Welfare
Dimissioni protette, così a Parma anche i più fragili possono tornare a casa dopo un ricovero
A Parma anche chi è in una situazione di difficoltà - come le persone anziane sole, non autosufficienti o parzialmente autosufficienti - può lasciare serenamente un reparto ospedaliero, grazie al progetto che coinvolge la cooperativa sociale Proges e che garantisce una rete di assistenza. Così si evitano istituzionalizzazioni e si intercettano precocemente i bisogni sul territorio
![La facciata di un edificio, sul balcone c'è una bandiera italiana e una europea, in alto c'è scritto "Ospedale maggiore"](https://www.vita.it/wp-content/uploads/2025/02/ospedalemaggioreparma-1024x551-1.jpg)
Armando (nome di fantasia) è di Parma. Non ha figli; ha sempre lavorato nel negozio di famiglia, ma ora è anziano e da qualche anno gli è morta la moglie, così è rimasto solo. Qualche tempo fa, improvvisamente, è caduto in casa, dove abita per conto suo. È stato ricoverato in ospedale, ma al ritorno al suo domicilio non aveva la possibilità di provvedere alla propria assistenza: rischiava di essere istituzionalizzato e di perdere la sua autonomia. Armando, però, come altri nel territorio parmense, è riuscito a rimanere a casa sua dopo l’ospedalizzazione grazie alle dimissioni protette dall’ospedale Maggiore, attivate per il triennio 2024-2026 grazie alla collaborazione tra il Comune e l’Associazione temporanea di imprese – Ati tra la cooperativa Proges, Società Dolce e la cooperativa Famiglia assistence coi fondi del Pnrr. Armando ha potuto avere gratuitamente l’assistenza di una badante per il primo periodo, poi è stato messo in contatto con lo sportello Clissa del Comune, che aiuta a reperire assistenti familiari. Ora ha un’assistente con lui 24 ore su 24 e, assieme alla sua pronipote, la sua sola rete familiare, sa a chi rivolgersi e cosa fare in caso di bisogno in futuro.
Come Armando, sono tanti coloro che non sanno che fare una volta usciti dall’ospedale. Si tratta di persone fragili, senza fissa dimora, anziane non autosufficienti o parzialmente autosufficienti, che hanno bisogno dell’attivazione di un sistema di supporto rapido, per tornare a casa il prima possibile. È per loro che vengono messe in campo le dimissioni protette, che permettono l’attivazione tempestiva – entro 48 ore – e temporanea di sostegno alla domiciliarità, per consentire ai caregiver di organizzare l’assistenza sul lungo periodo, costruendo allo stesso tempo un sistema di assistenza sul territorio . «Il progetto si colloca all’interno di un percorso finalizzato alla strutturazione di una rete il più possibile integrata», spiega Giovanna Garsi, regional manager per l’area della provincia di Parma di Proges, «con l’obiettivo di garantire la continuità dell’assistenza dall’ospedale al domicilio, evitando che i ricoveri possano precludere il rientro nella propria casa. Lo scopo è anche uscire dalla logica prestazionale e offrire protezione alle categorie fragili, andando a intercettare precocemente forme sommerse di vulnerabilità».
Le risposte che vengono date sono flessibili, personalizzate sui bisogni di ciascuno. E sono gratuite, perché rientrano nei Livelli essenziali di prestazioni sociali – Leps. Quando una persona rientra in una delle categorie che necessitano di dimissioni protette, il reparto segnala la situazione al Punto unico di accesso ospedaliero – Pud, che a sua volta comunica al Punto unico di accesso – riferimento del servizio per ogni distretto – se l’utente è o meno già in carico ai servizi sociali. Poi vengono coinvolte le assistenti sociali di Proges, che fanno una visita domiciliare per valutare la situazione, capire quali sono gli effettivi bisogni, se ci sono barriere architettoniche o apparecchiature da prenotare. Così, in accordo con il Pud, viene stilato un progetto individualizzato Sulla base di quest’ultimo, vengono coinvolte le altre figure dell’équipe, che sono un responsabile delle attività residenziali e un operatore socio sanitario tutor della cooperativa dolce e la cooperativa Punto Famiglia assistence per l’attivazione delle assistenti familiari.
Quello di cui cui c’è bisogno, spesso, non è però solo assistenza da parte di chi lo fa per lavoro. «L’esigenza di rientro a domicilio può non richiedere un alto livello professionale», dice Garsi, «ma semplicemente un accompagnamento, per la spesa o per sbrigare pratiche burocratiche. Si tratta di un aiuto che possono fornire anche le associazioni di volontariato, che per questo motivo sono state inserite nella coprogettazione».
Il progetto ha permesso di intercettare e aiutare persone che avevano grande bisogno di aiuto e che non erano ancora state individuate dai Servizi. «Sono emerse delle situazioni al limite, accumulatori seriali che non riuscivano più ad accedere nel loro appartamento, per esempio», conclude la regional manager. «L’obiettivo è scongiurare ulteriori ricoveri, facendo emergere delle difficoltà in modo da approcciare per tempo, prima di avere la necessità di istituzionalizzare la persona».
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