Politica

Dialogo tra Aldo Bonomi e Marco Revelli. Un calcio alla politica

Un timido tentativo alle amminIstrative. Finito molto male. Ma due pensatori vicini al movimento avevano avvertito: la politica è una logica tribale.

di Redazione

Zero virgola. Il movimento ha provato ad affacciarsi alla politica in occasione delle recenti amministrative. E ne è uscito con le ossa rotte. Se chi ha fatto questa scelta avesse ascoltato il monito lanciato poche settimane fa da Aldo Bonomi e Marco Revelli, forse avrebbe potuto capire in quale inutile errore stava cadendo. Per questo abbiamo pensato di riproporre la trascrizione di quell?incontro, organizzato proprio da Vita, in occasione di Civitas. Il tema dell?incontro era, Volontariato, alibi o alternativa al potere. Ma il dialogo tra Bonomi e Revelli è approdato presto alla politica. «La politica, definita come potere sovrano sopra un territorio, sta diventando il luogo del particolare. Il volontario applica al contrario un?etica universalistica», ha spiegato Marco Revelli. Allora si può fare a meno della politica per costruire un altro mondo possibile? Ecco il dialogo tra Revelli e Bonomi. (G.F.) Vita: Cominciamo dalla domanda fondamentale: chi è oggi il volontario? Marco Revelli: Il volontario è una figura antica e nuovissima. è qualcuno che si spende al di là di quanto gli richiede la società. Il Novecento aveva ridotto la dinamica sociale a un gioco di coppia perverso. Intorno allo Stato e al mercato si strutturava la vita collettiva. Vi era chi riteneva che lo Stato fosse l?unico regolatore della vita associata e chi, all?opposto, pensava che questo ruolo spettasse al mercato. Una coppia apparentemente antitetica. In realtà un connubio fondato sulla connivenza. Lo Stato permetteva la sopravvivenza del mercato e il mercato offriva risorse alla funzione dello Stato. Il Welfare state è stato questo. Questa coppia era esclusiva. Tendeva a monopolizzare l?intera sfera delle relazioni e delle risorse a scapito di un terzo elemento: il sociale, la società, le relazioni basate sullo scambio non economico, non lucroso. La logica del dono, quella economia informale e morale che aveva caratterizzato un tratto dell?umanità, ma che era stata spianata nel corso del Novecento. Nel momento in cui il mercato cessa di costituire una fonte pura di creazione di ricchezza e anzi distrugge socialità e territori, la sfera delle relazioni sociali riemerge. Il volontario è chi lavora dentro questa dimensione, che non si contrappone allo Stato e al mercato, ma pensa di poter coesistere con entrambi. In una propria autonomia e funzione vitale. Il volontario non lavora per un domani indefinito, ma si impegna qui e ora. Vita: Bonomi, lei ha introdotto il concetto dello ?stare nel mezzo?. Quale il significato di questa dimensione? Aldo Bonomi: Il Novecento è pieno di due concetti potentissimi: l?autonomia del politico, in cui c?era l?intellettuale organico o non organico che pensava agli altri. Il fatto scardinante è che il volontario mette in crisi l?autonomia del politico che pensa agli altri senza accompagnare i processi. Il volontario parte dal suo fare e reinterpreta i percorsi; si posiziona per stare al livello del suolo. In una società a capitalismo maturo e avanzata, il volontario è un costruttore di legame dentro una società anonima che non riesce a trasformare in valori condivisi in processi di modernizzazione. Di fronte alla globalizzazione non riusciamo a ricostruire valori comuni. La società è muta da questo punto di vista. Vita: Il volontario vive in una condizione di debolezza d?identità. Una chance o un handicap? Revelli: Le identità forti tendono a distruggere e usano le risorse esterne per confermare se stesse. Le identità deboli sono, al contrario, aperte alla trasformazione. La debolezza tiene lontani gli aspetti bellicosi. Questo status pone dei problemi. L?area del volontario è costantemente vittima di aggressioni della politica e dell?economia. Vita: La politica come nemica? Bonomi: Rispetto al mercato il volontario deve evitare di diventare il terminale del conservatorismo compassionevole e caritatevole. Il mercato tende a trasferire flussi in modo che i volontari si occupino degli ultimi. Bisogna rifiutare questa collocazione. Ma bisogna opporsi anche all?interpretazione dell?autonomia del politico che si vanta di saper legiferare in modo che tutto si mantenga. Lo deve fare non come soggetto politico, ma come co-lavoratore che sta con i soggetti sul territorio. Vita: Il problema della pluralità di anime pone una questione di rappresentanza. Siamo reduci dall?esperienza fenomenale del G8 di Genova, ma la rappresentanza di queste energie ha lasciato molte perplessità. Revelli: Ho l?impressione che continuiamo ad attribuire alla politica un ruolo che non ha più. La politica, definita come potere sovrano sopra un territorio, sta diventando il luogo del particolare. Per dirla con Max Weber «è buono ciò che è utile ai miei». Il volontario applica al contrario un?etica universalistica. Padre Ernesto Balducci distingueva fra la logica delle tribù e la logica dell?uomo planetario. La politica è il riferimento degli uomini delle tribù, l?uomo planetario tende al benessere e alla sopravvivenza dell?umanità. In modo provocatorio, l?essenza della politica oggi è Le Pen e il tentativo di circoscrivere la propria comunità nazionale perché ciò che proviene dall?esterno è antagonistico alla logica del politico. La politica al di fuori dello Stato nazione è un luogo particolare. I movimenti che si collocano oltre la politica tradizionale mal si prestano a essere ridotti alle categorie classiche. La politica come vertice di una gerarchia delle decisioni generali e il volontario come figura del particolare. Questo equilibrio si sta rovesciando. E il volontario applica un?etica universalistica. I movimenti che si collocano oltre la politica tradizionale mal si prestano a essere ridotti alle categorie classiche. I portavoce non hanno più senso di esistere. Ognuno porta la propria voce. Siamo di fronte a galassie plurali di punti di vista. I movimenti di Seattle, Genova e Porto Alegre vivono ancora questa ambiguità di essere per una parte, dentro le dinamiche politiche del Novecento, e insieme vanno oltre. Destra e sinistra sono categorie ancora valide come ideali. Gerarchia contro uguaglianza. Il problema è che oggi la casella di destra è affollata, quella di sinistra è vuota. Nello spazio globale la sinistra è svanita, perché ha raggiunto il picco nel secolo scorso quando dominavano Stato e mercato. Lo Stato doveva riorganizzare una società ingiusta. Quel meccanismo si è spezzato quando le forze sociali sono uscite dalle fabbriche e hanno invaso il territorio. Qui la sinistra non è riuscita a decodificare né le nuove figure del lavoro né i valori universali. Oggi la palla deve passare a forze estranee alla politica. Debolezza non significa incapacità di incidere. L?uomo volontario che resta sul territorio ha conoscenze infinitamente superiori al sorvolatore, che arriva e se ne va in un breve lasso di tempo. Bonomi: Per superare questa politica bisogna continuare il racconto sociale. Dobbiamo continuare a produrre rumore per farci sentire anche dai sordi. La politica deve cambiare perché cambiano le pratiche sociali. La sinistra ha pensato, sbagliando, che il volontariato potesse sostituire le masse. Il volontario, invece, è il protagonista delle pratiche dal basso. Info: La trascrizione completa sul sito di Vita, www.vita.it, nella sezione Clubvita


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