Qualche minuto prima di salire al secondo piano, dove la commissione di maturità si sarebbe insediata, mentre sorseggiavo il caffè al bar della scuola, Micol si è avvicinata e mi ha messo sotto gli occhi una foto scaricata da Facebook, poi con il consueto sarcasmo adolescenziale ha detto: «Quella di latino la riconosci subito, è la più brutta». Tra gli studenti di terza F si è diffuso il terrore: l’insegnante è severa. Ho sorriso, salutato Micol e guadagnato le scale per raggiungere l’aula dove c’erano i commissari d’esame. Sono seguiti i nostri nomi, le strette di mano, le domande sulle scuole di provenienza, ma di insegnanti brutte neppure l’ombra. Il presidente, subito dopo, ha comunicato che la docente di latino era assente, oggetto di uno di quei mali improvvisi che da anni colpiscono gli insegnanti il giorno della maturità, e che sarebbe stata sostituta.
Il professore di filosofia quando ha saputo che insegno ginnastica si è avvicinato e mi ha detto entusiasta che è un campione di triathlon (corsa, nuoto e ciclismo) della sua categoria (over 50), e abbiamo discettato di corpo e mente, dello sport nell’antica Grecia e del benessere psicofisico. Insomma c’è stato subito feeling. A stupirmi più di tutti, però, è stato il presidente della commissione di maturità, il quale mi ha preso in disparte e sottovoce ha detto: «Professore, la conosco, dieci anni fa mio figlio è stato suo alunno». Il giorno della prova di italiano (quasi tutti hanno scelto la traccia sull’amore) e di quella di latino, il presidente mi ha preso sottobraccio e ha raccontato quanto gli aveva riferito il figlio, oggi medico oncologo, sugli episodi accaduti in palestra nel corso dei cinque anni, tra i quali quello famoso quando presi il megafono in dotazione al bidello Salvatore per le assemblee studentesche, per farmi ascoltare durante una lezione anche dai più distratti. Il presidente rideva, Micol e compagni approfittavano per copiare la versione di latino. Gli orali sono prossimi, e metà esame è già alle spalle.
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