Mondo
Di troppa burocrazia si muore
Marco Vitale, ex commissario della Missione Arcobaleno
È la grande lezione che ho imparato nella mia esperienza in Kosovo.
Il modello da seguire è
il Friuli. Lì la grinta e la volontà del popolo furono ben sostenute in chiave
non burocratica, ma con una grande autonomia,
dalla Protezione civile
Ex commissario della Missione Arcobaleno in Kosovo, Marco Vitale è la persona giusta per indicare la strada per sciogliere il vero nodo del dopo emergenza: come rimettere assieme le tessere della comunità abruzzese. E ancora: come non disperdere le migliori energie del volontariato travolte dalla task force della Protezione civile? L’economista milanese ha ben presente un modello da seguire: quello del Friuli.
Vita: In un contesto limite come quello aquilano, con un intervento di Protezione civile così imponente, quale spazio ha il volontariato per esprimere la sua vocazione sociale e comunitaria?
Marco Vitale: Le mie osservazioni sono di carattere generale e non si riferiscono specificatamente all’Abruzzo. Il problema sollevato è di enorme importanza e richiede una seria riflessione. Mi risulta che nei prossimi mesi sarà oggetto di analisi approfondite in varie sedi appropriate. Cerchiamo di vedere i punti fermi. Siamo orgogliosi e soddisfatti della nostra Protezione civile, che è una delle migliori del mondo. Le ragioni di ciò sono molteplici ma una è sicuramente quella di aver saputo intelligentemente fare leva su associazioni di volontariato animate dalla volontà, dalla generosità e dallo spirito di sacrificio che solo il volontariato sa offrire. Io ho visto all’opera queste associazioni al tempo della guerra del Kosovo e ne ho grandemente ammirato lo slancio, lo spirito e la professionalità. La Protezione civile ha rafforzato l’operatività di queste organizzazioni ma non le ha create. La maggior parte delle associazioni di volontariato esistevano prima della protezione civile. Come ha detto l’economista inglese Marshall, «un governo potrà curare un’ottima edizione delle opere di Shakespeare ma non potrà mai scriverne una». In Kosovo, dove la Protezione civile italiana non c’era, ho visto associazioni di volontariato anche minori fare cose meravigliose proprio sul piano sociale e comunitario, perciò bisogna riflettere in buona armonia e con spirito costruttivo per trovare l’equilibrio migliore tra inquadramento e flessibilità propria del volontariato.
Vita: Può esistere un volontariato governato da due leggi parallele e difficilmente comunicanti? Si deve continuare a dividere tra volontariato tout court e volontariato delle emergenze?
Vitale: Io credo che sia scritta nei fatti la distinzione tra volontariato delle emergenza e volontariato dell’assistenza sociale, culturale e comunitaria, ma entrambi devono potersi esprimere rapidamente senza essere soffocati dalla burocrazia. Ho visto campi di emergenza costruiti mirabilmente e celermente dall’Associazione Alpini. Ma nelle tende ad intrattenere e a fare scuola ai bambini non c’erano gli alpini bensì esponenti del volontariato. In Kosovo il rappresentante dell’Unmik, la missione Onu, incitandoci ad agire secondo le direttive di massima ma con grande autonomia e decisione, mi disse: «Di troppo coordinamento si muore».
Vita: Quali strumenti aiutano di più le comunità a riprendere in mano il futuro? Microcredito, animatori di comunità, esperti in progettazione partecipata, altro?
Vitale: Le comunità abruzzesi sono forti ed evolute. Ricordo il terremoto del Friuli, che allora frequentavo intensamente per ragioni di lavoro, che in effetti segnò il decollo di questa forte regione grazie alla volontà e alla grinta del suo popolo, ben sostenute in chiave non burocratica ma con una grande autonomia dalla Protezione civile, che fece là la sua prima grande esperienza, e dal governo. Io credo che in Abruzzo ci sia un analogo rimbalzo, anche se la sua classe politica e amministrativa non appare tutta affidabile ed onesta com’era quella friulana. Non credo che gli strumenti da voi indicati siano utili nella fattispecie. È piuttosto importante ricostruire velocemente, fare leva sulla popolazione dando loro i mezzi perché pensino a ricostruire le loro case, tagliare le unghie a ladri e mafie, rimettere a posto rapidamente ospedali, scuole, università e connessioni di ogni tipo. Animare la solidarietà degli abruzzesi emigrati (in Friuli la vicinanza e la partecipazione dei friulani emigrati fu fondamentale). Se fossi il capo del governo chiederei all’Unione Europea una deroga (certamente giustificata nella fattispecie) per un ampio e generoso programma di esenzione fiscale sia per i nuovi insediamenti, sia d’impresa che personali, che per le famiglie colpite del terremoto. Essendo solo un consigliere Fai sono contento che proprio il Fai si sia fatto carico di sistemare la famosa Fontana delle Novantanove Cannelle di L’Aquila, simbolo di questa bellissima città.
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