Cultura
“Dio converta i violenti”. Le parole di Papa Francesco tra i profughi siriani
I profughi siriani, i giovani disabili, i volontari che "lavorano per la pace e il dialogo": sono loro i protagonisti delle parole di Papa Francesco che, nel suo viaggio in Terra Santa, ricorda come la pace nasca dal dialogo e dalla presenza dell'altro, non dalla corruzione, dalla violenza e dalla riduzione del nostro prossimo a nemico
di Marco Dotti
«La pace non si può comperare, non si vende. La pace è un dono da ricercare pazientemente e costruire “artigianalmente” mediante piccoli e grandi gesti che coinvolgono la nostra vita quotidiana. Il cammino della pace si consolida se riconosciamo che tutti abbiamo lo stesso sangue e facciamo parte del genere umano». Parole forti, quelle pronunciate ieri da Papa Francesco davanti a più di trentamila fedeli nello stadio internazionale di Amman, prima di recarsi all’incontro con i rifugiati e i giovani disabili nella chiesa latina di Betania oltre il Giordano, luogo chiave nella storia del cristianesimo dove Cristo ricevette il battesimo. Luogo da dove, ieri, Papa Francesco ha rilanciato il suo appello affinché cessino le violenze e si trovi pace in Siria.
Nel libro dei visitatori il Papa ha scritto queste parole la richiesta di imparare a camminare con l'anima, i piedi nudi e il cuore aperto: «Desnuda el alma y los pies se acercaban al Bautismo doce tribus de Israel»; «Pido a Dios omnipotente y misericordioso que nos enseñe a todos a caminar en su Presencia con el alma y los pies desnudos, y el corazón abierto a la misericordia divina y al amor a los hermanos. Que Dios sea bueno con todos y reinará la paz. Gracias por ofrecer a la Humanidad este lugar tan especial». (Chiedo a Dio onnipotente e misericordioso che ci insegni a tutti a camminare nella Sua presenza con l’anima e con i piedi spogli, e il cuore aperto alla misericordia divina e all’amore ai fratelli).
Ma la soluzione può essere solo la pace che viene dal dialogo. «La soluzione può venire unicamente dal dialogo e dalla moderazione, dalla compassione per chi soffre, dalla ricerca di una soluzione politica e dal senso di responsabilita' verso i fratelli». Cessino dunque «le violenze e venga rispettato il diritto umanitario, garantendo la necessaria assistenza alla popolazione sofferente. Si abbandoni da parte di tutti la pretesa di lasciare alle armi la soluzione dei problemi e si ritorni alla via del negoziato. (…) Dio converta i violenti e coloro che hanno progetti di guerra e rafforzi i cuori e le menti degli operatori di pace e li ricompensi con ogni benedizione».
L’ultimo censimento risale al 2004, oggi la Giordania ha una popolazione stimata di 6.249.000 persone. Un decimo della popolazione italiana. Più di 1 milione di abitanti risiede nella capitale Amman, ma da quando la situazione in Siria – con cui la Giordania confina a nord – si è fatta critica, sono arrivati quasi 800.000 nuovi profughi. Di profughi, in Giordania, ce ne sono da sempre: quasi la metà della popolazione di questa monarchia costituzionale, indipendente dal 1946, è composta da palestinesi, che di diritto ottengono il passaporto giordano e la cittadinanza. Poi ci sono gli iracheni e, oggi, i siriani.
Dal 1948 al 1967 (fondazione dello Stato di Israele e guerre arabo-israeliane),alla prima Guerra del Golfo del 1990-1991, fino alla di Saddam Hussein la Giordania è stata una delle zone a più alta densità di rifugiati. Oggi, gli arabi sono il 97% della popolazione, popolazione che per il 95% è composta da musulmani sunniti e per il 3% da cristiani.
@oilforbook
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