Cultura

Digli come parli e lui parlerà per te

Aiutando i connazionali con pratiche e documenti.

di Andrea Benvenuti

È tempo di bilanci per il servizio di Mediazione linguistico culturale per immigrati. A un anno di distanza, gli uffici stranieri delle questure di Roma, Napoli e Firenze (coinvolti da un progetto pilota finanziato dal ministero del Lavoro a favore del ministero degli Interni) e il Cies (organizzazione non governativa) tirano le somme dando pieni voti all’utilità dell’iniziativa. Sono stati 78 i mediatori linguistico-culturali (54 a Roma, 12 a Napoli e 12 a Firenze) che hanno lavorato per dodici mesi a stretto contatto con gli agenti di polizia: proprio nella “tana del lupo”, ma svolgendo un’importante azione di demolizione di pregiudizi, sia da una parte sia dall’altra.

6804 interventi in dieci mesi
I mediatori, vere e propri professionisti del dialogo, formati nel rispetto della neutralità e del segreto professionale, provenienti dagli stessi paesi di origine degli immigrati, con un buon livello culturale e una corrente conoscenza di più lingue, hanno assicurato prestazioni di interpretariato linguistico e un supporto di tipo culturale e psicologico, alleggerendo sia il lavoro degli agenti (specie durante il periodo dell’ultima regolarizzazione) e orientando migliaia di stranieri all’interno degli uffici di Pubblica sicurezza.
Dal monitoraggio, rilevato fino ai primi dieci mesi del servizio, in particolare nella questura di Roma (dove si concentra il maggior numero di richieste degli immigrati), oltre 11 mila sono state le ore lavorate e 6804 gli interventi dei mediatori, considerando che alcuni casi hanno richiesto anche più interventi. Di questi ultimi, oltre la metà sono stati interventi di sostegno e mediazione interculturale: infatti su 6804 operazioni l’8% è consistito in veri e propri interventi interculturali (il mediatore ha fatto da ponte per una comunicazione altrimenti molto difficile); oltre il 47% in orientamento e informazioni utili alla richiesta specifica dello straniero, mentre il 16% di interpretariato puro e il 29% di sostegno alla compilazione dei moduli – un aspetto anche questo di non poco conto se si pensa che un modulo compilato male provoca ritardi di mesi nelle pratiche. In termini di ore, il servizio si è per lo più concentrato negli uffici e sportelli dei ricongiungimenti familiari (oltre il 35% degli interventi), denunce (21%), permessi di soggiorno (22%), ufficio profughi (15%), trattamento fermati (2,5%), commissariati di zona (0,5%).
Informazioni in tagalog
Ma l’utente straniero chi è? Difficile delineare un profilo unico. Comunque, nel 66,5% dei casi sono persone singole (di cui il 62,5% uomini e il 37,5% donne) mentre nel 33,5% sono accompagnate, per lo più da un familiare (oltre il 40%) o da un connazionale (34%). Ben 120 le nazionalità monitorate dal servizio e 32 le lingue parlate negli uffici stranieri delle questure. Nella classifica delle prime dieci nazionalità che più hanno utilizzato il servizio spunta quella rumena (12%), albanese (4,5%), bengalese (5%), cinese (2%), egiziana (3%), filippina (5%), indiana (2%), peruviana (5%), srilankese (2%), marocchina (3%). Tra le lingue più usate, invece, i mediatori hanno parlato albanese, arabo, inglese, italiano, rumeno, spagnolo, amarico, francese, persiano, tagalog.
Interessante notare come l’italiano è stata una delle lingue più utilizzate, ma va precisato che, se da un lato ciò rileva il grado di inserimento dello straniero, dall’altro nella stragrande maggioranza dei casi l’italiano viene usato dall’utente come primo approccio, mentre in seguito preferisce parlare nella propria lingua di origine.
«Nel complesso un lavoro molto faticoso su tanti fronti, ma entusiasmante» dice Alvaro Sanchez, tutor del servizio a Roma. «Gli agenti, anche quelli più diffidenti, sono rimasti sorpresi dall’utilità del servizio. La nostra presenza all’interno delle questure è stata veramente utile, non soltanto per un motivo linguistico, ma soprattutto per il sostegno che abbiamo potuto dare a utenti e operatori nella migliore conoscenza di comportamenti culturali che ciascun immigrato porta con sé in Italia. Durante la regolarizzazione, in particolare», aggiunge Sanchez, «abbiamo dato una grossa mano per snellire la mole delle domande presentate contribuendo a ridurre la tensione all’interno degli uffici stranieri. E come sempre il servizio si apprezza in corso d’opera e ora che sta finendo questa prima esperienza tanti sono gli agenti e i dirigenti che ci chiedono se il servizio continuerà. Ma questo è tutto da vedere».
L’anno di contratto stipulato con il ministero del Lavoro, infatti, sta per terminare (la scadenza ultima è la fine di gennaio). Ora i responsabili del Cies attendono il rinnovo della convenzione, che dovrebbe avvenire direttamente tra la ong e il ministero dell’Interno, per tutto il territorio italiano.

In attesa di un contratto
«Il nostro impegno rimane e si rafforza, ma non tutto dipende da noi», conferma Elisabetta Melandri, presidente del Cies, «Noi vogliamo dare a questo progetto pilota rilevanza nazionale e mettere in rete, in tutte le questure e i commissariati di zona, la disponibilità di questo servizio di pubblica utilità come già avviene in altri paesi europei. Da questo punto di vista stiamo lavorando affinché si possa rinnovare la convenzione con il ministero dell’Interno». •

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