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Determinazione delle sanzionidisciplinari per il personale del Corpo di polizia penitenziaria eper la regolamentazione dei relativi procedimenti, a norma dell’art.21, comma 1, della L 395/90
di Redazione
Decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 449 (in Gazz. Uff., 20
novembre 1992, n. 274, s.o.). — Determinazione delle sanzioni
disciplinari per il personale del Corpo di polizia penitenziaria e
per la regolamentazione dei relativi procedimenti, a norma dell’art.
21, comma 1, della legge 15 dicembre 1990, n. 395.
TITOLO I
Capo I
Art. 1.
Sanzioni disciplinari.
1. L’appartenente al Corpo di polizia penitenziaria che viola i
doveri specifici e generici del servizio e della disciplina indicati
dalla legge, dai regolamenti o conseguenti alla emanazione di un
ordine, commette infrazione disciplinare ed è soggetto alle seguenti
sanzioni:
a) censura;
b) pena pecuniaria;
c) deplorazione;
d) sospensione dal servizio;
e) destituzione.
2. Le predette sanzioni devono essere graduate, nella misura, in
relazione alla gravità delle infrazioni ed alle conseguenze che le
stesse hanno prodotto per l’Amministrazione o per il servizio.
3. Il provvedimento che infligge la sanzione deve essere motivato.
Art. 2.
Censura.
1. La censura è una dichiarazione di biasimo con la quale vengono
punite:
a) le lievi trasgressioni;
b) la negligenza in servizio;
c) la mancanza di correttezza nel comportamento;
d) il disordine della divisa o l’uso promiscuo di capi di
vestiario della divisa con altri non pertinenti alla stessa;
e) il contegno comunque scorretto verso superiori, pari
qualifica, dipendenti, pubblico.
2. é inflitta, per iscritto, dal direttore dell’ufficio dal quale
il trasgressore gerarchicamente dipende.
Art. 3.
Pena pecuniaria.
1. La pena pecuniaria consiste nella riduzione in misura non
superiore a cinque trentesimi di una mensilità dello stipendio e
degli altri assegni a carattere fisso e continuativo.
2. Con tale sanzione vengono punite le seguenti infrazioni:
a) la recidiva in una mancanza punibile con la censura;
b) l’esercizio occasionale di commercio o di mestiere
incompatibile;
c) l’inosservanza dell’obbligo di mantenere la permanenza o la
reperibilità;
d) la manifesta negligenza nel prendere visione dell’ordine di
servizio;
e) l’omessa o ritardata presentazione in servizio fino ad un
massimo di quarantotto ore;
f) la grave negligenza in servizio;
g) il ritardo o la negligenza nell’esecuzione di un ordine;
h) l’irregolarità nell’ordine di trattazione degli affari;
i) l’inosservanza del dovere di informare immediatamente i
superiori della ricezione di un ordine la cui esecuzione costituisce
manifestamente reato;
l) l’inosservanza delle norme che vietano lo svolgimento di
attività politica nei casi previsti dalla legge;
m) l’inosservanza delle norme che regolano i diritti sindacali
degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria:
n) l’emanazione di un ordine non attinente al servizio o alla
disciplina o eccedente i compiti di istituto o lesivo della dignità
professionale;
o) l’omissione o l’imprecisione nell’emanazione di ordini o di
disposizioni di servizio;
p) l’inosservanza del divieto di influire, direttamente o
indirettamente, sulla scelta del difensore da parte del detenuto o
dell’internato;
q) il contegno sconveniente con i detenuti o gli internati ed il
servirsi di essi per scrivere lettere, domande o rapporti;
r) le parzialità manifeste, i modi inurbani, gli abusi di
autorità coi dipendenti o coi detenuti o gli internati, i motteggi e
le ingiurie rivolti a questi ultimi;
s) la tolleranza delle indebite introduzioni e dei traffici di
generi nello stabilimento;
t) la trascuratezza nel sorvegliare i detenuti o gli internati,
particolarmente se incaricati di servizi speciali, in modo da rendere
possibili abusi da parte dei medesimi;
u) la infedeltà in servizio, manifestata col rivelare ad estranei
o a detenuti o internati fatti relativi al servizio stesso o
riguardanti i processi in corso, o coll’occultare le mancanze dei
detenuti o internati o coll’asportare dall’ufficio documenti o copie
di qualsiasi natura;
v) il procurare ai detenuti o agli internati viveri, bevande, ed
altri oggetti;
z) il ritardo ingiustificato nel consegnare ai superiori oggetti
sequestrati ai detenuti o internati;
aa) il comprare o vendere, il dare o ricevere in prestito dai
detenuti o internati qualsiasi somma od oggetto, al di fuori dei casi
rientranti nei compiti d’istituto;
bb) il turpiloquio abituale e le bestemmie, specialmente alla
presenza dei detenuti o internati;
cc) l’ingerenza negli affari relativi ai processi dei detenuti,
il far commissioni di qualsivoglia natura per conto dei detenuti o
internati;
dd) il maltrattare i detenuti o internati;
ee) il servirsi senza permesso per uso particolare di oggetti di
pertinenza dell’Amministrazione o destinati a servizi o a vantaggio
della medesima;
ff) l’inesattezza o l’ingiustificato ritardo nel riferire sulle
infrazioni dei dipendenti e dei detenuti o internati.
3. La pena pecuniaria è inflitta dal Provveditore regionale, previo
giudizio del Consiglio regionale di disciplina.
Art. 4.
Deplorazione.
1. La deplorazione è una dichiarazione scritta di formale
riprovazione, con la quale vengono punite le seguenti infrazioni:
a) la recidiva entro sei mesi delle infrazioni già punite con la
pena pecuniaria;
b) il dare prove manifeste di negligenza nel comando o nel
mantenere la disciplina;
c) il frequentare luoghi, persone o compagnie sconvenienti con
evidente offesa alla dignità delle funzioni;
d) il contrarre debiti con i dipendenti;
e) l’alterco con i colleghi o con altri operatori penitenziari in
presenza dei detenuti;
f) il fare eseguire ai detenuti lavori senza autorizzazione;
g) l’introdursi nelle sezioni ove sono ristretti detenuti di
sesso diverso, senza autorizzazione;
h) gli atti diretti ad impedire o limitare l’esercizio dei
diritti politici o sindacali o del mandato di difensore o di
componente di un organo collegiale previsto dalle norme del Corpo di
polizia penitenziaria;
i) la negligenza nel governo o nella cura delle condizioni di
vita o di benessere del personale o nel controllo sul comportamento
disciplinare dei dipendenti;
l) la negligenza o l’imprudenza o la inosservanza delle
disposizioni sull’impiego del personale e dei mezzi o nell’uso, nella
custodia o nella conservazione di armi, mezzi, materiali,
infrastrutture, carteggio e documenti;
m) l’addormentarsi in servizio;
n) le indebite osservazioni in servizio, il censurare l’operato
dei superiori, il seminare malcontento fra i colleghi;
o) la tolleranza di abusi commessi dai dipendenti.
2. Essa comporta il ritardo di un anno nell’aumento periodico dello
stipendio o nella attribuzione della classe di stipendio superiore, a
decorrere dal giorno in cui verrebbe a maturare il primo beneficio
successivo alla data nella quale la mancanza è stata rilevata.
3. La deplorazione può essere inflitta anche in aggiunta alla pena
pecuniaria, in relazione alla gravità della mancanza.
4. La deplorazione è inflitta dal Provveditore regionale, previo
giudizio del consiglio regionale di disciplina.
Art. 5.
Sospensione del servizio.
1. La sospensione dal servizio consiste nell’allontanamento dal
servizio per un periodo da uno a sei mesi, con la privazione della
retribuzione mensile, salva la concessione di un assegno alimentare
di importo pari alla metà dello stipendio e degli altri eventuali
emolumenti valutabili a tal fine a norma delle disposizioni vigenti,
oltre gli assegni per carichi di famiglia.
2. Comporta la deduzione dal computo dell’anzianità di un periodo
pari a quello trascorso dal punito in sospensione dal servizio,
nonché il ritardo di due anni nella promozione o nell’aumento
periodico dello stipendio o nella attribuzione di una classe
superiore di stipendio con la decorrenza di cui all’articolo 4. Tale
ritardo è elevato a tre anni se la sospensione dalla qualifica è
superiore a quattro mesi.
3. Può essere inflitta nei seguenti casi:
a) recidiva entro sei mesi delle infrazioni già punite con la
deplorazione;
b) occultamento delle infrazioni alla disciplina commesse dal
personale dipendente;
c) violazione degli ordini dei superiori, quando non abbia
rilevanza penale;
d) condanna, con sentenza passata in giudizio, per delitto non
colposo, salvo quanto previsto dall’articolo 6;
e) assidua frequenza, senza necessità di servizio, di persone
dedite ad attività illecite o di pregiudicati;
f) uso non terapeutico, provato, di sostanze stupefacenti o
psicotrope;
g) denigrazione dell’Amministrazione o dei superiori;
h) comportamento che produce turbamento nella regolarità o nella
continuità del servizio di istituto;
i) omessa o ritardata presentazione in servizio per un periodo
superiore a quarantotto ore e inferiore ai cinque giorni o, comunque,
nei casi in cui l’omissione o la ritardata presentazione in servizio
di cui all’articolo 3, comma 2, lettera e), provochi gravi disservizi
ovvero sia reiterata o abituale;
l) invio di lettere anonime contenenti accuse temerarie contro
superiori o colleghi;
m) introduzione nello stabilimento, per destinarli ai detenuti o
internati, di denari, armi o strumenti atti ad offendere od a
facilitare l’evasione, il non sequestrarli scoprendoli, o l’omettere
di denunciarne il trafugamento;
n) associazione diretta e indiretta ad interessi degli
appaltatori o committenti dello stabilimento;
o) accettare dai detenuti o internati o dai loro familiari o
conviventi mance o regali sotto qualsiasi pretesto o forma, o
l’entrare in rapporti di interesse con essi;
p) favorire in qualsiasi modo la corrispondenza dei detenuti o
internati, sia dentro sia fuori dello stabilimento.
4. La sospensione dal servizio è inflitta con decreto del Direttore
generale del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, previo
giudizio del consiglio centrale di disciplina.
5. Nel caso in cui la sospensione è motivata ai sensi della lettera
f) del comma 3, il decreto prevede, altresì, le iniziative di
recupero socioteraupetico, ai sensi del decreto del Presidente della
Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e del decreto del Presidente della
Repubblica 23 agosto 1988, n. 395.
Art. 6.
Destituzione.
1. La destituzione consiste nella cancellazione dai ruoli
dell’appartenente al Corpo di polizia penitenziaria la cui condotta
abbia reso incompatibile la sua ulteriore permanenza in servizio.
2. La destituzione è inflitta:
a) per atti che rivelino mancanza del senso dell’onore o del
senso morale;
b) per atti che siano in grave contrasto con i doveri assunti con
il giuramento;
c) per grave abuso di autorità o di fiducia;
d) per dolosa violazione dei doveri, che abbia arrecato grave
pregiudizio allo Stato, all’Amministrazione penitenziaria, ad enti
pubblici o a privati;
e) per gravi atti di insubordinazione commessi pubblicamente o
per istigazione all’insubordinazione;
f) per reiterazione delle infrazioni per le quali è prevista la
sospensione dal servizio o per persistente riprovevole condotta dopo
che siano stati adottati altri provvedimenti disciplinari;
g) per omessa riassunzione del servizio, senza giustificato
motivo, dopo cinque giorni di assenza arbitraria.
3. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 15 della legge 19
marzo 1990, n. 55, come modificato dall’articolo 1 della legge 18
gennaio 1992, n. 16, l’appartenente al Corpo di polizia penitenziaria
può altresì essere destituito all’esito del procedimento disciplinare
di cui al comma 4, nei seguenti casi:
a) condanna passata in giudicato per i delitti contro la
personalità dello Stato; per i delitti contro la pubblica
Amministrazione; per i delitti contro l’Amministrazione della
giustizia; per i delitti contro la fede pubblica, escluso quello di
cui all’articolo 457 del codice penale; per i delitti contro la
moralità pubblica ed il buoncostume previsti dagli articoli 519, 520,
521 e 537 del codice penale e per i delitti previsti dagli articoli 3
e 4 della legge 20 febbraio 1958, n. 75; per i delitti di rapina,
estorsione, millantato credito, furto, truffa, appropriazione
indebita, sequestro di persona a scopo di estorsione, circonvenzione
di persone incapaci, usura, ricettazione; per qualsiasi delitto
avente finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento
costituzionale; per i delitti previsti dalla legge 15 dicembre 1990,
n. 395, sul nuovo ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria; per
qualsiasi altro delitto non colposo per il quale sia stata irrogata
una pena non inferiore ad un anno di reclusione;
b) condanna, passata in giudicato, che importi l’interdizione
perpetua dai pubblici uffici;
c) applicazione di una misura di sicurezza personale di cui
all’articolo 215 del codice penale, ovvero di una misura di
prevenzione a norma dell’articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n.
1423, dell’articolo 19 della legge 22 maggio 1975, n. 152 e
dell’articolo 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55.
4. La destituzione per le cause di cui al comma 3 è inflitta
all’esito del procedimento disciplinare, che deve essere proseguito o
promosso entro centottanta giorni dalla data in cui l’Amministrazione
ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna ovvero del
provvedimento con cui è stata applicata in via definitiva la misura
di sicurezza o di prevenzione e concluso nei successivi novanta
giorni. Quando vi sia stata sospensione cautelare dal servizio a
causa del procedimento penale, la stessa conserva la sua efficacia,
se non revocata, per un periodo di tempo non superiore a cinque anni.
Decorso tale termine, la sospensione è revocata di diritto.
5. Nei casi contemplati dal presente articolo, il trattamento di
quiescenza e previdenza è regolato dalle disposizioni vigenti in
materia.
6. La destituzione è disposta con decreto del Direttore generale
del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, previo giudizio
del consiglio centrale di disciplina.
Capo II
Art. 7.
Sospensione cautelare in pendenza di procedimento penale.
1. L’appartenente al Corpo di polizia penitenziaria, in stato di
arresto o di fermo o che si trovi, comunque, in stato di custodia
cautelare, deve essere sospeso dal servizio con provvedimento del
Direttore generale dell’Amministrazione penitenziaria.
2. Fuori dei casi previsti nel comma 1, l’appartenente ai ruoli del
Corpo di polizia penitenziaria sottoposto a procedimento penale,
quando la natura del reato sia particolarmente grave, può essere
sospeso dal servizio con provvedimento del Ministro, su proposta del
Direttore generale dell’Amministrazione penitenziaria.
3. In caso di mancata convalida dell’arresto o del fermo, e nei
casi di cui al Capo V – Titolo I – Libro IV del codice di procedura
penale, ove le circostanze lo consiglino, la sospensione cautelare
può essere revocata con effetto dal giorno successivo a quello in cui
il dipendente ha riacquistato la libertà e con riserva di riesame del
caso quando sul provvedimento penale si è formato il giudicato.
4. I relativi provvedimenti sono adottati dal Ministro, su proposta
del Direttore generale dell’Amministrazione penitenziaria.
5. Se il procedimento penale è definito con sentenza la quale
dichiari che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha
commesso, la sospensione è revocata a tutti gli effetti.
6. Quando da un procedimento penale comunque definito emergono
fatti e circostanze che rendano l’appartenente al Corpo di polizia
penitenziaria passibile di sanzioni disciplinari, questi deve essere
sottoposto a procedimento disciplinare entro il termine di 120 giorni
dalla data di pubblicazione della sentenza, oppure entro 40 giorni
dalla data di notificazione della sentenza stessa
all’Amministrazione.
7. Se il procedimento penale si conclude con sentenza di
proscioglimento o di assoluzione per motivi diversi da quelli
contemplati nel comma 5, la sospensione cautelare può essere
mantenuta qualora venga iniziato o ripreso il procedimento
disciplinare.
Art. 8.
Rinvio.
1. La sospensione cautelare per motivi disciplinari, gli effetti
sulla progressione di carriera, l’esclusione e la ammissione agli
esami e agli scrutini a seguito della sospensione per motivi
disciplinari o penali, il computo della sospensione dal servizio a
seguito di condanna penale e la revoca di diritto della sospensione,
nonché la riabilitazione, la reintegrazione del dipendente prosciolto
in sede di revisione del procedimento disciplinare, la reintegrazione
del dipendente assolto in sede di giudizio penale di revisione, la
premorienza del dipendente alla sentenza di assoluzione in sede di
revisione sono regolati dalle norme contenute nel testo unico delle
disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello
Stato, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 10
gennaio 1957, n. 3.
Art. 9.
Procedimento disciplinare connesso con procedimento penale.
1. Quando l’appartenente al Corpo di polizia penitenziaria viene
sottoposto, per gli stessi fatti, a procedimento disciplinare ed a
procedimento penale, il primo deve essere sospeso fino alla
definizione del procedimento penale con sentenza passata in
giudicato.
TITOLO II
Capo I
Art. 10.
Procedura da osservare nel rilevare le infrazioni.
1. Ogni superiore è competente a rilevare le infrazioni.
2. Il superiore che rileva l’infrazione deve:
a) contestare, dopo essersi qualificato, la mancanza al
responsabile;
b) procedere alla sua identificazione;
c) astenersi, di massima, dal richiamarlo in presenza di altre
persone, tranne che le circostanze non impongano l’immediata
repressione; in tal caso deve riferirsi unicamente al particolare
fatto del momento;
d) dare le eventuali disposizioni atte ad eliminare o ad
attenuare le conseguenze delle infrazioni;
e) inoltrare rapporto sui fatti all’organo competente ad
infliggere la sanzione.
3. Il rapporto deve indicare chiaramente e concisamente tutti gli
elementi obbiettivi e utili a configurare l’infrazione e non deve
contenere alcuna proposta relativa alla specie e all’entità della
sanzione.
Art. 11.
Modalità per l’irrogazione delle sanzioni.
1. L’organo competente ad infliggere la sanzione deve:
a) tener conto di tutte le circostanze attenuanti, dei precedenti
disciplinari e di servizio del trasgressore, del carattere, dell’età,
della qualifica e dell’anzianità di servizio;
b) sanzionare con maggior rigore le mancanze commesse in servizio
o che abbiano prodotto più gravi conseguenze per il servizio, quelle
commesse in presenza o in concorso con inferiori o indicanti scarso
senso morale e quelle recidive o abituali.
2. Ogni sanzione deve essere inflitta previa contestazione degli
addebiti e dopo che siano state sentite e vagliate le giustificazioni
dell’interessato, nei modi previsti dall’articolo 12.
3. Nello svolgimento del procedimento deve essere garantito il
contraddittorio.
4. La sospensione dal servizio e la destituzione vengono inflitte a
seguito del giudizio del consiglio centrale di disciplina di cui
all’articolo 13.
Art. 12.
Contestazione degli addebiti e giustificazioni dell’interessato.
1. Per infliggere una sanzione, la contestazione degli addebiti
dev’essere fatta per iscritto. Essa deve indicare succintamente e con
chiarezza i fatti e la specifica trasgressione di cui l’incolpato è
chiamato a rispondere; copia del foglio contenente le contestazioni
deve essere consegnata al trasgressore e altra copia, firmata dallo
stesso, deve rimanere agli atti del procedimento.
2. L’eventuale rifiuto a sottoscrivere deve risultare da
attestazione scritta del capo dell’ufficio o del capo del reparto
incaricato della consegna.
3. Con lo stesso atto formale l’incolpato deve essere avvertito
che, entro il termine di dieci giorni dalla notifica, egli potrà
presentare giustificazioni e documenti o chiedere l’audizione di
testimoni o indicare le circostanze sulle quali richiedere ulteriori
indagini o testimonianze. Tale termine può, a richiesta motivata
dell’interessato, essere opportunamente prorogato di altri dieci
giorni per una sola volta.
4. é in facoltà dell’incolpato di rinunciare al termine, purché lo
dichiari espressamente per iscritto.
Art. 13.
Consiglio centrale e consiglio regionale disciplina.
1. Con decreto del Direttore generale del Dipartimento
dell’Amministrazione penitenziaria è costituito il consiglio centrale
di disciplina, composto:
a) dal direttore di un ufficio centrale del Dipartimento
dell’Amministrazione penitenziaria diverso dall’ufficio centrale del
personale, che lo convoca o lo presiede;
b) da due funzionari dell’Amministrazione penitenziaria con la
qualifica di dirigente superiore, che non prestino servizio presso
l’ufficio centrale del personale.
2. Le funzioni di segretario sono svolte da un funzionario
dell’Amministrazione penitenziaria inquadrato nella IX qualifica
funzionale.
3. Con le stesse modalità si procede alla nomina di un pari numero
di supplenti per i membri di cui alle lettere a) e b) del comma 1.
4. Con decreto del provveditore regionale è costituito, in ogni
regione, il consiglio regionale di disciplina, composto da:
a) un funzionario dell’Amministrazione penitenziaria di qualifica
non inferiore a primo dirigente, che lo convoca e lo presiede, con
esclusione del direttore dell’istituto ove presta servizio
l’incolpato;
b) due funzionari dell’Amministrazione penitenziaria inquadrati
nella IX qualifica funzionale che non prestino servizio presso lo
stesso istituto dell’incolpato;
c) due appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria con la
qualifica di ispettore capo che non prestino servizio presso lo
stesso istituto dell’incolpato.
5. Un dipendente dell’Amministrazione penitenziaria, fornito dei
requisiti necessari, previsti dal relativo profilo professionale,
funge da segretario.
6. Con le stesse modalità si procede alla nomina di un pari numero
di supplenti per i membri di cui alle lettere a), b) e c) del comma
4.
7. Il consiglio regionale di disciplina è competente a giudicare
gli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria che prestano
servizio nell’ambito della regione.
8. Il presidente o i membri dei consigli di disciplina possono
essere ricusati e debbono astenersi ove si trovino nelle condizioni
di cui all’articolo 149 del decreto del Presidente della Repubblica
10 gennaio 1957, n. 3. Il relativo procedimento è regolato dal
suddetto articolo.
9. Qualora il ricusato sia il presidente del consiglio regionale di
disciplina, il Direttore generale dell’Amministrazione penitenziaria
provvede alla nomina del sostituto.
10. I componenti dei consigli di cui al presente articolo sono
vincolati al segreto d’ufficio.
11. I componenti del consiglio centrale e dei consigli regionali di
disciplina durano in carica due anni non rinnovabili.
Capo II
Art. 14.
Procedimento per l’irrogazione della censura.
1. Il procedimento per irrogare la censura deve svolgersi
attraverso le seguenti fasi:
a) contestazione scritta degli addebiti al trasgressore;
b) acquisizione delle giustificazioni scritte dall’interessato;
c) valutazioni delle giustificazioni addotte e degli elementi
raccolti;
d) decisione;
e) notifica della decisione al trasgressore;
f) comunicazione della sanzione inflitta agli uffici interessati.
Capo II
Art. 15.
Istruttoria per l’irrogazione della pena pecuniaria, della
deplorazione, della sospensione dal servizio e della destituzione.
1. L’istruttoria per irrogare la pena pecuniaria, la deplorazione,
la sospensione dal servizio o la destituzione deve svolgersi
attraverso le seguenti fasi:
a) il direttore dell’istituto, il capo dell’ufficio o del
servizio che abbia notizia di un’infrazione commessa da un
dipendente, per la quale sia prevista una sanzione più grave della
censura, informa il provveditore regionale competente per la sede in
cui lo stesso presta servizio, qualora l’infrazione comporti la
sanzione della pena pecuniaria o della deplorazione; informa
l’autorità centrale competente, qualora l’infrazione comporti la
sanzione della sospensione dal servizio o della destituzione.
2. Le predette autorità, ove ritengano che l’infrazione comporti
l’irrogazione di una delle predette sanzioni, dispongono che venga
svolta inchiesta disciplinare affidandone lo svolgimento ad un
funzionario istruttore che appartenga ad istituto, ufficio o servizio
diverso da quello dell’inquisito e che sia di livello dirigenziale o
inquadrato nella IX qualifica funzionale.
3. Per il funzionario istruttore valgono le norme sulla astensione
e sulla ricusazione dei componenti i consigli di disciplina.
4. Egli provvede, entro dieci giorni, a contestare gli addebiti al
trasgressore, invitandolo a presentare le giustificazioni nei termini
e con le modalità di cui all’articolo 14, e svolge, successivamente,
tutti gli altri accertamenti ritenuti da lui necessari o richiesti
dall’inquisito.
5. L’inchiesta deve essere conclusa entro il termine di
quarantacinque giorni, prorogabili una sola volta di quindici giorni
a richiesta motivata dell’istruttore.
6. Questi riunisce tutti gli atti in un fascicolo, numerandoli
progressivamente in ordine cronologico e apponendo su ciascuno foglio
la propria firma, e redige apposita relazione, alla quale allega
tutto il carteggio raccolto, trasmettendola all’autorità che ha
disposto l’inchiesta.
7. Detta autorità, esaminati gli atti, se ritiene che gli addebiti
non sussistono, ne dispone l’archiviazione con provvedimento
motivato, ovvero li trasmette, con le opportune osservazioni,
all’organo competente ad infliggere una sanzione minore.
8. Qualora gli addebiti sussistano, trasmette il carteggio
dell’inchiesta, con le opportune osservazioni, al consiglio di
disciplina competente in base al disposto degli articoli 3, 4, 5 e 6.
Art. 16.
Procedimenti dinanzi al consiglio centrale o regionale di disciplina.
1. Il consiglio centrale o regionale di disciplina è convocato
dall’organo competente indicato nell’articolo 13 entro dieci giorni
dalla ricezione del carteggio. Nella prima riunione il presidente ed
i membri del consiglio esaminano gli atti e ciascuno di essi redige
dichiarazione per far constatare tale adempimento; indi, il
presidente nomina relatore uno dei membri e fissa il giorno e l’ora
della riunione per la trattazione orale e per la deliberazione del
consiglio, che dovrà aver luogo entro quindici giorni dalla data
della prima riunione del consiglio stesso.
2. Il segretario, appena terminata la prima riunione, notifica per
iscritto all’inquisito che dovrà presentarsi al consiglio di
disciplina nel giorno e nell’ora fissati, avvertendolo che ha facoltà
di prendere visione degli atti dell’inchiesta o di chiederne copia
entro dieci giorni e di farsi assistere da un difensore appartenente
all’Amministrazione penitenziaria, o da un legale, o da un
rappresentante sindacale, comunicandone il nominativo entro tre
giorni; lo avverte inoltre che, se non si presenterà, né darà notizia
di essere legittimamente impedito, si procederà in sua assenza.
3. Il difensore, se lo richiede, ha la facoltà di prendere visione
degli atti prima della data della riunione e di chiederne copia; lo
stesso non può intervenire alle sedute degli organi collegiali senza
l’assenso dell’interessato.
4. Nel giorno fissato, aperta la seduta, il presidente, dopo aver
fatto introdurre l’inquisito e l’eventuale difensore:
a) legge l’ordine di convocazione;
b) rende noti i precedenti disciplinari e di servizio
dell’inquisito;
c) legge le dichiarazioni scritte dell’avvenuto esame, da parte
propria e degli altri membri, degli atti dell’inchiesta formale;
d) fa leggere dal segretario la contestazione degli addebiti, le
giustificazioni e la relazione del funzionario istruttore;
e) chiede se i membri del consiglio o l’inquisito desiderino che
sia letto qualche atto dell’inchiesta e, se lo ritiene necessario, ne
autorizza la lettura.
5. Il presidente, o i membri del consiglio previa autorizzazione
del presidente, possono chiedere al giudicando chiarimenti sui fatti
a lui addebitati. Questi può presentare una memoria preparata in
precedenza e firmata, contenente la sua difesa, e può produrre
eventuali nuovi elementi; la memoria e i documenti sono letti da uno
dei componenti il consiglio ed allegati agli atti. Il presidente dà
la parola al difensore, se presente, le cui conclusioni devono essere
riportate nel verbale della seduta, ed infine chiede all’inquisito se
ha altro da aggiungere. Udite le ulteriori ragioni a difesa ed
esaminati gli eventuali nuovi documenti, il presidente dichiara
chiusa la trattazione orale e fa ritirare l’inquisito ed il
difensore.
6. Il consiglio, se ritiene di non poter esprimere il proprio
giudizio senza un supplemento di istruttoria, sospende il
procedimento e restituisce gli atti all’organo proponente indicando i
punti sui quali giudica necessari ulteriori accertamenti.
7. Non verificandosi l’ipotesi di cui al comma 6 il consiglio
delibera a maggioranza di voti, con le seguenti modalità:
a) il presidente sottopone separatamente a decisione le questioni
pregiudiziali, quelle incidentali la cui decisione sia stata
differita, quelle di fatto e di diritto riguardanti le infrazioni
contestate e, quindi, i componenti del consiglio danno il loro voto
su ciascuna questione;
b) qualora nella votazione si manifestino più di due opinioni, i
componenti il consiglio che hanno votato per la sanzione più grave si
uniscono a quelli che hanno votato per la sanzione immediatamente
inferiore fino a che venga a sussistere la maggioranza. In ogni altro
caso, quando su una questione vi è parità di voti, prevale l’opinione
più favorevole al giudicando.
Art. 17.
Deliberazione del consiglio di disciplina.
1. Il consiglio di disciplina, se ritiene che nessun addebito possa
muoversi all’inquisito, lo dichiara nella deliberazione. Se ritiene
che gli addebiti siano in tutto o in parte fondati, propone la
sanzione da applicare. La deliberazione motivata viene redatta dal
relatore o da altro componente il consiglio ed è firmata dal
presidente, dall’estensore e dal segretario.
2. Copia della deliberazione con gli atti del procedimento e la
copia del verbale della trattazione orale vengono trasmesse entro
dieci giorni all’ufficio centrale del personale del Dipartimento
dell’Amministrazione penitenziaria.
3. L’organo competente ad infliggere la sanzione provvede con
decreto motivato a dichiarare l’inquisito prosciolto da ogni addebito
o ad infliggerli la sanzione in conformità della deliberazione del
consiglio, salvo che egli non ritenga di disporre in modo più
favorevole all’inquisito, qualora si tratti delle sanzioni della
sospensione dal servizio o della destituzione;
4. Il decreto deve essere comunicato all’interessato entro dieci
giorni dalla sua data, nei modi previsti dall’articolo 104 del testo
unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati
civili dello Stato, approvato con il decreto del Presidente della
Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.
Capo III
Art. 18.
Generalità.
1. I ricorsi amministrativi previsti dal presente decreto devono
essere presentati all’organo che ha inflitto la sanzione, il quale li
trasmette con le proprie osservazioni a quello competente per la
decisione.
2. Si applicano, altresì, per quanto non previsto e se compatibili
con le norme contenute nel presente Capo, le disposizioni di cui agli
articoli da 1 a 6 del decreto del Presidente della Repubblica 24
novembre 1971, n. 1199.
Art. 19.
Riesame della sanzione della censura.
1. Avverso la sanzione della censura si ricorre all’organo
gerarchicamente superiore a quello che ha irrogato la sanzione. Nel
ricorso debbono essere indicati i motivi del provvedimento.
Art. 20.
Riesame delle sanzioni della pena pecuniaria e della deplorazione.
1. Avverso le sanzioni della pena pecuniaria e della deplorazione è
ammesso rivolgere istanza di riesame al Direttore generale del
Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria.
2. L’esito del riesame è fatto risultare dal decreto del Direttore
generale del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria,
adottato in conformità della deliberazione del consiglio centrale di
disciplina di cui all’articolo 13.
3. Si applicano, in quanto compatibili, le norme di cui agli
articoli 16 e 17.
Art. 21.
Riesame delle sanzioni della sospensione dal servizio e della
destituzione.
1. Avverso le sanzioni della sospensione dal servizio e della
destituzione è ammesso rivolgere istanza di riesame al Ministro della
giustizia.
2. L’esito del riesame è fatto risultare da decreto ministeriale.
TITOLO III
Art. 22.
Riapertura del procedimento disciplinare.
1. Il procedimento disciplinare può essere riaperto se
l’appartenente al Corpo di polizia penitenziaria cui fu inflitta la
sanzione disciplinare, ovvero il coniuge superstite o i figli,
adducano nuove prove tali da far ritenere che possa essere dichiarato
il proscioglimento dagli addebiti ovvero irrogata una sanzione di
minore gravità.
2. La riapertura del procedimento è disposta dal Direttore generale
del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, su relazione del
direttore dell’ufficio centrale del personale, ed il nuovo
procedimento si svolge nelle forme previste dal Titolo II.
3. Il Direttore generale del Dipartimento dell’Amministrazione
penitenziaria, qualora non ritenga di disporre la riapertura del
procedimento, provvede con decreto motivato, sentito il consiglio
centrale di disciplina.
Art. 23.
Effetti della riapertura del procedimento.
1. In caso di riapertura del procedimento, ove le circostanze lo
consigliano, il Direttore generale del Dipartimento
dell’Amministrazione penitenziaria può disporre la sospensione degli
effetti della sanzione già inflitta.
2. All’appartenente al Corpo di polizia penitenziaria già punito,
nei confronti del quale sia stata disposta la riapertura del
procedimento disciplinare, non può essere inflitta una sanzione più
grave di quella già applicata.
3. Qualora egli venga prosciolto o sia ritenuto passibile di
sanzione meno grave, devono essergli corrisposti, in tutto o in
parte, gli assegni non percepiti, escluse le indennità per servizi e
funzioni di natura speciali o per prestazioni di lavoro
straordinario, salva la deduzione dell’eventuale assegno alimentare
già percepito.
4. La disposizione del comma 3 si applica anche nel caso in cui la
riapertura del procedimento sia stata richiesta dal coniuge
superstite o dai figli.
TITOLO IV
Art. 24.
Procedimenti disciplinari pendenti.
1. I procedimenti disciplinari non ancora esauriti alla data di
entrata in vigore del presente decreto, dovranno essere trasferiti ai
nuovi organi disciplinari con le seguenti modalità.
2. Qualora l’incolpato sia sottoposto a procedimento per la
comminatoria di una sanzione disciplinare di stato, si applicano le
norme e la procedura previste per la sospensione dal servizio o per
la destituzione.
3. Nell’ipotesi di riduzione dello stipendio valgono le
disposizioni per la comminatoria della sanzione disciplinare della
pena pecuniaria.
4. Al personale nei cui confronti sia iniziato procedimento
disciplinare per l’irrogazione dell’ammonimento o della consegna, si
applicano le norme e la procedura predette per la censura.
5. Per quanto non previsto dal presente decreto in materia di
disciplina e di procedura, si applicano, in quanto compatibili, le
corrispondenti norme contenute nel testo unico delle disposizioni
concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato
con il decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.
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