Sostenibilità

Difendere l’ambiente fa bene. Anche al portafoglio

Domenico Totaro, commissario dell'Ente Parco

di Redazione

La stabilità dei versanti montuosi è un problema nell’area del parco, così come in tutta Italia. Il mantenimento del bosco, o anche un suo sfruttamento più corretto, possono assicurarci il risparmio di milioni di euro. Faccio un esempio: l’anno scorso, nei pressi di un tratto della strada provinciale tra Spinoso e San Martino d’Agri, fu effettuato un taglio del bosco lungo un versante già considerato a rischio. A causa del taglio, l’apporto idrico è aumentato in quanto gli alberi non frenavano più l’energia della pioggia che quindi ha aumentato notevolmente il suo effetto erosivo. Questo ha determinano una frana che ha distrutto diverse decine di metri di strada». Domenico Totaro, commissario straordinario dell’Ente Parco nazionale Appennino Lucano-Val d’Agri-Lagonegrese, convive da tre anni con leggi e decreti, delibere regionali e comunali. Ma se gli si chiede perché è importante tutelare la biodiversità, non si trincera certo dietro dichiarazioni, articoli e commi che sanciscono il valore della difesa della ricchezza ambientale. Rispolvera l’esprit de géométrie che gli viene dai suoi studi di ingegneria e tira fuori la risposta più semplice: numeri e dati. «A conti fatti, in questo caso, la ricostruzione è costata circa dieci volte di più rispetto al valore ricavato dal taglio del bosco. Quindi mantenere in buono stato un ecosistema conviene alla collettività molto più di quanto si pensi», taglia corto.
La sua è, in un certo senso, una poltrona scomoda. Per tre ragioni. Perché deve confrontarsi quotidianamente con attori istituzionali e sociali che non vedono ancora di buon occhio la nascita del parco, perché non mancano frizioni tra la Regione Basilicata e il ministero dell’Ambiente sugli strumenti di governance e perché, infine, l’area protetta sin dalla sua nascita si trova in una situazione «alquanto particolare». Da una parte, osserva Totaro, la sua mission: la conservazione della biodiversità e la valorizzazione sostenibile delle risorse a beneficio delle comunità locale; dall’altra, l’attività di estrazione di idrocarburi che interessa il territorio. «Conciliare le due realtà diventa una sfida tanto delicata quanto complessa per i molteplici aspetti. Se le estrazioni petrolifere possono rappresentare un rischio potenziale per la conservazione degli habitat e della biodiversità, le risorse economiche che l’attività restituisce al territorio, soprattutto in un momento tanto drammatico dal punto di vista di disponibilità di fondi, penso ai tagli dei fondi ai parchi, può però rappresentare per l’area un’opportunità di non secondaria importanza».
Commissario, partiamo dalla mappa della biodiversità. A che punto sono le vostre conoscenze?
Allo stato attuale i dati in possesso dell’Ente Parco, riferiti allo stato di conservazione degli habitat e della biodiversità, sono assolutamente insufficienti. I dati più aggiornati si riferiscono all’attuale campagna di ricerca e monitoraggio della Rete Natura 2000 della Regione Basilicata, ancora in corso. Senza una conoscenza di base delle dinamiche ecologiche e socio-economiche del territorio, ovviamente non si può pensare di sviluppare modelli o piani di intervento nel campo della conservazione. Per far tutto ciò c’è bisogno di risorse economiche, risorse che possono essere usate, così come stabilito anche dall’accordo Regione-Eni, per migliorare dapprima il grado di conoscenza del territorio e delle sue risorse naturalistiche, e da qui realizzare investimenti che portino ad un benessere collettivo e duraturo. Sì, perché uno dei compiti fondamentali di un’area Parco è quello di sperimentare, innovare, studiare nuove forme di gestione del territorio e delle sue risorse, elaborare dei modelli di sviluppo sostenibile.
Quali sono i punti di forza del Parco che consentono di mantenere elevati livelli di biodiversità?
In primo luogo indicherei la presenza, ancora oggi importante, di attività antropiche compatibili con le finalità di mantenimento e di valorizzazione della biodiversità. Dunque, il mondo rurale. In secondo luogo, gli ambienti montani. Credo si debba prestare particolare attenzione alla tutela di questi spazi attraverso interventi conservativi delle risorse naturalistiche come le foreste, le praterie, il patrimonio zootecnico e agronomico endemico. Il Parco nazionale Appeninno Lucano Val d’Agri Lagonegrese, infine, è un “santuario delle acque”. Infatti si connota come uno dei grandi serbatoi di acqua dolce dell’Italia meridionale. Basta ricordare le grandi captazioni di Fossa Cupa, della Camastra e dell’Agri-Sauro.
Veniamo invece alle dolenti note. Quali sono i fattori di rischio per la biodiversità del Parco?
L’elenco è lungo. Si può partire dalle distruzione e frammentazione degli habitat e dei corridoi ecologici per proseguire con l’alterazione del regime idrologico dell’Agri, a causa degli sbarramenti e della regolazione del livello delle acque a valle della diga del Pertusillo. C’è poi il problema del degrado dei corsi d’acqua; dell’inquinamento atmosferico, soprattutto delle emissioni provenienti dall’area industriale; la perdita di suolo a causa di calpestìo e traffico di veicoli, erosione idrica, artificializzazione degli alvei. Non meno importante sono i fattori di vulnerabilità legati alla fruizione a scopi ricreativi di alcune aree particolarmente fragili con gravi danni alla vegetazione, il bracconaggio, le discariche abusive con materiali tossici disseminate lungo i fiumi e la cattiva gestione del taglio dei boschi e soprattutto il taglio illegale degli alberi monumentali.
L’eno-gastronomia e il comparto agro-alimentare possono essere due leve importanti di sviluppo del Parco. Come vi state attrezzando?
Ormai è dimostrato come anche le piccole produzioni di qualità si stanno imponendo con proprie nicchie di mercato, mercato in crescita in quanto i consumatori stanno diventando sempre più attenti alla qualità dei loro acquisti, soprattutto in campo alimentare. Un altro aspetto importantissimo, riscontrato non solo in Italia ma anche in Europa, è che l’opinione pubblica attribuisce un valore particolare ai prodotti provenienti dalle aree protette, dotate di marchi di qualità dei parchi.
E l’ecoturismo?
Il turismo rappresenta poi un aspetto fondamentale nell’economia e nella programmazione di un’area protetta, seppur occorra stare attenti affinché rispetti tutte le prerogative di un parco. Il ruolo fondamentale del turismo nell’economia locale è dovuto non solo al fatto che ovviamente chi va in visita in un parco dovrà pernottare, mangiare e spostarsi, ma soprattutto perché questo tipo di turismo presuppone anche la realizzazione e manutenzione di diverse infrastrutture e la predisposizioni di tutta una serie di servizi indispensabili.


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