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Dichiarazione universale dei diritti o dei doveri?

Il 10 dicembre di settant'anni fa, l'assemblea generale delle Nazioni Unite adottava la "Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo". Ma già nel 1943, Simone Weil aveva messo in guardia: non sui diritti, ma sui doveri si edifica il rispetto dell'essere umano

di Marco Dotti

E se anziché sui diritti avessimo puntato sui doveri? Non è solo questione logica, ma di sostanza. Perché tra affermare che ogni essere umano ha diritto a rispetto e libertà e che ogni essere umano deve rispettare l'altro, la sua dignità è la sua libertà, c'è uno scarto radicale. Ontologico. Da un lato è la pretesa – rispettata o meno che sia – a fondare il "mio" diritto.

Dall'altro è l'obbligo, il legame verso la persona a radicarlo. Cambiando l'ordine dei fattori (prima la pretesa o prima il diritto), il risultato cambia.


La questione fu chiara, fin da subito, a Simone Weil che elaborò una bozza di preludio a una "Dichiarazione universale dei doveri verso l'essere umano".

La "Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo" venne firmata il 10 dicembre 1948, pochi mesi dopo apparve il testo – scritto però a Londra, nel 1943, della Weil che, in nuce, contiene tutte le critiche possibili a una nozione di diritto inteso come pretesa.

Ecco che cosa scriveva la filosofa francese.

«La nozione di obbligo sovrasta quella di diritto, che le è relativa e subordinata. Un diritto non è efficace di per sé, ma solo attraverso l’obbligo cui esso corrisponde; l’adempimento effettivo di un diritto non proviene da chi lo possiede, bensì dagli altri uomini che si riconoscono, nei suoi confronti, obbligati a qualcosa. L’obbligo è efficace allorché viene riconosciuto. L’obbligo, anche se non fosse riconosciuto da nessuno, non perderebbe nulla della pienezza del suo essere. Un diritto che non è riconosciuto da nessuno non vale molto.

Non ha senso dire che gli uomini abbiano dei diritti e dei doveri a quelli corrispondenti. Queste parole esprimono solo differenti punti di vista. La loro relazione è quella da oggetto a soggetto. Un uomo, considerato di per se stesso, ha solo dei doveri, fra i quali si trovano certi doveri verso se stesso. Gli altri, considerati dal suo punto di vista, hanno solo dei diritti. A sua volta egli ha dei diritti quando è considerato dal punto di vista degli altri, che si riconoscono degli obblighi verso di lui. Un uomo, che fosse solo nell’universo, non avrebbe nessun diritto, ma avrebbe degli obblighi.

La nozione di diritto, essendo di ordine oggettivo, non è separabile da quelle di esistenza e di realtà. Essa appare quando l’obbligo entra nel campo dei fatti; di conseguenza essa comprende sempre, in una certa misura, la considerazione degli stati di fatto e delle situazioni particolari. I diritti appaiono sempre legati a date condizioni. Solo l’obbligo può essere incondizionato. Esso si pone in un campo che è al di sopra di ogni condizione, perché è al di sopra di questo mondo»

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