Welfare
difensore civico, bye bye
Così la Finanziaria fa sparire uno strumento prezioso
Spesso è stato usato male e solo per fini di lottizzazione. Ma l’ombudsman italiano, messo nelle condizioni di funzionare bene, può essere un baluardo per i cittadini. Soprattutto per categorie particolari come i disabili
Alla fine sarà decapitato. Magari fra un anno. Ma sarà decapitato. La sentenza di condanna emessa dall’ultima Finanziaria, del resto, è chiara. «Soppressione» dal primo gennaio 2010, decretata senza mezzi termini, della figura del difensore civico municipale, il cosiddetto ombudsman italiano o, se preferite, all’italiana. Il primo verdetto, facciamo un passo indietro, è del 19 novembre scorso, giorno in cui il Consiglio dei ministri licenzia la bozza del Codice delle autonomie. L’articolo 16 liquida il difensore comunale e istituisce, con un gesto di clemenza, quello provinciale, anzi «territoriale», a cui possono rivolgersi più municipi. Gli enti locali però non sono d’accordo sul riordino del decentramento e il governo anticipa le misure del Codice con la Finanziaria 2010: taglia la testa al difensore comunale e revoca la grazia. L’ombudsman provinciale è rimandato all’approvazione della riforma delle autonomie. Infine, nuovo capovolgimento, il governo pensa forse di far slittare (col decreto Milleproroghe) l’eliminazione del difensore di un anno.
Il destino, tuttavia, è segnato. Difficile che il governo ripristini il garante municipale. Stop, dunque, al difensore civico. Sacrificato sull’altare della lotta agli sprechi proprio da chi ha speculato sulla sua esistenza. I partiti di destra, che materialmente lo hanno eliminato, ma anche di centro e di sinistra. Se l’ombudsman infatti non è mai decollato (esiste solo nel 10% dei Comuni) o ha preso quota a fatica (manca una legge nazionale istitutiva) è perché gli amministratori locali hanno preferito non avere un intruso che mettesse il naso fra le carte o perché, in molti casi, hanno brigato per eleggere uno di fiducia. Una figura, il difensore, che peraltro non ha poteri sanzionatori ma si limita a segnalare abusi, disfunzioni e ritardi dell’amministrazione e a mediare con giunte e uffici per favorire una soluzione extragiudiziale che faccia risparmiare i cittadini, specie chi non può pagarsi l’avvocato, e i municipi.
«Si sta giocando con la semplificazione dei costi della politica», attacca Pietro Barbieri, presidente della Fish. «È mancata una valutazione seria dell’operato dei difensori. Per le persone disabili sono un baluardo, uno strumento fondamentale di ricostruzione dei percorsi di legittimità dell’operato delle pubbliche amministrazioni. Penso alle multe per divieto di sosta inflitte a chi non ha il contrassegno, ai dubbi sull’Isee, alla compartecipazione al costo dei servizi». Più critica sul ruolo dei difensori ma d’accordo sull’improvvisazione del governo, Teresa Petrangolini, segretario di Cittadinanzattiva. «Difficile difendere a priori il difensore così come previsto in Italia. È l’assessorato in più, assegnato al politico trombato e costa di più di uno sportello dei consumatori», taglia corto. Il punto, osserva, è che «non si può sopprimere un istituto, per quanto limitato, senza prevedere nulla al suo posto: il rafforzamento, ad esempio, degli strumenti di tutela degli utenti, la valutazione della qualità dei servizi o il sostegno alle associazioni di difesa dei cittadini».
Barbieri e Petrangolini convengono, invece, sulla soluzione per limitare la lottizzazione degli ombudsmen: lasciare sì la nomina ai consigli comunali ma affidare la proposta dei candidati al terzo settore anche mediante elezioni.
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