Salute
Diagnosi prenatale, arriva quella low cost? La proposta del ministro è al vaglio della Conferenza Stato-Regioni.Ma gli esperti avvertono: «Già oggi è una pratica abusata» di Sara De Carli
Legge 194 Nel piano Turco maggiori esenzioni dai costi
di Redazione
Diagnosi prenatale di massa. È già una realtà, ma il fenomeno potrebbe crescere ulteriormente se sarà approvata la bozza di intesa per la migliore applicazione della legge 194 che il ministro Livia Turco sta per spedire alla Conferenza Stato-Regioni. Un capitolo di questo documento è infatti dedicato alla diagnosi prenatale. Tra le novità, l’esenzione dai costi anche per questo tipo di esame.
Cominciamo a capire qual è la situazione. «C’è una deriva commerciale», spiega Patrizia Vergani, ginecologa al San Gerardo di Monza. «L’offerta di prestazioni, soprattutto nel privato, ha determinato un ricorso abnorme a metodiche invasive come l’amoniocentesi e la villocentesi, indipendentemente dai fattori di rischio». Un numero lo dà Ettore Cariati, direttore dell’Unità per le diagnosi fetali del Meyer di Firenze: in Toscana nel 2006 sono state fatte 12mila amniocentesi su 30mila parti: più della metà erano donne sotto i 35 anni che, non essendo “a rischio”, hanno pagato l’esame di tasca propria (fino a 700 euro). Per Faustina Lalatta, genetista della Mangiagalli di Milano, «la diagnosi prenatale è per le donne a rischio: gli esami a richiesta, che si basano solo sul feto, creano moltissimi falsi positivi».
Mettere mano al sistema pare necessario: per questo Tullia Todros, presidente della Società italiana di ecografia ostetrico-ginecologica, promuove la bozza del ministro. «Sui test genetici lo screening a tappeto non serve, ma per le malformazioni rilevabili con l’ecografia morfologica si può fare ancora molto: oggi il sistema è disorganizzato e molte donne non riescono a fare questa ecografia – l’unica che serve – nella settimana giusta, la 20esima. Servono centri specifici per lo screening, professionisti dedicati e un’organizzazione del sistema».
Dalla Toscana viene un’idea concreta: rimpiazzare il ricorso all’amniocentesi con un programma di screening fatto alla 12esima settimana con la translucenza nucale, un esame non invasivo. I dati sperimentali dimostrano che si ha lo stesso risultato (il 75% delle diagnosi) a un prezzo molto inferiore (di feti abortiti più che di soldi). «Dobbiamo offrire un’alternativa», dice Cariati. «Non possiamo dire “sei giovane, non preoccuparti”, perché anche le donne giovani hanno paura di non avere un figlio sano e perché la maggior parte delle gravidanze è tra i 30 e i 35 anni, una fascia intermedia. Bisogna puntare sulle alternative non invasive e distogliere dalla diagnosi invasiva chi non ne ha bisogno. Da noi il 70% si è fermato lì: e tra questi non è nato neanche un down».
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