Welfare
Detenuti con libertà di laurea
Un protocollo studiato ad hoc permette lezioni a distanza via internet. Grazie alla sinergia tra università di Tor Vergata, Garante dei detenuti, Regione Lazio...
Telelavoro. Formazione a distanza. Videoconferenza. Strumenti di una tecnologia con la quale stiamo imparando a fare i conti e che può offrire inedite occasioni. Come sta avvenendo per una quarantina di detenuti del carcere romano di Rebibbia Nuovo Complesso: da qualche mese sono a tutti gli effetti studenti universitari, seguono i corsi (grazie a internet), studiano e preparano gli esami (i primi appelli a luglio), sapendo che ?non ci saranno sconti? e che il loro titolo varrà (anche in termini di fatica) esattamente come quello di tutti i loro colleghi.
Il progetto, realizzato grazie a una sinergia fra la direzione di Rebibbia, l?università Tor Vergata, il Garante dei diritti dei detenuti della Regione Lazio e Fastweb, è partito quest?anno accademico con alcuni incontri di orientamento e prevede non solo la possibilità di seguire le lezioni di tre facoltà (Lettere e filosofia, Giurisprudenza, Economia e commercio) ma anche quella di confrontarsi con dei tutor in videoconferenza (e quindi in maniera interattiva).
I costi del progetto non sono particolarmente elevati: in totale sono stati messi a disposizione dai diversi soggetti e utilizzati circa 300mila euro («per l?amministrazione questa operazione è a costo zero» ci tiene a precisare il direttore di Rebibbia, Carmelo Cantone). Una cifra contenuta che è servita specialmente per creare una rete dedicata e riservata fra università e carcere. Grazie al know how di Fastweb è stato possibile progettare un sistema di sicurezza (vista la delicatezza della situazione) che consentisse il collegamento ed è chiaro che una volta creato il protocollo si possono più agevolmente studiare soluzioni per l?esportabilità di questa iniziativa.
Che è meritoria per molte ragioni. Anzitutto perché restituisce un orizzonte di speranza a quei luoghi bui che possono essere le prigioni. Poi perché realizza questa apertura secondo un principio omeopatico, non contrappositivo. Come sostiene il Garante dei diritti detenuti, Angiolo Marroni, «la filosofia complessiva è quella di innalzare il livello culturale del carcere e quindi il sentimento di legalità». La cultura come antidoto verso comportamenti antisociali, insomma. Terzo perché un ragionamento di questo tipo può innescare altre piccole ?rivoluzioni?. Un esempio? A uno studente che, nell?incontro di presentazione, ha chiesto se potevano essere aumentate le occasioni di confronto fra colleghi della stessa facoltà, il direttore Cantone ha risposto che «l?idea è quella di costituire sezioni esclusivamente per detenuti studenti, universitari e non, in modo da favorire il dialogo e consentire più rispetto per i tempi di studio». Come dire: le cose possono cambiare anche organizzativamente. Perché basta inserire un elemento in più perché il quadro si modifichi: un detenuto può ritrovarsi assieme ad altri che hanno a cuore le medesime esperienze e di fatto viene identificato come portatore d?interessi specifici. Cioè viene riconosciuto.
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