capelli d’argento. E’ questo l’identikit della maggioranza dei presienti di organizzazioni non profit britanniche (e non solo). Ma Oltremanica qualcosa sta cambiando, e si potrebbe riassumere con un vecchio slogan: largo ai giovani. Lo riferisce un articolo del Guardian, secondo il quale alcune charities stanno cercando di rompere gli schemi e assumere giovani dirigenti venti-trentenni, riconoscendo che possono portare nuove idee per l’organizzazione, spirito imprenditoriale e l’energia che forse ai dirigenti più anziani ed esperti potrebbe mancare.

In un momento di tagli radicali, osserva pragmaticamente il quotidiano, i dirigenti più giovani costano meno rispetto ai senior che vanno a sostituire. Gary Buxton, che ha iniziato la sua carriera sei anni fa, all’età di 29 anni, dice: “Il presidente è il ruolo più costoso per l’organizzazione, e i giovani sono risorse più economiche.”

Secondo le statistiche d i Acevo (l’associazione che riunisce i dirigenti delle maggiori associazioni non profit britanniche) l’anno scorso il 21% dei direttori di charities avevano un’età compresa tra i 25 ei 44 anni, poco meno dell’anno precedente, e la maggioranza è di età compresa tra i 45 e i 64 anni, che rappresentano ben il 77% del totale. Tuttavia, qualcosa sta lentamente cambiando.

Jenny Berry di Acevo ne è convinta: la demografico tradizionale sta iniziando a modificarsi, e le associazioni cominciano ad assumere giovani presidenti che a loro volta hanno il coraggio di circondarsi di dirigenti giovani. “Molto dipende dalla reazione del direttivo di fronte ai rischi. Molti si attaccano alla opzione più sicura. Il pregiudizio contro i giovani esiste, eccome”. Caron Bradshaw, 40 anni, ex presidente del Charity Finance Group, spiega che molti dirigenti tendono a nominare un direttore generale modellato sulla propria immagine. “La percezione è che se non assumono qualcuno che abbia già titoli sul curriculum il rischio sia enorme. Ma non è sempre vero. Bisognerebbe imparare a pensare a ciò che una persona può portare a un’organizzazione, indipendentemente dall’esperienza”.

Nick Aldridge ha vissuto un’ascesa senza precedenti ai vertici del settore, passando da responsabile delle politiche di Acevo a vice direttore generale nel 2005, all’età di 28 anni. Oggi è amministratore delegato di MissionFish, la charity partner di eBay. Come i suoi coetanei, Aldridge sa che superare colleghi più anziani può provocare risentimenti e tensioni. “C’è la convinzione che i senior debbano ricoprire per forza posizioni di vertice, ma non creo che questo sia essenziale. Conta di più quanto un dirigente sia concentrato sugli obiettivi da raggiungere, tenga insieme la squadra e soprattutto ascolti le persone”.

E poi c’è il digital divide generazionale. I giovani presidenti stanno guadagnando terreno anche perché sono nati in un mondo digitalizzato e possono portare all’organizzazione le competenze essenziali relative a questi mondo che spesso i più anziani non conoscono o fanno fatica a seguire. Oggi in Gran Bretagna il 70% delle charities ha un profilo Facebook e il 50%  è su Twitter. <<MissionFish è molto concentrata sul digitale>>, conclude Aldridge. <<E visto che l’età media qui è 35 anni, non mi sento certo a disagio>>.

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