La nuova mutualità
Diamo fondo alla creatività cooperativa
Sostiene i lavoratori che rilevano, con i workers buyout, le imprese in crisi di cui sono dipendenti, finanzia le start-up innovative, promuove la sostenibilità e la parità di genere presso le coop associate: alla scoperta di Coopfond, il fondo mutualistico di Legacoop. Parla l'amministratore delegato, Andrea Passoni
Il fondo mutualistico di Legacoop, Coopfond, ha compiuto da poco 30 anni: è nato infatti nel 1993, il tempo di applicare la legge (la 59/1992) che, un anno prima, istituiva i fondi per tutte le cooperative: un versamento obbligatorio del 3% degli utili realizzati per creare una leva in grado di sostenere le singole realtà nelle loro fasi di sviluppo o di trasformazione, di crisi se necessario. La mutualità rappresentata bene.
Nell’ultimo bilancio di sostenibilità di Coopfond (quello del 2021-23, presentato a gennaio 2024), il presidente Simone Gamberini, ricordava, per esempio, il sostegno del fondo mutualistico alla transizione verso sostenibilità e impatto, come previsto dal Piano strategico 2021-23: «In questi anni Coopfond ha lavorato cercando di promuovere questa transizione in azioni concrete».
Di Coopfond Andrea Passoni è l’amministratore delegato. Classe 1982, brianzolo di Vimercate (Mb), laureato in filosofia, con un master in Economia della Cooperazione e uno in Programma di sviluppo manageriale, Passoni ha cominciato a lavorare nel mondo cooperativo nel 2010, arrivando alla direzione del fondo mutualistico nel marzo del 2023, dopo una lunga esperienza in Legacoop Toscana.
Passoni, il movimento cooperativo esprime continuamente una domanda di innovazione. E voi, con le vostre leve finanziarie, siete certamente parte della risposta. Quanto è impegnata Coopfond in questa direzione?
È una delle direttrici principali lungo cui si muove il nostro Piano strategico e a cui è improntata, di conseguenza, la nostra attività. Camminiamo verso questo obiettivo sia sostenendo gli strumenti di sistema dell’universo Legacoop, a partire dalla Fondazione Pico – il Digital innovation hub della cooperazione – di cui siamo soci fondatori, sia portando avanti progetti come il programma Cooding – Cooperative digital innovation goals. Contribuiamo così a rispondere a una domanda alta e crescente. Perché le cooperative sono ben piazzate nella rivoluzione digitale in corso, ma innovare è una necessità permanente
Delle grandi trasformazioni a cui è chiamato oggi il mondo imprenditoriale, non di meno quello cooperativo (soprattutto per i valori che incarna), c’è la sostenibilità. Qual è l’impegno di Coopfond a sostegno delle cooperative?
L’attenzione alla comunità in cui sono inserite le imprese e alle generazioni future è nel dna della cooperazione. Questa propensione naturale alla sostenibilità è messa in pratica e sostenuta nelle scelte quotidiane: a partire dai criteri di sostenibilità che ora consideriamo nel valutare ogni richiesta di finanziamento. Ma dobbiamo essere noi per primi a dare l’esempio: così è nato ed è cresciuto il nostro Bilancio di sostenibilità. Ed è alimentato da questa consapevolezza lo sforzo che stiamo mettendo in campo per essere un ponte tra finanza cooperativa e non cooperativa, per attrarre nuovi investimenti intercettando quei mondi che finora poco hanno considerato la cooperazione ma che proprio qui potrebbero trovare una consonanza di valori e finalità.
E come fondo esso stesso? Nell’allocazione delle risorse che criteri seguite? (Esg, etici, esclusioni, ecc).
Da qualche tempo abbiamo appunto introdotto il rating di sostenibilità, che si affianca a quello finanziario nel valutare le richieste di finanziamento che ci vengono sottoposte. Le cooperative sanno che questo è un capitolo importante su cui i loro progetti saranno esaminati. Ma non ci fermiamo qui. Così oggi le cooperative che richiedono un nostro intervento finanziario possono scegliere se stabilire insieme alcuni obiettivi legati alla sostenibilità: Coopfond supporta questo percorso anche attraverso dei contributi a fondo perduto, e se al termine del periodo prestabilito questi obiettivi sono raggiunti, premia il lavoro fatto dall’impresa attraverso uno sconto sulla remunerazione prevista per l’intervento.
E invece, per quelle risorse che, arrivano dalla cooperazione e che investite?
Coopfond adotta un vincolo etico agli investimenti effettuati: vale a dire le risorse investite mediante gestioni devono privilegiare investimenti in strumenti con un buon rating di sostenibilità.
La cooperativa è spesso il modello di molte start-up. Coopfond ha un’attenzione a questo mondo?
Fin dal 2013 abbiamo dato vita al programma Coopstartup, che ha lo scopo di sperimentare nuovi processi di promozione cooperativa tra i giovani, in ambiti inesplorati e in nuovi mercati, introducendo innovazioni tecnologiche, organizzative e sociali. In poco più di dieci anni abbiamo promosso così – attraverso 37 bandi territoriali – la nascita di 100 startup cooperative, ma intendiamo fare molto di più.
Vale a dire?
Siamo infatti convinti che la forma cooperativa sia la risposta ideale a molti bisogni sociali di persone e comunicazione: vogliamo ulteriormente aprirci, entrare in nuovi circuiti, rendere a tutti più comprensibili i vantaggi che offre la cooperazione non solo per la società nel suo insieme, ma anche concretamente per chi voglia realizzare i propri progetti.
Ancora oggi la cooperazione racconta storie esaltanti di workers buyout: aziende storiche, marchi importanti salvati dai lavoratori che si associano e le rilevano. Spesso col vostro aiuto. Ci può parlare di quello che Coopfond fa a questo riguardo?
Le imprese salvate dai lavoratori sono uno degli esempi più emblematici del ruolo che la cooperazione può giocare, aprendo opportunità là dove il capitalismo non ne vede. Dal 2008 abbiamo sostenuto, investendo 25,2 milioni di euro, ben 71 workers buyout in tutto il Paese, dalla Sicilia al Piemonte. Cooperative nate da 1.515 soci che hanno salvato non solo 1.790 posti di lavoro ma un know-how cresciuto negli anni e radicato nei territori. Sono imprese che erano fallite come società di capitali, ma anche aziende che avevano bisogno di ricambio generazionale o sequestrate alle mafie.
In quali settori, Passoni?
In settori di forte radicamento cooperativo, ma anche nella farmaceutica o nella moda, dove la cooperazione ha sempre saputo dare prova di sé in modo coinvolgente e interessante.
Si parla proprio in questi giorni di quote rosa nei cda delle quotate (un libro del giornalista Ferruccio Pinotti dedicato a Berlusconi ricorda che la legge che le introdusse ha prodotto risultati importanti su scala europea, ndr). Creare imprese al femminile è certamente una via più concreta e duratura: cosa fate a sostegno dell’imprenditoria cooperativa femminile?
L’anno scorso, insieme a Legacoop, abbiamo lanciato il bando CoopstartupHER, proprio per sostenere il decollo di nuove cooperative femminili: abbiamo stimolato ben 35 progetti, che hanno ricevuto opportunità di accompagnamento per riuscire a decollare. Con il bando Leila, inoltre, abbiamo promosso la certificazione della parità di genere tra le nostre imprese, per dare visibilità e valore a un obiettivo così importante. Nel nostro piccolo continueremo su questa strada, ma sappiamo che non basta.
Che cosa manca?
Le quote rosa hanno una propria funzione, ma quel che occorre è un cambio di paradigma più complessivo, accompagnato da riforme capaci di promuovere – nel quotidiano – una società più equa.
La foto in apertura, i vincitori di Coopstartup ChangeMaker, 2024. Le foto sono dell’ufficio stampa di Coopfond.
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