Non profit

Diesse, sul sociale una briciola di unit

Parla Livia Turco ed Ersilia Salvato

di Ettore Colombo

Almeno sul welfare, una convergenza i dirigenti diessini (che si sono spaccati sulla leadership del partito come sulla guerra, sui fatti di Genova come su Tangentopoli) sembrano averla trovata. Esce, infatti, sulle colonne de l?Unità, un documento che s?intitola «Ricchezza della nazione» riecheggiando curiosamente il titolo del libro più famoso di un autore, Adam Smith, che con gli eredi del Pci e di Karl Marx in teoria non ha proprio nulla a che spartire. Il sottotitolo è però più rassicurante: «Più welfare, più diritti, più opportunità, più libertà». Importanti e qualificate, soprattutto, le firme, che abbracciano l?arco di molti tra coloro che, nei Ds, si occupano di tali temi, da Giovanni Lolli (mozione Berlinguer) a Giuseppe Lumia (Fassino), da Tom Benetollo, presidente dell?Arci, a Franco Grillini, presidente dell?Arcigay. Ma le politiche sociali e del welfare, formalmente rette da Olga D?Antona, nei Ds sono da sempre in mano alla ex ministra alla Solidarietà sociale, Livia Turco, una che ci si appassiona a questi temi, schierata con Fassino. Potrebbero incaricarla di coordinarle, nel futuro organigramma, ma lei si schermisce: «preferirei coordinare le politiche sociali della coalizione più che del mio partito?». «In anni tutti dedicati all?obiettivo del risanamento economico e in un clima culturale e politico di certo poco favorevole ai principi dello stato sociale», ricorda, «i governi dell?Ulivo sono riusciti a rilanciare le risorse pubbliche destinate alla sfera sociale, stanziando fondi e promuovendo leggi in settori centrali e delicati come la sanità (riforma sanitaria Bindi), la scuola (riforma dei cicli scolastici Berlinguer) e delle politiche sociali, scelte che hanno coinvolto il mio dicastero». Un altro principio rivendica con forza l?ex ministra, quello che ha orientato la barra dei governi dell?Ulivo e di tutto il centrosinistra verso il principio della sussidiarietà: «Siamo stati la prima coalizione di governo che l?ha introdotta per legge, nella Costituzione, con la riforma federale dello Stato». Ma la Turco non dimentica le riforme incompiute o lasciate a metà, per mancanza di fondi o di tempo: da quella degli ammortizzatori sociali per tutti i lavoratori, non solo dipendenti, al reddito minimo d?inserimento per le persone che vivono in condizioni di povertà. Oggi, però, al governo c?è il polo di centrodestra e la Turco teme «un progressivo processo di destrutturazione del welfare, considerato residuale e delegato tutto e solo al mondo del non profit e al privato sociale, come ci dicono le prime uscite dei ministri Sirchia, Moratti e Maroni. In particolare, mi preoccupano le scelte repressive annunciate nel settore delle droghe». Certo è che, guardando al dibattito interno ai Ds, nemmenola Turco vede un partito che si è particolarmente appassionato e scaldato, nel dibattito precongressuale, sui temi sociali: «Vorrei dei Ds meno distratti e più partecipi su questi temi. A volte mi sento più in sintonia con i cattolici dell?Ulivo che con i miei compagni». Non a caso, sostiene Giovanni Lolli, tra i promotori del documento trasversale sui temi sociali, «le tematiche sociali, presenti in tutte e tre le mozioni, sono state schiacciate, nel dibattito precongressuale, dal problema della collocazione politica e dalla guerra. Le politiche sociali intraprese dai governi dell?Ulivo vanno invece riprese con forza, oggi». Rimane aperto, piuttosto, il problema delle ?due sinistre?, nettamente divise sulla guerra: «Azione comune su salari, pensioni e scala mobile», è l?apertura, improvvisa, del Prc. La Turco replica dubbiosa: «Abbiamo sempre cercato un rapporto unitario con Rifondazione, anche ai tempi dei governi di centrosinistra, ma Bertinotti dovrebbe smetterci d?insultarci, come fa spesso, sostenendo che le politiche dell?Ulivo sono uguali a quelle della destra e subalterne a un?ideologia neoliberista. Queste sono caricature facilmente smascherabili. Spero che lo capisca».

Ersilia Salvato. Salvo solo questo: il disagio e la soffrenza dei singoli
Ersilia Salvato ha compiuto da poco 60 anni ed è sempre stata da una parte, nella sua vita, a sinistra. Ma oggi è stanca. Il suo partito, i Ds, non l?ha ricandidata all?ultima tornata elettorale. Oggi è membro della Direzione, ma non ha più incarichi di rilievo. Al congresso, però, ci sarà e sosterrà Giovanni Berlinguer.
Vita: Che tipo di discussione si è svolta nel suo partito?
Ersilia Salvato: Ho registrato due tendenze forti e contrapposte: da un lato la consapevolezza della necessità di una discussione profonda che ha attraversato i desideri e la passione di molti e molte, dall?altro una sorta di reticenza, quando non di silenzio, calato sul dibattito congressuale all?indomani dell?11 settembre. Ma presto silenzio e reticenza si sono trasformati in afasia totale. Gli attentati e la guerra hanno dimostrato quanto sono vecchie e logore certe nostre parole e bandiere. Del resto, anche l?evoluzione di questa guerra non ci ha permesso o resi capaci di formulare una riflessione attenta sul mondo in cui viviamo. Sto parlando dei promotori e dei firmatari di tutte le mozioni, la mia compresa. Si salva la sofferenza e il disagio profondo dei singoli e delle singole, ma è troppo poco e comunque non all?altezza del maggior partito della sinistra. Ma è l?intera lettura della società italiana dell?ultimo decennio a essere, a mio parere, sorda e afasica. Genova ci dice dell?incapacità di rapportarsi ai movimenti, in una insensata e politicista rincorsa al centro; la Perugia – Assisi ci parla della fragilità drammatica di una sinistra incapace (anche e soprattutto ora che c?è il coinvolgimento diretto delle truppe italiane nelle operazioni belliche) di invocare quella che credevo fosse una richiesta minima per una forza di sinistra, la sospensione dei bombardamenti per creare un corridoio umanitario per i profughi. Una fragilità che mi angoscia.
Vita: Fassino vince con la forza dell?apparato o delle idee?
Salvato: Il paradosso di questa battaglia congressuale sta nel fatto che segna la vittoria di chi invoca la continuità con gli errori del passato e non di chi chiedeva una discontinuità, una rottura. L?istinto di conservazione, ancora una volta, prevale. Ma anche la mozione Berlinguer non è stata all?altezza del compito, ha balbettato. Ad esempio, ribadisco, sul nodo guerra/pace, come anche sul tema della globalizzazione.
Vita: Salvato, ma cosa vuol dire, oggi, essere iscritta ai Ds?
Salvato: I punti irrinunciabili riguardano una pratica politica che, partendo da una lettura attenta della società, sceglie di essere di parte. Oggi si parla tanto, nei Ds, di rappresentare gli interessi generali. Va bene, ma bisogna partire – si diceva una volta – dai più deboli per difendere gli interessi di tutti. Essere di sinistra vuol dire anche essere contro la guerra, una guerra che mi angoscia.

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