Sostenibilità

Diminuire la dipendenza dai contributi pubblici con la forza della rete

Movimento Consumatori

di Daniela Verlicchi

Il Movimento Consumatori punta tutto sulla rete. Capillare, viva e attiva sul territorio, ha permesso all’associazione, nata nel 1985 con l’obiettivo di tutelare i diritti dei consumatori, di crescere nel tempo, anche in termini di bilancio. Ogni socio “sponsorizza” il movimento con una quota, parte della quale (circa 8 euro su una media di 30 a tessera) finisce nelle casse della sede nazionale. Il resto rimane alle sezioni locali che hanno autonomia giuridica e finanziaria. Ed è a livello locale che il capitale dei soci si moltiplica. Le 59 sezioni di Mc sparse sul territorio offrono una serie di servizi: informazioni, consulenze, campagne informative contro truffe o comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e promozione di gruppi di acquisto solidali. Diventando in sostanza dei centri specializzati nella tutela dei diritti dei consumatori. Associati e non. Questo, oltre a creare un legame diretto con chi li utilizza, produce un capitale di credibilità che l’associazione utilizza per stringere alleanze con associazioni di categoria ed enti pubblici su iniziative specifiche.
Dalla sua, il Movimento può far valere la carta dei suoi 40mila iscritti. La maggior parte dei costi, 700mila euro, viene coperto dal sostegno di enti pubblici (il 60% del totale) o privati a iniziative informative specifiche. Cifre che sono cresciute nel tempo, in parallelo al diffondersi delle sezioni sul territorio: 15 in più negli ultimi quattro anni.
Tra scandali finanziari e crisi economiche, la tutela dei diritti dei consumatori è diventata di stretta attualità: «Da parte delle amministrazioni, enti e cittadini abbiamo notato un interesse maggiore sui temi del consumerismo», conferma Massimo De Grandi, tesoriere del Movimento. Ma nella crescita, non solo economica, del Movimento ha giocato un ruolo importante anche l’adesione alla federazione Arci: «Grazie ad essa abbiamo potuto organizzare serate sui temi che ci stanno a cuore e promuovere il tesseramento anche all’interno dei circoli Arci». Non una ma ben due reti a disposizione per la propria mission. Nonostante tutto questo, le entrate rimangono di derivazione pubblica al 60%: un po’ troppo? «Un certo tipo di iniziative possono essere supportate solo dal pubblico», commenta De Grandi, «per il prossimo futuro vorremmo comunque incrementare i finanziamenti che arrivano dalle quote associative». Come? «Allargando la rete, ma soprattutto “suturandola”». L’idea è quindi quella di creare un organismo fortemente collegato alla sede nazionale ma “federalista”. Una struttura che permetta di contare sempre di più anche nel confronto con le istituzioni.

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