Non profit
Diamanti: «Politica distante? No, la colpa non è solo sua»
Il sociologo: «Il Terzo settore non pensi solo a produrre ma ricominci a riflettere e ad aggregare. Così stanerà i partiti»
In una recente ricerca ha raccontato di un’Italia divisa fra due diversi modi di intendere lo Stato, i rapporti sociali, l’economia. E di una politica lontanissima da queste differenze e da questi confronti, arroccata sulla finzione mediatica. Due piani che non si incontrano. Il sociologo Ilvo Diamanti è uno degli osservatori più lucidi del momento.
Vita: Professore, dunque la politica ha abbandonato la società civile, l’associazionismo…
Ilvo Diamanti: Non è proprio così. Nell’ultimo decennio si è assistito al ritiro della politica e della sua organizzazione dalla società e dalle sue dinamiche e sempre più, almeno dagli anni ’80 in poi, assistiamo alla delega da parte dello Stato al privato sociale. Ciò accade per diversi motivi, ma innanzitutto per ragioni di costo economico. Il Terzo settore tende quindi a interpretare il ruolo di Stato o di mercato, anche se non profit, indebolendo la funzione originaria da cui era sorto e cioè organizzare risposte alle istanze della società. Una situazione abbastanza rischiosa…
Vita: Più supplenza che iniziativa dal basso…
Diamanti: Sì e infatti negli anni ’80, assistiamo ad un ridimensionamento dei soggetti associativi grandi e nazionali e ad una stagione di successo per le piccole associazioni. I cittadini cominciano a vedere nell’associazionismo soprattutto offerta di servizi, ne rilevano soprattutto l’aspetto produttivo, ancorché senza fine di lucro. Aumenta – almeno nella percezione – una sorta di solitudine sociale dell’italiano: lasciato dalla politica, da una parte, e dall’associazionismo dall’altra. Ecco allora che restano la protezione della casa, degli affetti, le reti familiari e amicali. Contemporaneamente, sempre come percezione, diminuisce il tempo di impegno dedicato al volontariato.
Vita: Torniamo alle elezioni, chi perde da questo arroccamento della politica intorno al livello mediatico?
Diamanti: Io credo che perdano tutti. C’è un grande bluff, si continua a sovrastimare il peso effettivo dei media. Chi come il centrosinistra, aveva una legame tradizionale con il mondo sociale, di raccordo più diretto con il territorio – penso alle tradizioni associative della sinistra e dei cattolici – rischia molto di più.. Insomma manovrare la dimensione mediatica non è facile, se dall’altra parte c’è un Berlusconi.
Vita: Da cosa scaturisce questa scelta della politica?
Diamanti: Dall convinzione che non esista più domanda di valori, di partecipazione, di identità. Ma anche se i partiti si sono ritirati dal piano sociale, rimangono pesanti come un tempo, in termini di condizionamento e di controllo.
Vita: Dove andiamo allora? Quale scenario si intravede, almeno nel medio periodo?
Diamanti: Non so come ne usciremo, né quando. Certo che questa situazione sfida la società civile. Non può perdurare il ritiro della politica dalla società e il contemporaneo basso contatto delle associazioni. Guardiamo cosa accade negli Usa: la politica è molto simile a quella di casa nostra, tutta mediatica, tutta giocata sull’immagine. Ma oltre Oceano c’è un tessuto associativo a maglia stretta: fondazioni, ong, ecc. Se la nostra società civile non si concepirà solo in termini economici, solo in termini di Terzo settore, ma riprenderà una proposta ideale, culturale, di valori, incoraggiando aggregazione e fornendo occasione di partecipazione, questa tendenza potrebbe essere invertita.
Vita: Quindi oggi lei non riscontra questa attitudine nelle associazioni italiane?
Diamanti: Se si eccettua il popolo di Seattle è piuttosto debole. A mobilitare il territorio restano i localismi, cioè quelle aggregazioni intorno all’identità locale e i vari comitati civici, sempre generati da emergenze di sicurezza della persona e della proprietà ma che, come spiegano recenti ricerche britanniche, alla fine hanno successo proprio perché sono soprattutto occasione di partecipazione. Soddisfano la domanda forte della società.
Vita: Cosa farebbe la politica, se riprendesse questa dimensione aggregativa del Terzo settore?
Diamanti: Se le associazioni ricominciano a dar voce alla società, la politica sarà costretta a rispondere. Mancando questo veicolo i cittadini sono condannati ad essere interpretati da percentuali di sondaggio e di indice d’ascolto.
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