Droghe

Dipendenze, i dati sono in crescita ma non esistono le cause perse

Sempre più giovani a rischio per l’aumento delle zone dello spaccio e del consumo di sostanze, spesso mischiate a alcol e psicofarmaci. I numeri, le nuove emergenze educative e le richieste da chi si occupa ogni giorno di accoglienza e ascolto di tanti ragazzi fragili, nel convegno “Dipendenze: era già tutto previsto” che si è svolto a Milano e promosso dall’Associazione Servizi Comunità Reti Educative, Ser.Co.Re, che riunisce chi si occupa da anni del problema delle dipendenze, come la Cooperativa Promozione Umana di don Chino Pezzoli e Fondazione Exodus di don Antonio Mazzi

di Ilaria Dioguardi

«Il problema della droga è in primis esistenziale», ha affermato don Chino Pezzoli, fondatore della Cooperativa Promozione Umana. Ma come arrivare alle radici del problema? È la mancanza di una motivazione interiore e di una forza intellettiva che stimoli a riflettere il problema, secondo don Pezzoli: «chiamiamo le nostre comunità educative perché suppliscono alla mancanza di un’educazione alla maturità. I nostri giovani spesso non hanno uno spessore interiore che li rende capaci di resistere agli attacchi esterni». Sempre secondo don Chino Pezzoli, assistiamo a un aumento vertiginoso delle ricadute, proprio perché è la crescita interiore oggi a non essere più curata. La droga non danneggia solo il corpo, ma anche la psiche e la salute degli altri. I ragazzi che arrivano in comunità quasi non pensano più: «provate a fargli scrivere qualcosa, non lo sapranno fare. Neanche coniugare i verbi. Mancano di un’educazione alla riflessione personale, non si chiedono: curo la mia vita interiore e psicologica? Com’è la mia personalità e cosa può dare agli altri? Per questo abbiamo una gioventù fragile, non abituata alla fatica e impreparata ad affrontare le difficoltà che ci sono sempre nella vita».

Assistiamo a un aumento vertiginoso delle ricadute, proprio perché è la crescita interiore oggi a non essere più curata. La droga non danneggia solo il corpo, ma anche la psiche e la salute degli altri

don Chino Pezzoli

L’attenzione va alle zone che sono già, o stanno diventando, spazi di diffusione della droga. A Milano l’allarme scatta soprattutto a Rogoredo, nel boschetto, ma anche nelle zone tra San Donato e San Giuliano, e si allarga ancora alle periferie. Non può fare abbastanza il controllo delle forze dell’ordine e, con la tolleranza, la diffusione si espande, «è una condizione sociale che sarà sempre più presente», afferma don Pezzoli.

Don Antonio Mazzi, presidente della Fondazione Exodus Onlus, ha lasciato un messaggio in occasione dell’evento: «oltre che fare una Conferenza Nazionale sulle dipendenze dovremmo fare anche una Conferenza Regionale. Inoltre all’interno delle comunità bisogna prevedere équipe multidisciplinari, perché abbiamo bisogno sì di specialisti, ma anche di uno sportivo, di un artigiano, di un musicista, di attività che creino un modo diverso di “fare”. Urge, quindi, un intervento totale che arriva alla famiglia, allo sport, alla scuola, al lavoro, perché parliamo di educazione dei nostri ragazzi».

All’interno delle comunità bisogna prevedere équipe multidisciplinari, perché abbiamo bisogno sì di specialisti, ma anche di uno sportivo, di un artigiano, di un musicista, di attività che creino un modo diverso di “fare”

don Antonio Mazzi

I dati: la polidipendenza e l’evoluzione dei bisogni

Oggi non c’è quasi più “la dipendenza”. È subentrata la polidipendenza, cioè l’abuso di più sostanze, cui si aggiungono alcol e spesso psicofarmaci. Il rischio maggiore, purtroppo ora già molto diffuso, è lo scompenso psichiatrico. A causa delle nuove droghe sintetiche, quando i giovani arrivano al pronto soccorso spesso i medici non riescono neanche a capire cosa hanno assunto. Secondo la Relazione Dpa (Dipartimento per le Politiche Antidroga, ndr) al Parlamento 2023, per il 48,6% dei ricoveri al pronto soccorso non si riesce a identificare la sostanza. «Se prima il rischio era che la droga portasse alla morte, ora dobbiamo far fronte anche ai disturbi psichiatrici, e dobbiamo prepararci a un futuro nel quale questi saranno sempre più presenti», ha affermato Pietro Farneti, direttore della Fondazione Eris Ets.

Stessi cambiamenti riscontrati nelle altre comunità sul territorio, come ha detto Walter Sabattoli, responsabile dell’area dipendenze patologiche Nuovo Cortile scs Onlus: «in questi anni abbiamo vissuto un’evoluzione dei bisogni: dal consumo di eroina si è passati al “supermarket” delle droghe, comprarle e comprarne di vario tipo è molto più facile. È stato stimato che il traffico di droga in Italia genera un fatturato superiore a quello manifatturiero e tessile insieme, è un vero e proprio processo industriale. Il poliabuso è il disagio più diffuso, e parallelamente c’è una crescita delle malattie psichiatriche: in comunità accogliamo sempre di più casi con disturbi della personalità».  

In questi anni abbiamo vissuto un’evoluzione dei bisogni: dal consumo di eroina si è passati al “supermarket” delle droghe, comprarle e comprarne di vario tipo è molto più facile

Walter Sabattoli

Il disagio è sempre più complesso: l’abuso di sostanze spesso porta, o è accompagnato, a disturbi alimentari, autolesionismo, fragilità psichica e problemi giudiziari. «Molti dei ragazzi che vengono accolti hanno uno sviluppo neurologico compromesso» ha affermato Simone Feder, psicologo responsabile dell’area dipendenze alla cooperativa Casa del Giovane. Dei ragazzi ospitati, l’89% ha bisogno della presa in carico da un neuropsichiatra, solo il 9% lo ha già prima di entrare. In aumento anche i dipendenti di seconda generazione, ossia figli di persone con problemi di dipendenza. «Abbiamo ospitato ragazzi nati positivi, cioè che già da neonati risultavano positivi alla cocaina. Questo porta a danni irreversibili» ha continuato Feder.


Le sostanze più consumate

Dai dati diffusi dalla Cooperativa Casa del Giovane emerge che la sostanza primaria è la cocaina (49% dei ragazzi ospitati), seguita da cannabinoidi (36%), poi alcool, eroina, psicofarmaci e dipendenza da azzardo. Dalla relazione DPA al Parlamento del 2023, il sequestro e l’uso di cocaina ammonta a 26 tonnellate, contro le 3,5 del 2018. La cannabis rimane al primo posto come sostanza più usata in Italia con 47 tonnellate e una media di 50 dosi al giorno ogni 1000 abitanti. L’età media del consumo si abbassa, con già a 11 anni il primo consumo di cannabinoidi, e contemporaneamente si allarga, con persone in età matura che iniziano per la prima volta a far uso di sostanze.

Il disagio è sempre più complesso: l’abuso di sostanze spesso porta, o è accompagnato, a disturbi alimentari, autolesionismo, fragilità psichica e problemi giudiziari

Dipendenze: era già tutto previsto

Perché il titolo “Dipendenze: era già tutto previsto?” «Il sistema di cura che abbiamo attualmente è fermo a 30 anni fa, è incapace a far fronte alle nuove esigenze. Sono anni oramai che diciamo che la situazione ha un peggioramento progressivo. Il Covid ha dato una fortissima accelerata al consumo di sostanze, il che è tipico delle grandi crisi, è stato così anche dopo il 2008»,ha spiegato Farneti.

C’è una speranza?

Per Elena Chiarion, psicoterapeuta responsabile di Direzione gestionale e funzionale della Cooperativa sociale Promozione Umana, non ci sono cause perse malgrado l’età, gli anni di dipendenza e le storie che queste persone hanno alle spalle. «La difficoltà sta nel guidare i ragazzi a esprimere le proprie emozioni nella loro interezza: nelle comunità bisogna scavare a fondo e tirare fuori anche ciò che non si riesce a dire in famiglia». E per questo bisogna investire sul rafforzamento della formazione degli educatori. Oggi, trovare educatori non è un compito facile: «spesso gli operatori scappano dalle comunità perché hanno paura del dolore che si trovano di fronte. Bisogna avere cura e rispetto di questo dolore. Se vuoi superare lo stigma devi amare questa sofferenza», ha detto la dottoressa Chiarion. «Abbiamo grossi problemi a trovare educatori e psicologi», ha aggiunto Irene Maglio della Fondazione Exodus Onlus «e quello che ci servirà in futuro ce lo sta già dicendo il presente».

La difficoltà sta nel guidare i ragazzi a esprimere le proprie emozioni nella loro interezza: nelle comunità bisogna scavare a fondo e tirare fuori anche ciò che non si riesce a dire in famiglia

Elena Chiarion

Un ruolo importante è svolto dagli ex tossicodipendenti che una volta finito il percorso in comunità scelgono di restare e ricevere una formazione per occuparsi dei nuovi arrivati. Ciò permette di creare un ambiente con persone che capiscono quanto vissuto dai ragazzi che entrano in comunità e sanno anche come dare una mano.

Fondamentale è il contatto con la realtà, il lavoro sul campo laddove serve: «c’è molta richiesta per entrare in comunità e noi dobbiamo tornare nelle strade come si faceva 30 anni fa», ha affermato Farneti. «Dobbiamo far conoscere l’alternativa per uscire dalla dipendenza».

Foto: Skitterphoto/Pixabay

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