Rapporti
Tossicodipendenze, i 130mila che l’Italia ignora
L’eroina resta la sostanza primaria più usata ma la cocaina è al primo posto tra i nuovi utenti, che sono in aumento e rappresentano il 13,5% delle persone assistite dai Servizi pubblici per le dipendenze nel 2022 in Italia. Un dato neppure percepita dagli italiani. A dirlo è l’ultimo Rapporto Tossicodipendenze. Lo psichiatra Alfio Lucchini: «Bisogna investire sul personale e intercettare il prima possibile le persone dipendenti con reti di intervento comuni»
I Servizi pubblici per le dipendenze – SerD in Italia, nel 2022, hanno assistito complessivamente 129.259 soggetti dipendenti da sostanze, su un totale di 242.373 contatti, di cui 17.497 sono nuovi utenti (13,5%) e 111.762 sono soggetti già in carico o rientrati dagli anni precedenti (86,5%). I dati sono in aumento, nel 2021 i Ser.D hanno assistito complessivamente 123.871 soggetti dipendenti da sostanze (su un totale di 203.920 contatti). Una realtà scarsamente o poco percepita dal Paese.
Nel 2022 sono operanti in Italia 573 Ser.D. La dotazione complessiva del personale dipendente all’interno dei SerD risulta, al 31 dicembre 2021, pari a 5.987 unità. Tra le figure professionali gli infermieri rappresentano il 31,5% del totale, seguiti dai medici (20,7%). Questi alcuni dei dati presenti nel Rapporto Tossicodipendenze. Analisi dei dati del Sistema Informativo Nazionale delle Dipendenze. Anno 2022, dal quale emerge anche che circa l’86% dei pazienti totali sono di genere maschile, con un rapporto di una femmina ogni sei maschi. I pazienti in trattamento sono prevalentemente di nazionalità italiana (91,4%). Le classi di età più frequenti sono quelle comprese tra i 35 e i 54 anni. Il 63% delle persone in trattamento per droga è in carico ai servizi per uso primario di oppiacei, l’eroina rimane la sostanza primaria più usata dall’insieme degli utenti in trattamento, tuttavia la proporzione di persone sul totale dei trattati che la scelgono come sostanza di elezione diminuisce nel corso degli anni. Tra i nuovi utenti la cocaina risulta sostanza primaria d’abuso nel 38,5% dei casi, nel tempo è aumentata la proporzione di persone che richiedono un trattamento per uso di cocaina.
«La rilevazione del Rapporto Tossicodipendenze. Analisi dei dati del Sistema Informativo Nazionale delle Dipendenze è basata su tutte le prestazioni che ogni anno deve fare chi lavora nei Servizi pubblici delle dipendenze e che ogni anno vengono inviate alle regioni, che hanno il compito di raccoglierle e di mandarle al Ministero della Salute entro il 31 gennaio dell’anno successivo. Questi sono i dati ufficiali che il Ministero poi elabora insieme a tutti gli altri dati raccolti negli ospedali», dice Alfio Lucchini, psichiatra, past president Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze, FederSerD e direttore Centro studi consumi e dipendenze, CeRCo di Milano.
Lucchini, cosa riguardano i dati di questo Rapporto Tossicodipendenze?
Riguardano i dati di una parte dell’attività legata alle tossicodipendenze, quella delle droghe illegali: eroina, cocaina, cannabinoidi e poi droghe sintetiche, allucinogeni, psicofarmaci. In questa rilevazione mancano l’alcol, il tabagismo, il gioco d’azzardo, la sexual addiction, la social media addiction. Manca, quindi, una parte fondamentale per capire l’insieme del fenomeno delle dipendenze. La novità delle ultime settimane è che, finalmente, dopo 20 anni che veniva richiesto dagli operatori di servizi, dalle società scientifiche e dagli stessi dirigenti interni dei ministeri, lo scorso dicembre finalmente è stato presentato nel Dipartimento Politiche Antidroga il progetto attuativo per inserire tutte le sostanze nella rilevazione e anche tutti gli interventi di sanità pubblica (come i dati della prefettura e quelli di dipendenze e codice della strada). Dall’1 gennaio 2025 si avrà una rilevazione completa, si tratta di migliorare la rilevazione delle attività che già vengono fatte: questi dati ci sono tutti, ma per un’organizzazione dello Stato vengono raccolti in modo separato. Sono decenni che nei Servizi si curano gli alcolisti, i giocatori d’azzardo. In Italia quasi 10mila tabagisti seguono programmi di disassuefazione nei SerD.
La rivista dell’innovazione sociale
Abbònati a VITA per leggere il magazine e accedere a contenuti e funzionalità esclusive
Questo Rapporto presenta dati del 2022, che entro fine gennaio 2023 le regioni hanno dovuto presentare. Ma sono usciti pochi giorni fa. Con questi tempi non è difficile programmare?
Sì, avere i dati l’anno dopo impedisce una programmazione tempestiva (che si fa a settembre). Una relazione completa di tutti i report dei ministeri, come questo Rapporto presenta, andrebbe presentata a giugno, in modo da avere il tempo per programmare. A luglio di ogni anno viene presentata al Parlamento la relazione annuale sulle tossicodipendenze. Bisognerebbe, a mio avviso, anticipare la relazione a giugno, ma con i dati completi di questo Rapporto (che esce a gennaio dell’ano successivo) in modo da avere qualche mese di tempo per la programmazione. Si può fare se si costruisce una sinergia maggiore tra lo Stato e le regioni, che l’Italia ha sempre avuto difficoltà ad avere.
Sono più di 129mila le persone dipendenti da sostanze assistite in Italia nel 2022 dai SerD, su un totale di 242.373 contatti.
Se mettiamo insieme tutti i dati riguardanti tutto ciò che non viene inserito per ora, ovvero tutte le dipendenze legali, il numero aumenta molto. Le dipendenze da alcol, il ritiro sociale da dipendenza da internet, la deriva economica (se non personologica), che può dare il gioco d’azzardo patologico non sono meno pericolose. Ora finalmente se ne sono accorti tutti e dal 2025 avremo un dato che supererà i 300mila utenti, con il Rapporto che tiene conto anche di queste dipendenze.
Per quanto riguarda il personale, la dotazione complessiva dei dipendenti all’interno dei Serd risulta, al 31 dicembre 2021, pari a 5.987 unità, in calo rispetto ai 6.140 del precedente Rapporto tossicodipendente. Tra le figure professionali gli infermieri rappresentano il 31,5% del totale, seguiti dai medici (20,7%) e dagli psicologi (14,7%).
Questo del personale in calo è un trend, che dal 2010 va avanti. Dei circa 1200 medici che lavorano nei Servizi, soltanto 370 sono psichiatri (circa il 30%), gli altri hanno altre specialità. Se andiamo a vedere regione per regione, in alcune di esse gli psichiatri non raggiungono neanche al 10%. Siccome nessuno nega la grande rilevanza della patologia psichiatrica all’interno delle problematiche delle dipendenze, bisognerebbe investire maggiormente sulla formazione.
Si possono costruire collegamenti tra i servizi, ad esempio tra i medici di medicina generale, i comuni e le associazioni del Terzo settore per attrarre in modo più veloce le persone che hanno problemi di dipendenza. È la sfida di questi anni
Lei spesso parla dell’importanza di accorciare il “tempo di latenza”.
È importante analizzare il lasso di tempo che intercorre da quando una persona inizia ad avere consumi significativi di sostanze a quando si fa curare, il famoso “intervallo senza cura”. Questo è il fattore centrale oggi: il “tempo di latenza”. Quando si dice che bisogna fare interventi precoci, significa intercettare prima le persone problematiche. Nel Rapporto tossicodipendenze si parla anche del tempo di latenza: passano 7-8 anni in media da quando una persona inizia ad avere un problema di dipendenza a quando si fa curare. Questo dato è in leggero miglioramento. Oltre agli investimenti sul personale, bisognerebbe investire nell’intercettare le persone dipendenti il prima possibile e nell’attrezzarsi per mettere insieme attività, servizi, équipe, modalità operative e, più che altro, reti di intervento comuni tra ospedali, territorio, case di comunità, medici di base per diminuire questo tempo di latenza. Per le caratteristiche delle patologie da dipendenza, se una persona per 7-8 anni si crogiola con un problema e non lo affronta, pone riserve altissime sulla possibilità di poter uscire dal suo problema. Bisogna curare subito le persone che arrivano in pronto soccorso, non far superare il problema quando è in acuto e mandarle a casa, ma proporre degli interventi complessivi, seguire insieme la diagnosi e costruire un percorso terapeutico. è fondamentale intercettare le persone e avviarle a percorsi di cura. Si possono costruire collegamenti tra i servizi, ad esempio tra i medici di medicina generale, i comuni e le associazioni del Terzo settore per attrarre in modo più veloce le persone che hanno problemi di dipendenza. È la sfida di questi anni. se tra qualche anno vedremo la media di 7-8 anni passare a 3-4 anni vuol dire che abbiamo fatto qualcosa di molto utile. Per i nostri giovani, tanto per cominciare.
Dal report si evince che c’è un aumento di nuovi utenti e che l’età si abbassa. Cosa ci può dire?
A noi interessa molto che aumentino le persone che si presentano per la prima volta ai SerD. C’è un incremento significativo dei nuovi utenti, dal 12,6% al 13,5%, con una diminuzione d’età dei nuovi arrivati, che hanno un’età media di 35,9 anni (rispetto ai 43,4 degli utenti già in carico o rientrati). All’interno della nostra platea di utenti abbiamo delle caratteristiche diverse. Noi ci occupiamo in primis dei giovani sui quali vorrei fare una riflessione. Che si tratti di bande giovanili o di singole persone (pensiamo a quel gruppo di ragazzi che ha messo il cavo d’acciaio a Milano, in strada, pochi giorni fa), siamo di fronte a episodi che denotano una scarsa visione del limite e a una mistificazione amplificata dai social media che è inaccettabile. Purtroppo spesso, dietro a fatti di cronaca, c’è l’uso di qualche sostanza. Strumenti e attenzione nei confronti dei giovani, per fortuna, stanno aumentando.
Se il mercato illegale di fentanyl e altri oppioidi sintetici decidesse che l’Europa e l’Italia fosse un canale interessante per il suo sviluppo potrebbe “metterci in ginocchio”
C’è un aumento di over-50 tra i dipendenti?
Sì, abbiamo persone in trattamento che hanno più di 50-55 anni. Qual è il punto? Come dicevo, non bastano gli psichiatri, ci vogliono gli internisti, dobbiamo conoscere la medicina in diversi aspetti e l’età della vita per poter seguire le tante persone in cura, con varie patologie. Qui si apre un punto importante all’interno dei Servizi che è fondamentale, che chiamiamo miglioramento nei percorsi di personalizzazione delle cure. È uno sforzo che deve essere fatto sempre di più nell’avere una cura adatta a ogni persona. Dietro questo concetto, conta molto l’età dell’utente. Stiamo introducendo in Italia dei farmaci long-acting che permetteranno di seguire le persone senza farle diventare troppo dipendenti dai Servizi, considerando sempre di più quelle che sono le loro esigenze. Lavorare nei Servizi vuol dire vedere la società. Nel Rapporto si può notare che i dati degli utenti dei Servizi, per quanto riguarda l’occupazione e la scolarità, non sono dissimili dai dati della società in generale: è evidente che lavoriamo con una fetta della società al di là delle divisioni sociali che possono esserci. Fino a un po’ di anni fa non era così. Certamente l’uso di droghe ha sempre una fetta di disagio sociale e anche materiale non indifferente.
Per quanto riguarda le nuove droghe, c’è un “pericolo fentanyl” in Italia, a suo avviso?
Ho studiato ampiamente tutto ciò che sta avvenendo negli Stati Uniti, dove hanno raggiunto 110mila morti in un anno per oppioidi sintetici, fentanyl, ossicodone e altre sostanze simili. Negli stessi Stati Uniti non si superano ogni anno i 10mila morti a causa dell’uso di eroina, cocaina e altre sostanze messe assieme. È una realtà totalmente diversa dalla nostra. Per nostra fortuna, c’è un’altra questione: la realtà organizzativa degli Stati Uniti è totalmente diversa ed è pessima rispetto all’Italia. Lì non c’è neanche una raccolta dati seria. Sono bravi a scrivere le pubblicazioni scientifiche, ma non lo sono nell’inseguire l’andamento dei fenomeni. Poi c’è una modalità prescrittiva, differenziata Stato per Stato, per cui è in mano a medici privati la prescrizione di farmaci, quali l’ossicodone, per la terapia del dolore. Questa prescrizione medica può essere rinnovata su prescrizione infermieristica. In Italia per fortuna è completamente diverso, ci sono tanti controlli di vigilanza sanitaria e farmaceutica per prescrivere farmaci di questo tipo quando necessari. Più che altro, sono presenti i Servizi delle dipendenze e sono efficaci i servizi che curano la terapia del dolore. Però questo non ci consola perché sono sostanze controllate dal mercato illegale. È indubbio che se il mercato illegale di fentanyl e altri oppioidi sintetici decidesse che l’Europa e l’Italia fosse un canale interessante per il suo sviluppo potrebbe “metterci in ginocchio”. Se questi farmaci arrivassero per vie illegali in modo massiccio, la questione diventerebbe complicata.
Come evitare il più possibile di essere “messi in ginocchio” dalle nuove droghe?
È fondamentale un monitoraggio continuo da parte dei Ministeri, è un’attenzione fondamentale. Molte droghe sono anche dei farmaci, si tratta di sostanze pericolosissime, che hanno una capacità di dare dipendenza che è 100 volte superiore ai farmaci che usiamo noi. Il fentanyl dà problemi di dipendenza superiori 100 volte a quelli del metadone. Bisogna migliorare anche legislativamente. Abbiamo già un buon sistema: quando viene sequestrata una nuova sostanza, viene immediatamente analizzata e catalogata e, con un decreto del Ministero della Salute, diventa immediatamente illegale. Quando una sostanza inizia a circolare non è illegale. Bisogna migliorare questo aspetto sempre di più, anche con i dovuti investimenti, affinché le droghe diventino subito illegali e si faccia un’opera repressiva.
Foto di Randy Laybourne su Unsplash
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.