Welfare

Direttiva bolkesten praticamente un niente di fatto

La direttiva sui servizi è stata approvata con degli emendamenti dal parlamento europeo il 16 febbraio scorso

di Antonietta Nembri

Ho sentito parlare della direttiva Bolkestein. Ho capito che riguardava la condizione dei lavoratori nei servizi e che creava diversi problemi. Ora ho letto che è stata approvata con delle modifiche dal parlamento europeo. Potete spiegarmi che cosa cambia adesso? La prima risposta al quesito del nostro lettore è che per ora non cambia nulla. Il testo emendato e approvato dagli eurodeputati deve essere sottoposto all?esame del Consiglio europeo, per tornare poi al vaglio dell?assemblea di Strasburgo. La domanda del nostro lettore ci dà l?occasione per chiarire alcuni punti. Abbiamo chiesto aiuto a Luca Jahier, responsabile della Rete europea delle Acli. «La prospettiva di questa direttiva era la liberalizzazione dei servizi sia nell?accesso sia nella loro predisposizione. E non si tratta di qualcosa di strano, ma di uno degli obiettivi originari dell?Europa», spiega Jahier che ricorda come la libera circolazione di beni, servizi e persone fosse prevista nel Trattato di Roma del 1957. Jahier ricorda come la direttiva che ha preso le mosse dall?olandese Bolkestein, membro liberale della commissione Prodi, conteneva in sé un principio devastante come quello del paese d?origine (per il lavoratore il riferimento era il luogo sede della società che prestava il servizio e non il paese dove questo veniva espletato). «In una scuola svedese il preside ha fatto una gara d?appalto per rifare il tetto vinta da una ditta lettone con operai lettoni. La scuola ha risparmiato, ma per i lavoratori svedesi può anche essere definita concorrenza sleale», spiega Jahier ricordando che se l?obiettivo della libera circolazione dei servizi, oltre che delle persone e dei capitali, è positivo, si dovrebbe cercare di applicarlo puntando all?innalzamento degli standard e non solo alle logiche del massimo ribasso, dimenticando le tutele e l?esistenza di reali disparità tra i lavoratori. «Occorreva pensare a un?applicazione mediata, alla qualità dei servizi e invece si è persa un?occasione per troppo ideologismo», continua Luca Jahier definendo quella ottenuta una «soluzione tampone, un modo per uscire dall?angolo e che nasce dalla preoccupazione dei lavoratori dei paesi europei storici, ma non risolve il problema della libera circolazione». Solo un rinvio, perché a ben guardare la ?soluzione? cui si è arrivati con la direttiva emendata non è risolutivo. Se è vero che si sono esclusi settori quali la sanità e i servizi sociali, i giochi d?azzardo e le lotterie, i servizi audiovisivi, le professioni legate all?esercizio dell?autorità pubblica (come i notai), la professione di avvocato, restano inclusi i servizi d?interesse economico generale. «Si mira ad applicare le teorie economiche senza tenere conto della realtà, perché quando si dice che liberalizzare i servizi favorisce i consumatori, ci si dimentica che i cittadini per consumare devono avere un reddito e soprattutto non avere paura di scivolare verso il basso», conclude Jahier.


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