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Devoluzione del patrimonio: cosa succede se un ente esce dal Registro Unico del Terzo settore
Come viene normato l'obbligo di devolvere l’incremento patrimoniale per gli Enti di Terzo Settore che perdono la qualifica? La risposta degli esperti di "Milano Notai"
Le discipline speciali sugli enti senza scopo di lucro richiedono generalmente che gli statuti prevedano l’obbligo di devoluzione del patrimonio, in caso di scioglimento, ad un altro ente avente la medesima qualifica, previo parere –nella maggior parte dei casi – dell’autorità vigilante di riferimento.
È questo il caso delle onlus, degli Enti di Terzo Settore-Ets, delle Associazioni Sportive Dilettantistiche-Asd e degli enti di cui all’art. 148, comma 8 del Tuir e, in precedenza, anche delle Organizzazioni di volontariato di cui alla L. 266/91 e delle Associazioni di Promozione Sociale di cui alla L. 383/2000.
Nel Codice del Terzo Settore (D.Lgs 117/2017) accanto all’ipotesi di devoluzione dell’intero patrimonio in caso di estinzione dell’ente, l’obbligo di devoluzione è previsto anche per l’organizzazione che viene cancellata dal Registro Unico Nazionale del Terzo Settore-Runts e continua ad operare senza la qualifica Ets. In quest’ultimo caso la devoluzione è limitata all’ l’incremento patrimoniale realizzato durante il periodo temporale di iscrizione al Registro con la conseguenza che, l’ente può mantenere il patrimonio eventualmente preesistente a tale iscrizione.
Questo particolare obbligo gravava anche sulle onlus non per disposizione di legge, bensì in base alla prassi dell’amministrazione finanziaria.
La “devoluzione senza scioglimento” fu introdotta per le onlus inizialmente con la circolare ministeriale del 26 giugno 1998, n.168 attraverso la sostanziale equiparazione, ai fini della destinazione del patrimonio, tra perdita della qualifica di onlus e scioglimento dell’ente. A tale conclusione – recitava la circolare – si perviene in considerazione della ratio della disposizione normativa che impone la devoluzione in caso di scioglimento, che è intesa ad impedire all’ente, che cessa per qualsiasi ragione di esistere come Onlus, la distribuzione del patrimonio, costituito anche in forza di un regime fiscale privilegiato, o la sua destinazione a finalità estranee a quelle di utilità sociale tutelate dal decreto legislativo 460/97.
Questa interpretazione, anche per la mancanza di una disciplina di riferimento, è rimasta a lungo inattuata per lungo tempo.
L’Agenzia delle Entrate è tornata sull’argomento con la circolare n. 59 del 31 ottobre 2007, introducendo una distinzione in merito al patrimonio tra l’ipotesi della devoluzione in conseguenza allo scioglimento e quella della sola perdita della qualifica, precisando che, solo nel primo caso, l’obbligo era riferito all’intero patrimonio dell’ente (come previsto dalla norma di riferimento) mentre nel secondo era invece limitato «all’incremento patrimoniale realizzato nei periodi d’imposta per i quali abbia fruito della citata qualifica».
Tuttavia l’inserimento di detto obbligo devolutivo in un atto di prassi, per di più privo di indicazioni sulle eventuali conseguenze del suo mancato rispetto, si è rilevato di non agevole applicazione.
Queste disposizioni di legge e di prassi riferite alle onlus non trovavano applicazione ad enti dotati di altre qualifiche quali le Organizzazioni di volontariato disciplinate dalla L. 266/91 e le Associazioni di promozione sociale di cui alla L. 383/2000. Le leggi da ultimo richiamate non disciplinavano l’ipotesi della devoluzione a seguito della cancellazione dai rispettivi registri né vi era una prassi dell’amministrazione finanziaria al riguardo, trattandosi di registri gestiti e vigilati dalle Regioni e non dall’Agenzia delle entrate come l’anagrafe delle onlus.
Il Codice del Terzo Settore come noto ha abrogato le citate normative 266/91 e 383/2000 prevedendo che le Odv e le Aps iscritte nei rispettivi registri regionali trasmigrassero automaticamente nel Runts con l’obbligo per queste ultime di adeguare i propri statuti alle disposizioni contenute nella nuova disciplina.
Tra gli adeguamenti richiesti vi è anche l’obbligo di devoluzione dell’incremento patrimoniale in conseguenza della cancellazione dal Runts.
L’8 agosto u.s. è stata pubblicata sul sito del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali la nota direttoriale n. 11508 che affrontando il tema all’obbligo di devoluzione dell’incremento patrimoniale che grava sugli Ets che perdono la qualifica, precisa che ai fini dell’individuazione del termine di decorrenza del lasso temporale di riferimento per il calcolo dell’incremento patrimoniale da devolvere nel caso di Odv, Aps e onlus, non si debba fare riferimento all’effettiva iscrizione nel Runts ma alla precedente iscrizione nei registri di riferimento.
Per quanto riguarda le onlus la posizione del Ministero si pone in continuità con la prassi dell’Agenzia delle entrate. Come noto, per le onlus l’iscrizione al Runts non è automatica ma avviene all’esito di una specifica istanza dell’ente.
Il Codice del Terzo Settore esclude l’obbligo devolutivo per il passaggio dall’Anagrafe onlus al Runts garantendo quindi una continuità tra le due qualifiche, che impatta anche sull’obbligo devolutivo in caso di perdita delle stesse.
Lasciano invece perplessi le conclusioni a cui giunge il Ministero in merito alle Odv e Aps trasmigrate al Runts dai previgenti registri regionali in assenza di una precedente analoga previsione devolutiva.
Una Odv o una Aps che ha deciso di rinunciare alla propria qualifica prima del passaggio al Runts continuando ad operare come associazione non ha infatti dovuto devolvere il patrimonio incrementatosi nel periodo di permanenza nei registri regionali mentre oggi una analoga organizzazione che decide di cancellarsi dal Runts è tenuta- secondo il Ministero- a prescindere dal tempo di permanenza in quest’ultimo registro- a privarsi del patrimonio incrementato prima che tale obbligo venisse introdotto.
Le autrici di questo approfondimento fanno parte dello studio Milano Notai, specializzato, fra l’altro, nella normativa su non profit e Terzo settore.
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