Non profit
Dieci suicidi da inizio anno
Il volontariato convocato dal Dap per discutere un piano di prevenzione
di Redazione
Con i due suicidi di ieri salgono a 10 i detenuti che si sono tolti la vita da inizio dell’anno e, proprio in questo momento, nella sede del DAP di Largo Daga 2 a Roma è in corso un incontro tra Sebastiano Ardita (Direttore generale dei detenuti e del trattamento del Dap) e i rappresentanti della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, di Antigone e di Ristretti Orizzonti per la messa a punto di iniziative di prevenzione del suicidio alle quali possano collaborare anche i volontari penitenziari: più di 8mila persone, che garantiscono una presenza in quasi tutte le carceri italiane.
In alcuni istituti di pena, come il “Lorusso e Cotugno” di Torino e la Casa di Reclusione di Padova (dove, purtroppo, si è verificato l’ultimo suicidio in ordine di tempo), i volontari sono già impegnati in “Gruppi di Ascolto” con l’intento di “intercettare” il disagio dei reclusi prima che sfoci in gesti estremi, ma evidentemente a volte non basta.
I DUE CASI
Nella Casa di Reclusione di Padova eri sera si è suicidato Walid Aloui, tunisino di 28 anni. L’uomo era nel carcere di Padova da circa un mese, proveniente dal carcere di Trento. Era ristretto nella Sezione “Protetti”, in quanto accusato di violenza sessuale nei confronti di una ragazza di Trento, fatto che sarebbe avvenuto nel novembre 2008. I “protetti” non possono avere contatti con il resto della popolazione reclusa, perché il tipo di reato di cui sono accusati è ritenuto inaccettabile per il “codice etico” dei detenuti, quindi vivono la detenzione in condizioni di ulteriore emarginazione, senza poter accedere alle attività cosiddette “trattamentali” (scuola, lavoro, sport, etc.).
Inoltre Walid era ristretto, assieme a due compagni, in una cella che misura 3 metri X 2 (più un piccolo bagno annesso), uno spazio al di sotto dello standard minimo di “vivibilità” previsto, che è di 3,5 mq a persona. Per situazioni analoghe lo Stato Italiano è già stato condannato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, che ravvisa gli estremi del “trattamento inumano e degradante” quando un detenuto non ha a disposizione almeno 3,5 metri quadri di spazio.
Nella Casa Circondariale di Fermo ieri pomeriggio si è ucciso Vincenzo Balsamo, di 40 anni. L’uomo è stato trovato impiccato nel bagno dai compagni di cella, che hanno immediatamente lanciato l’allarme. Nonostante il pronto intervento della polizia penitenziaria e dei sanitari delle Croce Verde, per Balsamo non c’è stato nulla da fare: il suo cuore, che aveva cessato di battere da diversi minuti, non è più ripartito. Sulla vicenda ha aperto un fascicolo la Procura della Repubblica di Fermo. Al momento l’ipotesi più accreditata è quella del gesto estremo, anche se la vittima non aveva dato alcun segno di voler tentare il suicidio. L’uomo fino a poco prima della tragedia aveva giocato tranquillamente a carte con gli altri detenuti, poi si era appartato in bagno. I compagni di cella, non vendendolo rientrare, si sono preoccupati e, quando hanno aperto la porta, si sono trovati di fronte alla macabra scena. Balsamo ieri aveva effettuato il colloquio settimanale con lo psicologo del carcere ed era apparso tranquillo: era anche un consumatore di droga e una settimana fa era scappato dalla Comunità dove era stato provvisoriamente trasferito.
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