Le dipendenze patologiche sono oggi le forme di malessere più comuni e diffuse nell’Occidente. Tali profili sintomatici, pur nelle loro diverse declinazioni, trovano paradossale sostegno nei valori espressi dal “discorso del capitalista” e nella centralità da questo attribuito al consumo dell’oggetto.
Con la modernità compaiono nel mondo economicamente più ricco e sviluppato le prime eclatanti forme della dipendenza patologica. Alcolismo e tossicomania si manifestano in Europa, nel formato che oggi conosciamo, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. Da allora ad oggi le sudditanze patologiche si sono enormemente espanse, mostrando grande plasticità e presentandosi in modi sempre nuovi: ai tradizionali assoggettamenti all’alcol e alle droghe si sono poi affiancate le dipendenze patologiche da cibo (per eccesso o per rifiuto), gioco d’azzardo, sesso, sport estremi, esperienze, rischio, shopping, vita virtuale; con una cadenza incalzante, forme sempre nuove della sudditanza si aggiungono all’elenco portando con sé nuovi allarmi sociali. La dipendenza patologica è pure un tratto che a vario titolo, e in diversa misura, accomuna tutte le forme psicopatologiche contemporanee, la sua marca distintiva coincide con il ripiegamento del soggetto su se stesso e con il suo sganciamento dall’altro, sia questo inteso come altro essere umano, sia come ciò che con l’altro fa legame, come ad esempio la parola o gli ideali.
Le dipendenze patologiche coincidono, in definitiva, con pratiche di godimento solitario, con forme più o meno raffinate di masturbazione. Se da un lato danno conto del particolare modo con cui il soggetto tratta il mondo, dall’altro testimoniano della spinta propria della nostra epoca, dominata dal “discorso del capitalista”, al consumo illimitato di tutte le risorse. Questo motivo guida il nostro tempo, caduti gli ideali è il consumo stesso ad averne preso il posto. L’espansione dei consumi si accompagna alla frantumazione sociale, alla chiusura individuale sul godimento estraibile dagli oggetti. L’oggetto di consumo, nelle situazioni più gravi, finisce per esaurire nel suo seno tutte le spinte vitali del soggetto.
Viviamo un tempo con poca legge, poca mancanza, poco desiderio e poche speranze. La legge pone le basi per la possibilità stessa che una civiltà possa esistere ma al medesimo tempo impone agli umani la mancanza e istituisce il desiderio. Simile dinamica, base della stessa qualità “umana”, in vario grado è oggi aggirata per mezzo della dipendenza dall’oggetto di consumo, le sudditanze patologiche rivelano così il loro volto di modi inumani per trattare la mancanza facendo a meno dell’altro.
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